25, 19, 10, 10, 25, 21, 2, 23, 13, 8. Non si tratta di una sequenza di numeri causali generata su random.org, ma del distacco inflitto dal Bayern Monaco alla seconda classificata nelle ultime dieci edizioni di Bundesliga. Oppure, se preferite, di Bayernliga, come viene chiamato in Germania il massimo campionato per evidenziarne la completa situazione di monopolio creatasi nelle recenti edizioni. Un torneo dove ormai non si tratta di sapere chi, ma quando. Può accadere un mese abbondante prima della fine del campionato, come avvenuto nel 2018, quando il Bayern ufficializzò il titolo il 7 aprile. Oppure ancora prima, il 25 marzo, primato stabilito nel 2014 da Pep Guardiola. O magari all’ultima giornata al fotofinsh, nel 2019 durante la gestione Nico Kovac.

La Bundesliga è un campionato sostenibile, prospero, comodo da seguire dal vivo, all’avanguardia sotto molti aspetti eppure rispettoso delle tradizioni dei club (la regola del 50+1 che – pur scricchiolante dopo il caso Red Bull – continua a preservare le società dall’essere acquistate da un unico investitore esterno). Il suo unico grande difetto è la competitività. Al vertice, è un torneo noioso, che mantiene alta la tensione solo per la lotta al terzo e al quarto posto, gli ultimi piazzamenti utili per entrare in Champions League. Perché anche il secondo posto, appannaggio del Borussia Dortmund per sei volte negli ultimi dieci anni, è di fatto semi-monopolizzato. Uno sguardo alla classifica attuale dice Bayern Monaco primo e Borussia Dortmund. Ci si può appassionare all’ascesa dell’Union Berlino, apprezzare la competitività di una provinciale come il Friburgo o ammirare il modello calcistico del network Red Bull di cui il RB Lipsia è la squadra di punta. A maggio, però, saranno tutti irrimediabilmente alle spalle del Bayern (e con buona probabilità pure del Borussia Dortmund), anche quando i bavaresi decidono – per varie ragioni – di licenziare i propri allenatori a stagione in corso. Dal 2013 è accaduto tre volte: nel 2018 con Carlo Ancelotti, sostituito prima da Willy Sagnol e poi da Jupp Heynckes; nel 2020 con Kovac, a cui è subentrato Hans-Dieter Flick; e quest’anno con la clamorosa separazione da Julian Nagelsmann, il cui posto è stato preso da Thomas Tuchel.

Proprio i rimedi contro questa mancanza di competitività sono alla base della creazione di una Taskforce Zukunft Profifussball, una commissione di lavoro composta da esperti di sport, scienza, politica, economia e comunicazione che avrà il compito di proporre un piano di sviluppo sostenibile di Bundesliga e Zweite Liga con particolare attenzione alla competitività interna. Tornei non solo economicamente sani ma anche sportivamente eccitanti. Si tratta di una sorta di seduta di autoanalisi alla quale i club e la Federcalcio tedesca hanno deciso di sottoporsi, e uno dei temi più importante riguarda l’introduzione dei play-off. Una formula la cui struttura è ancora tutta da discutere, esaminando gli esempi già esistenti, da quelli a eliminazione diretta della MLS (da decidere il numero di squadre da coinvolgere), a gironi modello Pro League belga, dove le prime quattro classificate si sfidano in un girone all’italiana partendo dalla metà dei punti ottenuti durante la stagione regolare. Un progetto al quale ha aderito senza apparenti problemi anche il Bayern Monaco, che tramite il presidente Oliver Kahn ha dichiarato come “un modello che porti più entusiasmo e dinamismo per i tifosi sia da considerare con favore”. Il Bayern ovviamente non è una società di samaritani; se da una lato più volte il club ha auspicato un aumento della competitività della Bundesliga affinché diventi – per usare le parole di Fabio Capello – un campionato più allenante in prospettiva internazionale, dall’altro eventuali play-off potrebbero anche rappresentare un paracadute nel caso di una stagione altamente negativa. Per i bavaresi, più che accumulare titoli, è importante continuare ad andare in Champions League e garantirsi quegli introiti.

La competitività ai vertici è l’ultimo passo che alla Bundesliga manca da compiere per raggiungere un appeal internazionale ancora più vasto. A livello economico, il campionato tedesco è diventato il secondo in Europa con il più alto fatturato complessivo alle spalle dell’irraggiungibile Premier League. Nel 2018/19, i club tedeschi di Bundesliga hanno raggiunto per la prima volta un giro di affari che ha toccato i 4 miliardi di euro (la Premier è a quota 6). Attualmente nel massimo campionato tedesco solo quattro società presentano un fatturato sotto i 100 milioni, e 15 su 18 hanno un patrimonio netto positivo. Una situazione aiutata da una politica salariale oculata, con stipendi che in media incidono sul fatturato per il 65% (per ogni euro guadagnato, 65 centesimi sono spesi in salari), per una percentuale che risulta essere la più bassa tra quelle delle prime cinque leghe d’Europa. In crescita costante anche i proventi da diritti televisivi: nella stagione 2021/22 i club professionistici tedeschi si sono divisi 1,073 miliardi di euro (un quarto di questa cifra è andata ai club di Zweite Liga), importo salito a 1,165 nell’attuale stagione e che a fine 2025 salirà ulteriormente a 1,212.

Infine i ricavi da stadio, nei quali la Bundesliga supera anche la Premier League. Nell’attuale stagione sono oltre dieci milioni le persone che hanno assistito dal vivo a una partita, con una media spettatori pari a 42.495 per singolo incontro. La Premier segue con 40.258, mentre più staccate sono Liga (29.286) e Serie A (28.918). Il giro d’affari complessivo dei 18 club di Bundesliga per la bigliettazione è stimato in 650 milioni di euro. Se le partite di calcio tedesco siano mediamente belle è un giudizio molto soggettivo che dipende da molti fattori. Molto più oggettiva è invece la valutazione sugli stadi: moderni, confortevoli, accessibili. In questo caso il forte impulso è arrivato dall’organizzazione dei Mondiali nel 2006 e da quella dell’Europeo in programma il prossimo anno. Nel primo decennio degli anni duemila la Bundesliga, pur rimanendo dominata dal Bayern Monaco, ha visto trionfare altre quattro squadre: Borussia Dortmund, Werder Brema, Stoccarda e Wolfsburg. Tornare lì sarebbe già sufficiente per tutti.

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