Detenuto da quasi 10 anni senza vedere i familiari da sei, sottoposto a sparizione forzata e a torture, murato vivo nella prigione di massima sicurezza di Badr dove le udienze di convalida della detenzione preventiva si svolgono online. Questo è l’incubo che sta passando il prigioniero egiziano Anas al-Beltagy.

In questi nove anni e mezzo, Anas al-Beltagy è stato assolto in quattro processi per reati di terrorismo, ma a causa del noto sistema a porte girevoli della “rotazione” non è mai stato scarcerato. Quando un giudice, nel corso di una quinta indagine, ha autorizzato la sua libertà provvisoria, è stato iscritto a una sesta indagine.

Il motivo? Anas è figlio di Mohamed al-Beltagy, ex parlamentare e alto dirigente della Fratellanza musulmana, condannato a morte e in attesa di esecuzione. Diversi familiari hanno dovuto fuggire all’estero, un’altra – Asma, la sorella minore di Anas – è stata uccisa a 16 anni il 14 agosto 2013 nel corso del violentissimo sgombero del sit-in di Rabaa al-Adawiya.

Arrestato una prima volta il 24 dicembre 2013 al Cairo mentre era andato a trovare il padre in carcere e rimesso in libertà dopo una ventina d’ore, Anas al-Beltagy è stato nuovamente imprigionato il 31 dicembre. “Desaparecido” per un mese, è riapparso ad Alessandria e poi trasferito nuovamente al Cairo, nella famigerata prigione di Tora. Da qui, nel novembre 2022, è stato portato a Badr, il “centro penitenziario modello” nel quale decine di detenuti hanno tentato il suicidio.

In quell’inferno sulla terra, situato 70 chilometri a nordest del Cairo, le celle sono gelide, le luci al neon sono costantemente accese, le videocamere di sorveglianza sono puntate contro i detenuti, non vi sono forniture sufficienti di cibo, vestiario e prodotti igienici ed è vietato inviarli dall’esterno. Non è consentito leggere libri.

Anas al-Beltagy rischia ogni giorno di essere torturato o di morire per diniego di cure mediche.

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