L’assegno da 19 miliardi di euro per la terza rata non è ancora stato staccato. Le verifiche della Commissione Ue sul raggiungimento degli obiettivi relativi al secondo semestre del 2022 sono infatti ancora in corso. L’esito non appare scontato, tanto che Bruxelles si sarebbe presa più tempo per dare il proprio via libera, scavallando la data del 31 marzo. Certo, stando alla relazione della Corte dei Conti, le 55 scadenze europee di dicembre dell’anno scorso sono state rispettate. Va un po’ meno bene per quanto riguarda invece gli obiettivi nazionali che il governo si è dato in autonomia per garantire un’attuazione più spedita del Pnrr. Sempre secondo la relazione che sarò presentata dai magistrati contabili al Parlamento martedì, su 52 traguardi, alla fine dell’anno scorso ne risultavano conseguiti solo 32.

In particolare, le attività relative a 7 target sono state solo avviate, quelle inerenti ad altri 5 erano in via di definizione, mentre per 8 obiettivi erano emersi dei ritardi rispetto a quanto previsto. Come già successo per altre misure del Pnrr, ad esempio quella per gli asili nido, il rischio è che il mancato rispetto di una scadenza travolga, con un effetto a catena, anche quelle successive. Ma a preoccupare palazzo Chigi, più che il mancato taglio del nastro di alcuni obiettivi, è “l’attuazione e finanziaria” del piano. Ovvero la spesa effettiva, che la Corte dei Conti stima per il triennio 2020-2022 più bassa rispetto alle previsioni iniziali di oltre 20 miliardi di euro (-49,7%). In seguito alle revisioni apportate al cronoprogramma finanziario, le risorse avanzate sono state spalmate negli anni seguenti, con un picco che verrà toccato nel 2024-2025, quando gli stanziamenti annuali saranno pari a circa 45 miliardi di euro.

Nella loro relazione, basata sui dati raccolti da Regis, il sistema di monitoraggio della Ragioneria dello Stato, i magistrati contabili stimano le spese sostenute a fine 2022 pari a 23 miliardi di euro, appena il 12% delle risorse totali (191,5 miliardi). Un numero piuttosto basso, che si riduce ancora di più se dai calcoli si escludono gli incentivi già previsti in altri programmi di spesa e poi fatti transitare nel Pnrr: attivandosi su richiesta dei privati, questi sussidi non sono infatti indicativi della capacità dello Stato di realizzare gli investimenti del piano. A gonfiare le cifre sono stati soprattutto i crediti di imposta di Transizione 4.0, che hanno assorbito 2,3 miliardi in più, e quelli relativi ai bonus edilizi, soprattutto Superbonus 110%, con un aumento stimato rispetto alle previsioni di 3,5 miliardi. Depurata da questi e altri incentivi “automatici”, la spesa effettiva si affloscia ad appena 10 miliardi di euro, il 6% dei 168 miliardi totali. “Tale situazione” scrivono i magistrati contabili “mette in evidenza l’importante sforzo finanziario richiesto nei prossimi anni per assicurare il pieno utilizzo delle risorse stanziate nel Piano”. Tradotto: fate presto. Del resto, che il tempo non fosse dalla sua parte, palazzo Chigi lo aveva capito già da un pezzo, tanto che il governo è da mesi al lavoro con Bruxelles per rivedere il Pnrr. L’obiettivo è presentare una proposta alla Commissione entro la fine di aprile, integrando il Piano con le iniziative che ricadono sotto il cappello del RepowerEu, il pacchetto di misure adottato dalla Commissione Ue per far fronte alla crisi energetica. Al momento, però, la richiesta di revisione non è stata ancora inviata.

Di conseguenza, il Piano, al di là delle dichiarazioni, rimane quello attuale, con il suo rigido cronoprogramma fatto di scadenze ogni tre mesi e di un controllo da parte delle autorità Ue ogni sei. Ed è proprio sui prossimi adempimenti che l’Italia rischia di essere rimandata. Come riporta Il Sole 24 Ore, dei 13 obiettivi rilevanti per Bruxelles da raggiungere entro il 31 marzo, solo cinque sono stati già conseguiti, altri sette risultano in linea con le tempistiche mentre uno è ancora lontano dal tagliare il traguardo. Questo sulla carta, perché su alcuni obiettivi pesano incognite enormi. Ad esempio, la riforma del Codice degli appalti. L’approvazione del Consiglio dei ministri è attesa per martedì prossimo, ma l’entrata in vigore delle nuove norme è stata rinviata al 2024, invece che al prossimo luglio, come previsto. Una proroga su cui non è scontato l’avallo di Bruxelles.

Per quanto riguarda le altre misure, ad oggi, risulta completata quella sugli anziani non autosufficienti (il disegno di legge è stato approvato il 21 marzo dal Parlamento) e le norme sulle semplificazioni amministrative alla diffusione dell’idrogeno. Il ministero dell’Ambiente assicura a Il Fatto Quotidiano di essere poi in linea anche con i due investimenti relativi alla produzione di idrogeno nelle aree industriali dismesse (hydrogen valleys) e al suo utilizzo nei settori hard to abate, ovvero quelli che si basano sul metano e non possono facilmente passare all’elettrico (acciaio, carta e vetro). Per quanto riguarda la prima, “le Regioni e Province Autonome, in qualità di soggetti attuatori, sulla scorta di un bando tipo, hanno tutte pubblicato i bandi regionali dando avvio alle procedure di evidenza pubblica per selezionare i progetti. Entro marzo le Regioni / Province Autonome procederanno alla pubblicazione dei decreti di ammissione a finanziamento”.

Sulla misura relativa ai settori hard to abate, recita la nota inviata dal ministero, “il 16 marzo è stato pubblicato l’Avviso per le modalità tecnico-operative per l’attuazione dei progetti. Dal 20 marzo è possibile inviare le domande attraverso procedura informatica, con Invitalia in qualità di soggetto attuatore”. In difficoltà appare invece il capitolo dedicato alla tecnologia satellitare e spaziale: a quanto risulta a Il Sole 24 Ore, ad oggi sono stati aggiudicati solo parzialmente i contratti Asi ed Esa relativi a SatCom, Osservazione della Terra, Space Factory e In-Orbit Economy (300 milioni assegnati all’Asi). Questo mentre dal Dipartimento dell’Innovazione ribadiscono a Il Fatto Quotidiano che “Tutte le milestone in scadenza a marzo”, ovvero l’acquisto di servizi professionali di data science per la Guardia di finanza e l’aggiudicazione dei bandi per l’abilitazione al cloud per le gare per Comuni Asl e scuole, “sono state raggiunte entro i tempi stabiliti”. Stesso discorso per gli obiettivi di competenza del ministero delle Infrastrutture: sono stati aggiudicati gli appalti per lo sviluppo di stazioni di rifornimento a base di idrogeno per il trasporto stradale mentre per il trasporto ferroviario il bando è in fase di chiusura. ll ministero della Pubblica amministrazione sta aspettando invece il via libera del Consiglio di Stato al decreto sulla riforma dei concorsi pubblici. Infine, il ministero dell’Economia. Le misure per ridurre i tempi di pagamento della Pa sono vicine al traguardo: la piattaforma attivata e i criteri di calcolo dei tempi fissati. Manca però un provvedimento per stabilire le regole a regime.

Articolo Precedente

Ubs e Credit Suisse sotto la lente delle autorità statunitensi. Avrebbero aiutato gli oligarchi russi ad aggirare le sanzioni

next
Articolo Successivo

Enpam, le denunce di medici e dentisti e la trasparenza che non c’è. Perché serve riformare l’ente

next