Parafrasando il Nuovo Testamento, si potrebbe definire “Dalla lettera di Sangiuliano ai Direttori”. Negli ultimi 20 anni è capitato spesso che in occasione di festività particolarmente sentite e partecipate, ci sia stato qualcuno che si è lamentato del comportamento dei luoghi di cultura statali italiani. L’ultimo, in ordine di tempo è appunto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. In una missiva spedita il 25 aprile agli 11 direttori generali del ministero, l’ex-responsabile del Tg2 stigmatizza il fatto che quasi tutti abbiano deciso di andare in vacanza in un periodo caldo per l’attività museale. E per invitarli, provocatoriamente, a un pranzo di lavoro a Ferragosto. Lo stesso ministro poi ha aggiunto: “Fermo restando che le ferie sono un diritto intangibile, vi faccio osservare che la peculiarità del nostro ministero, le cui attività trovano particolare riscontro proprio in occasione di queste festività, suggerirebbe una puntuale presenza proprio in questi giorni. Per capirci, è come se le Forze dell’Ordine andassero in ferie quando la città si svuota per le vacanze estive”. E poi conclude: “Con l’occasione, vi preannuncio che il 15 agosto p.v., alle ore 13.00, siete tutti invitati da me per un pranzo di lavoro. È gradita l’occasione per porgere cordiali saluti”.

Un’uscita del genere – che ha pochi precedenti – merita alcune riflessioni. Prima di tutto i direttori generali non hanno orario, per cui i periodi di pausa, riposo o ferie che dir si voglia, se li prendono e basta. L’importante è che il loro lavoro e il servizio a esso connesso non ne risenta. La cosa ancor più curiosa – per usare un eufemismo – è quello di paragonare ancora una volta il servizio offerto dai musei statali italiani a quelli – realmente essenziali – delle Forze dell’Ordine (come ha fatto il ministro Sangiuliano) oppure alla sanità pubblica, ai trasporti etc…
Molto spesso è capitato nel recente passato che qualcuno si lamentasse del fatto che taluni musei – quelli più ambiti ovviamente – restassero chiusi in determinate occasioni: basta pensare alla polemica suscitata lo scorso 31 ottobre (era un lunedì) per la chiusura degli Uffizi di Firenze: la cosa non andò giù all’allora neoministro che la se la prese col Direttore della Galleria.

Ciò continuerà ad accadere – per cui è un paragone azzardato quello tra musei e Forze dell’Ordine o ospedali o trasporti etc… – finché i musei non saranno dichiarati a norma di legge un “servizio essenziale”. Oggi i musei statali sono chiusi per legge (a meno di particolari accordi coi sindacati) solo tre giorni l’anno – Natale, Capodanno e primo maggio – più un giorno alla settimana per la normale manutenzione che questi luogo richiedono. Vogliamo paragonare i musei agli ospedali, ai treni, a chi fornisce pubblici servizi? Bene, allora ci vuole una legge.

Ma questa avrà sicuramente dei risvolti che finiranno a carico dello Stato perché, per esempio, non tutti i luoghi di cultura hanno dei concessionari disposti a farsi carico di quei servizi aggiuntivi che lo Stato non può garantire. La questione è spinosissima, risolvibile, ma assai impegnativa. E se non si interviene, i desiderata ministeriali rischiano di cadere nel vuoto. La politica della valorizzazione scatenata, dell’irrefrenabile rincorsa ai record di visitatori e agli incassi milionari, non va troppo d’accordo con la gestione ragionata e lungimirante dei beni culturali, che non sono petrolio destinato ad andare in fumo (finché dura), bensì patrimonio che richiede attenzione, cura, manutenzione e studio ai fini della sua più lunga procrastinazione.
Sinceramente è questo che ci aspettiamo dal ministro e dai suoi 11 direttori generali. Che poi ne parlino a Ferragosto non fa molta differenza.

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