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“Non sono più la madre di mia figlia, almeno per lo Stato e la burocrazia”: la storia di Carolina e Elena

L'interruzione del rilascio dei certificati anagrafici ai bambini con genitori dello stesso sesso è retroattiva e lo si apprende anche grazie alla storia di una coppia - Carolina, 41 anni, e la moglie Elena, 34 - che stanno assieme da sette anni e sono unite civilmente e hanno raccontato quello che sta accadendo al Corriere

di Francesco Canino

Lo stop al riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie gay e lesbiche comincia a produrre i primi effetti concreti. Pochi giorni fa la Prefettura di Milano, dopo la sentenza della Cassazione sulla maternità surrogata, aveva imposto al Comune di interrompere il rilascio dei certificati anagrafici ai bambini con genitori dello stesso sesso. Oggi si scopre che la decisione è retroattiva anche grazie alla storia di una coppia – Carolina, 41 anni, e la moglie Elena, 34, che stanno assieme da sette anni e sono unite civilmente -, madri di una bambina nata a gennaio a Milano, dopo che le due donne erano ricorse alla procreazione medicalmente assistita in Spagna (pratica che in Italia è vietata alle coppie lesbiche). Sulla carta d’identità della piccola erano registrate entrambe come genitori ma una notifica del Tribunale di Milano ha stabilito che Carolina non è più la madre della bambina. Almeno per lo Stato e la burocrazia.

La doccia fredda risale a giovedì scorso, quando hanno ricevuto una notifica dalla polizia locale che conteneva un atto della Procura. “Siamo rimaste scioccate: in questi giorni abbiamo seguito le notizie con molta apprensione ma non ci aspettavamo un annullamento retroattivo dei riconoscimenti già fatti”, raccontano al Corriere della Sera, che spiega come il loro sia uno dei quattro riconoscimenti impugnati dopo la circolare del ministero dell’Interno che imponeva lo stop alle registrazioni. “Sulla notifica c’è scritto che, in quanto coppia omosessuale che ha fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita, l’unico modo per Carolina per riconoscere la bambina è l’adozione in casi particolari”, spiega Carolina.

Lo stop alle registrazioni non aggira infatti la possibilità che entrambe vengano riconosciute come madri della bambina, anche se per ottenerlo dovranno rivolgersi ad un giudice e questo innescherà una lunga procedura tra assistenti sociali e le spese per gli avvocati. A seguirle saranno per altro Giacomo Cardaci e Manuel Girola, dell’associazione Rete Lenford, che hanno assistito anche lo stylist Nick Cerioni e il marito Leandro Emede (genitori di due gemelli nati grazie alla GPA). Ma cosa accadrà ora a Carolina, Elena e alla figlia? Che conseguenze pratiche ci saranno? “Adesso per esempio quando la bimba ha le visite di controllo ci alterniamo. Se annulleranno l’atto di nascita, Carolina avrà bisogno della delega”, spiega Elena al Corriere. “Però siamo sullo stesso stato di famiglia, e il suo reddito viene calcolato per valutare l’accesso all’asilo della bimba. È tutto una contraddizione”. Poi la chiosa amara, con una riflessione sull’energia che questa battaglia legale sottrarrà alla famiglia e alla piccola: “Diventare madri è una delle cose più belle del mondo. Siamo ancora all’inizio ma siamo molto felici. Non voglio vivere la mia vita dovendo fare battaglie, vorrei dedicarmi a mia figlia. Ora saremo costrette ad andare per avvocati. Mi rimane l’amarezza: i politici che si oppongono ai diritti lgbt dicono sempre che prima ci sono cose più importanti, però quando si è trattato di toglierceli ci hanno messo solo quattro mesi…”.

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