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“Quello di Attilio Manca fu un omicidio di mafia, riaprite le indagini”: l’istanza della famiglia alla procura di Roma

L'istanza presentata dall'avvocato Fabio Repici, legale di Gioacchino e Angela Manca, genitori del giovane urologo trovato morto nella sua casa di Viterbo nel 2004. A dare nuova speranza alla famiglia è la relazione della Commissione Antimafia della scorsa legislatura, che ricostruisce la morte come un omicidio di mafia, legato alla latitanza di Bernardo Provenzano
“Quello di Attilio Manca fu un omicidio di mafia, riaprite le indagini”: l’istanza della famiglia alla procura di Roma
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Riaprire le indagini sulla morte di Attilo Manca, il medico trovato cadavere nella sua casa di Viterbo febbraio del 2004. È quello che chiedono Gioacchino e Angela Manca, genitori del giovane urologo. A dare nuova speranza alla famiglia è la relazione della Commissione Antimafia della scorsa legislatura, che ricostruisce la morte come un omicidio di mafia. Secondo il dossier di San Macuto mandanti, organizzatori o esecutori materiali, vanno ricercanti nella mafia di Barcellona Pozzo di Gotto. Sulla base delle conclusione dei parlamentari e delle indagini difensive, l’avvocato della famiglia, Fabio Repici, chiederà nei prossimi giorni alla Direzione distrettuale antimafia di Roma di riaprire le indagini.

“Quello del dottor Attilio Manca non fu un suicidio ma un omicidio di mafia“, è il senso dell’istanza della famiglia. Manca fu trovato morto l’11 febbraio 2004: inizialmente si pensò a un’overdose, poi il caso fu archiviato come suicidio, ma secondo i suoi genitori e i legali, il giovane medico fu ucciso perché testimone scomodo della latitanza del boss Bernardo Provenzano, operato in Francia l’anno prima. Una pista che la relazione dell’Antimafia invita ad approfondire, guardando “nel loro complesso” tutti gli elementi. L’inchiesta parlamentare ripercorre gli elementi che dovrebbero portare ad escludere un atto di autolesionismo: dalla “copiosa quantità di sangue” trovata in casa, ai segni delle punture di eroina rinvenute nel braccio sinistro, mentre Manca era mancino, la “totale assenza di impronte su una delle siringhe usate per iniettare l’eroina e il microscopico frammento, non utilizzabile per comparazioni dattiloscopiche, ritrovato sulla seconda”.

Dopo una precedente relazione, nel 2018, che escludeva elementi per ipotizzare un omicidio di mafia, l’indagine per questa seconda relazione, approvata all’unanimità e pubblicata allo scadere della scorsa legislatura, è partita dall’assoluzione nel 2021 con la formula “perché il fatto non sussiste” della donna accusata di aver ceduto a Manca l’eroina e dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno parlato del coinvolgimento di esponenti della mafia. Invita a verificare una serie di possibilità, ad esempio che Manca – un urologo che aveva studiato e lavorato in Francia – avesse provveduto ad individuare il chirurgo francese dal quale era stato operato Provenzano. E che addirittura lo stesso medico siciliano avesse poi visitato il boss di Cosa nostra dopo l’intervento. “Il parlamento – ha detto l’avvocato Repici – è riuscito a fare una lettura critica degli elementi acquisiti migliore di quella compiuta dalla magistratura. La famiglia Manca ringrazia la Commissione Antimafia per il risultato formidabile, che ci consente di rivolgerci alla procura di Roma con una denuncia per la riapertura delle indagini con le spalle rafforzate dalla relazione, che ha colmato con un importante lavoro un buco nero nella storia d’Italia rappresentato dall’omicidio di questo giovane medico”.

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