Arriva in jeans e giubbotto sportivo, si siede al tavolino di uno dei bar più antichi di Castellammare di Stabia (Napoli), e le prime parole che dice sono queste: “Delle indagini di Consip non parlo”. E’ la precondizione del maggiore dei carabinieri Gianpaolo Scafarto, l’investigatore di punta dell’inchiesta che arrivò ad Alfredo Romeo, al Giglio Magico e a Babbo Renzi, per accettare l’intervista sulla sua candidatura al consiglio comunale di Scafati (Salerno). Scafarto si candida in una lista chiamata “Liberal Democratici”, in coalizione del candidato sindaco Corrado Scarlato, è alleata con “Scafati Viva”, cioé “Italia Viva” in salsa civico-paesana, stesso simbolo e stessa ispirazione politica, stesso logo a forma di gabbiano che evoca la figura di Matteo Renzi.

Va bene, di Consip non parliamo. Ma posso almeno chiederle se non teme che la sua candidatura in una lista alleata con i renziani venga interpretata in maniera strumentale?
Perché dovrebbe esserlo?

Perché nel giugno 2018 lei fu nominato assessore a Castellammare di Stabia (Napoli) in una giunta di Forza Italia e Renzi, all’epoca Pd, disse che quella era la prova che lei e gli investigatori del Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri guidati dal colonnello Sergio De Caprio avevate indagato mossi da fini politici, come avversari politici, e qualcuno gli venne dietro. Un concetto che Renzi ha ribadito durante la deposizione da testimone al processo di Roma sul caso Consip che la vede imputato. Ora chissà cosa diranno sulla sua candidatura in alleanza coi renziani.
E cosa diranno? Che ho fatto tutto questo per diventare consigliere comunale a Scafati dopo aver fatto l’assessore alla Legalità e alla Sicurezza a Castellammare lavorando 12 ore al giorno per 700 euro al mese? Siamo seri. A parte che io, in fondo, non ho remore contro Renzi e questa candidatura dimostra la mia terzietà rispetto alle accuse che mi sono state mosse, le rivelo che nel 2018 mi fu offerta una candidatura da sicura elezione in Parlamento e rinunciai. In quel caso, sì, la mia candidatura sarebbe apparsa strumentale e per questo decisi di rinunciare.

Questa ci giunge nuova, è una notizia. Quale partito le offrì uno scranno in Parlamento?
(Scafarto sorride e non risponde).

Proviamo a indovinarlo: sul Fatto l’anno scorso abbiamo scritto che Luigi Di Maio nel 2018, poco dopo le elezioni politiche dichiarò in una trasmissione di Rai 3 che aveva incontrato “esponenti delle forze dell’ordine di una grande inchiesta che non possiamo dire, di ribalta nazionale, il cui nucleo fu smembrato e loro sono stati mandati a portare la carta igienica nella scuola ufficiali… ci sono tante ingiustizie nel Paese…”. Si riferiva al Noe: l’allora leader dei Cinque Stelle aveva incontrato tre carabinieri che lavorarono con lei a mettere le cimici negli uffici di Romeo a Roma. Fu il M5s a offrirle la candidatura?
(Scafarto seguita a sorridere e non risponde).

Ci dica almeno se rimpiange di non essere diventato onorevole.
No, sono sicuro di aver fatto bene, in quel caso sì la mia candidatura sarebbe stata interpretata in maniera scorretta e strumentale.

Perché si candida al consiglio comunale di Scafati?
Ho un legame forte con quel territorio, i miei genitori hanno tanti amici lì, ci ho lavorato tre anni, dal 2006 al 2008, come comandante della Tenenza di Scafati, fummo io e la mia squadra a scoprire e ritrovare l’auto rubata e usata dagli assassini del tenente Pittoni durante la rapina alle poste di Pagani. E nei cinque anni successivi ho lavorato al Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Nocera Inferiore, sempre occupandomi di quel territorio, che conosco bene in tutti i suoi problemi.

Scarlato l’ha voluta perché è un nome famoso?
Non credo. Credo che abbia apprezzato le mie competenze e la mia professionalità. Ho anche dato un piccolo contributo alla stesura del programma, nella parte relativa ai temi dell’ambiente, della sicurezza e della raccolta differenziata dei rifiuti. Un contributo frutto delle mie esperienze al Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri e nella giunta di Castellammare.

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