C’è un rimpianto ed un invito a leggere tra le righe della relazione della commissione Antimafia sul cold case dell’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. La relazione, i cui contenuti furono anticipati a ottobre sul sito del Fatto Quotidiano, è stata pubblicata ufficialmente nei giorni scorsi. C’è il rimpianto per il brusco fine legislatura, che ha sospeso i lavori quando la commissione stava discutendo di come organizzare nuove audizioni, importanti per chiarire il caso. E traspare l’invito a non dispendere quanto di buono fatto, e di proseguirli con l’attuale legislatura, con la nuova commissione antimafia. Perché “solo un costante e tenace sforzo potrà, nel prossimo futuro, rendere giustizia alla speranza umana e civile di un uomo dalle doti rare”, si legge nel documento proposto dal deputato M5s, non rieletto, Luca Migliorino e approvato all’unanimità. Un documento che plaude alla “incessante opera di una parte della famiglia che cerca in tutti i modi di mantenere desta l’attenzione sull’opera, sulla storia personale e sulla morte di Angelo Vassallo. A Dario e a Massimo Vassallo (due dei fratelli di Angelo, ndr) va riconosciuto lo spirito di chi si trova a navigare in mare aperto tra mille difficoltà”.

Da una dozzina di anni, da quel 5 settembre 2010, Dario e Massimo, con la Fondazione Angelo Vassallo sindaco pescatore, organizzano iniziative pubbliche per mantenere acceso un riflettore sull’omicidio e per ravvivare le indagini della Procura di Salerno, approdate nel luglio scorso in nove avvisi di garanzia per concorso in omicidio e traffico di stupefacenti nei confronti di carabinieri, imprenditori turistici, personaggi della camorra dell’agro nocerino sarnese.

Il movente del delitto indicato nel decreto di perquisizione degli indagati, firmato dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e dal pm Marco Colamonici, consisterebbe nel traffico di droga intorno al porto di Acciaroli che Vassallo aveva scoperto nel mese di agosto e si apprestava a denunciare all’autorità giudiziaria. Il giorno dopo l’omicidio, il sindaco aveva in agenda un appuntamento con un capitano della compagnia di Agropoli, concordato col pm di Vallo della Lucania Alfredo Greco, al quale avrebbe dovuto comunicare le notizie di cui era in possesso. Vassallo voleva parlare con un militare di una compagnia distante da quel territorio, perché dei carabinieri del posto non si fidava.

Un movente, quello della droga, delle scoperte del sindaco pescatore, peraltro già indicato nel libro ‘La Verità Negata’, firmato da chi vi scrive e da Dario Vassallo ed uscito nel settembre 2020, in occasione del decennale della scomparsa di Angelo Vassallo. Il libro viene citato nella relazione della commissione Antimafia, nella parte in cui, dopo aver ricordato che ad Acciaroli svernavano i collaboratori di giustizia e le loro famiglie, riferisce dell’ex pentito di camorra Francesco Casillo, un narcotrafficante che trascorse ad Acciaroli l’estate 2009: “Seminava droga a fiumi al Piano Napoli (le case popolari di Boscoreale), che coltivava rapporti corruttivi coi carabinieri di Torre Annunziata, fino a dichiarare di aver fatto loro regali da due milioni di euro in totale (ci sono processi in corso, molti carabinieri sono stati assolti, altri sono in attesa di sentenza), che intrattenne una collaborazione coi magistrati poi interrotta perché ritenuta inattendibile e depistatoria, e–soprattutto– che trascorreva le sue vacanze ad Acciaroli, dove era persona sin troppo nota e in vista, tra Lamborghini, barche di lusso e la bella vita al residence Le Tre Palme dei fratelli Palladino, una struttura turistica e residenziale utilizzata dai Carabinieri per farci svernare pentiti e confidenti”.

Casillo frequentava il Tre Palme dei Palladino e quell’estate fu perquisito dai carabinieri di Castello di Cisterna agli ordini del colonnello Fabio Cagnazzo. Persone che oggi ritroviamo tra i nove indagati del delitto Vassallo. La commissione parlamentare non è riuscita ad audire Cagnazzo. Secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, era intenzione dei commissari convocarlo, nonché ascoltare i figli del sindaco Vassallo, e interrogare Domenico Mancuso Hoyas, uno dei capi dell’esercito narco paramilitare e cugino del boss Salvatore Mancuso. Domenico Mancuso negli anni a cavallo del 2010 ha vissuto a Casalvelino, a meno di dieci minuti di auto dal luogo del massacro di Vassallo, e faceva base a Salerno. Una pista secondaria delle indagini, di cui non c’è traccia nella relazione finale, ma che fu affrontata in commissione con l’audizione di una guida turistica del Napoletano, che riferì notizie apprese durante in soggiorno in Colombia.

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