“L‘avvio del Pnrr ha risentito della complessità e dell’innovatività di alcuni progetti, dei rincari e della scarsità di componenti e materiali, nonché di lentezze burocratiche. Tuttavia, nuovi interventi sono stati recentemente attuati per riorganizzare la gestione del Pnrr e adeguare le procedure. Una volta perfezionata la revisione di alcune linee progettuali, vi sono tutte le condizioni per accelerare l’attuazione di riforme e investimenti che produrranno non solo favorevoli impatti socioeconomici, ma innalzeranno anche il potenziale di crescita“. Ne è convinto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che lo scrive nella premessa del Def appena pubblicato sul sito del Tesoro. “Il governo è al lavoro per ottenere la terza rata del Pnrr entro il mese di aprile e per rivedere o rimodulare alcuni progetti del Piano per poterne poi accelerare l’attuazione.

“Malgrado una situazione così incerta, l’economia italiana continua tuttavia a mostrare notevole resilienza e vitalità”, continua Giorgetti. “Nel 2022 il Pil è cresciuto del 3,7 per cento e gli investimenti fissi lordi sono aumentati del 9,4 per cento in termini reali, salendo al 21,8 per cento del Pil, un livello che non si registrava da oltre venti anni. Sebbene la crescita congiunturale sia rallentata nella seconda metà dell’anno scorso, con una lieve contrazione nel quarto trimestre, i più recenti indicatori suggeriscono che già nei primi tre mesi dell’anno sia ripresa la crescita economica. Le indagini presso le imprese, inoltre, segnalano un miglioramento delle attese su ordinativi e produzione e un incremento degli investimenti rispetto allo scorso anno”.

Nel prossimo triennio “verranno stanziate risorse per le cosiddette politiche invariate, quali quelle relative ai rinnovi contrattuali“, si legge nel Def, aggiungendo che “a queste si affiancherà un rafforzamento della revisione della spesa corrente che, con risparmi crescenti nel tempo, contribuirà alla copertura di tali politiche”. L’indice di inflazione Ipca (quello che si applica ai rinnovi) è fissato all’8,7% nel 2022, al 5,9% quest’anno, al 2,8% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e al 2% nel 2026.

Gli spazi per la prossima manovra sono limitatissimi. Nel 2024 il governo intende mantenere il deficit al 3,7% del pil a fronte di un tendenziale del 3,5%: la differenza vale circa 4 miliardi che serviranno sia al finanziamento delle ‘politiche invariate’ sia alla “continuazione del taglio della pressione fiscale nel 2025-2026″. Nessun cenno alla riforma delle pensioni promessa in campagna elettorale e definita “una priorità” dalla ministra del Lavoro Elvira Calderone, che ha avviato un tavolo ad hoc con le parti sociali.

Ci sono comunque anche “interventi in materia di disciplina pensionistica” tra i 21 “collegati alla decisione di bilancio” che il governo elenca “a completamento della manovra 2023-2025” nel Def appena pubblicato. Tra le misure alcune già all’esame del Parlamento come la delega fiscale e quella sul riordino degli incentivi alle imprese o il ddl sull’autonomia differenziata. Si prevedono poi “misure a sostegno delle politiche per il lavoro” e “interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà”. Ma l’esecutivo punta, tra l’altro, anche sulla “valorizzazione del made in Italy” e sulla “tutela delle produzioni agricole nazionali”.

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