“Finire il lavoro”. È questo l’appello, e la sfida, che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha lanciato ai repubblicani nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione in un’era di governo diviso (cioè, con la Camera sotto il controllo del G.O.P.). “Finire il lavoro” per ridare stabilità e slancio all’economia americana. “Finire il lavoro” e approvare aumenti delle tasse per i più ricchi e aiuti per le classi più deboli. “Finire il lavoro” e calmare le tensioni sociali, attutire gli scontri razziali, uscire dalla profonda polarizzazione culturale e politica che travaglia l’America da decenni. Il discorso sullo stato dell’Unione che Joe Biden ha pronunciato ieri sera davanti al Congresso è stato, formalmente, un appello bipartisan, un invito all’unità rivolto dal presidente democratico ai repubblicani. In realtà, il discorso di Biden è stato segnato da una profonda vis polemica nei confronti degli avversari, accusati di voler tagliare programmi sociali come il Medicare, di voler intervenire sulle pensioni, di alimentare le tensioni e le divisioni. Dalle file repubblicane si sono spesso levati boati di disapprovazione e proteste nei confronti di Biden, che ha parlato per 73 minuti (il discorso al Congresso più lungo nella storia della sua presidenza) e che alla fine è sembrato puntare soprattutto su una cosa: ridare slancio e vigore a democratici e progressisti in vista della campagna presidenziale 2024. In vista, soprattutto, di una sua possibile ricandidatura. Ecco alcuni dei momenti, e delle questioni, più importanti affrontate da Biden durante il suo discorso.

ANCORA UNA VOLTA: “IT’S THE ECONOMY, STUPID” – Tutti i sondaggi mostrano che l’economia è in cima alle preoccupazioni nell’opinione pubblica americana. E quindi Biden ha orgogliosamente rivendicato quanto fatto dalla sua amministrazione: la disoccupazione al 3,4 per cento, mai così bassa dal maggio 1969; il PIL in continua crescita; l’inflazione che finalmente pare stabilizzarsi. Ma bisogna, per l’appunto, “finire il lavoro”, dare stabilità e slancio ulteriore all’economia. Tra le proposte che Joe Biden ha fatto, durante il discorso al Congresso, c’è un tetto ai prezzi dei medicinali (in particolare, l’insulina); ci sono risparmi sui premi da pagare alle assicurazioni nell’ambito dell’Obamacare; c’è un’imposta minima per i miliardari e la richiesta di quadruplicare le tasse sui riacquisti di azioni proprie da parte delle imprese. Biden ha poi parlato di nuove iniziative per affrontare l’epidemia di oppioidi, per migliorare la ricerca e il trattamento del cancro, ampliando anche l’accesso ai servizi di salute mentale e migliorando l’assistenza per i veterani. Tutto il capitolo del discorso relativo all’economia ha mirato soprattutto a un obiettivo: contrastare la percezione di un’amministrazione che in questi anni ha fatto poco o nulla. Un sondaggio WahingtonPost/NBC News di tre giorni fa mostra che sei americani su dieci ritengono che la propria vita non sia significativamente cambiata da quando questo presidente è entrato alla Casa Bianca. Biden ha meticolosamente ricordato quanto fatto, e quanto intende fare nei prossimi due anni. Ha cercato, in altre parole, di costruire una strategia politica, di dare il senso di una visione, in vista della sua possibile ricandidatura.

SULLO SFONDO DEL DISCORSO. LE PRESIDENZIALI 2024 – Biden non ha ancora detto se intende o meno ripresentarsi alle presidenziali 2024. Una serie di dichiarazioni, tra ottobre e novembre del 2022, mostravano la volontà quasi certa di Biden di ricandidarsi. Negli ultimi mesi, la questione ha assunto contorni molto più incerti. Molti democratici non fanno mistero che preferirebbero un candidato più giovane, meno coinvolto con la gestione politica e amministrativa di questi anni. Alcuni sondaggi hanno poi dato un colpo ulteriore alle ambizioni di Biden, che è tra i presidenti meno popolari al secondo anno di mandato (peggio di lui, ha fatto solo Donald Trump). Ci si chiede, sostanzialmente, cosa possa ancora dare in termini di visione e di strategia politica un presidente che nel 2024 avrà 82 anni e che finirebbe il suo secondo mandato a 86. Nel discorso di ieri sera Biden ha cercato di contrastare questa impressione. Si è mostrato particolarmente vigoroso, deciso nel difendere il proprio operato, per nulla preoccupato di scontrarsi, in modi anche stizziti, pieni di livore, con i repubblicani. Nel discorso di ieri sera un primo scontro c’è stato quando Biden ha accennato alla crisi degli oppioidi, parlando di un padre che ha perso la figlia per overdose. A quel punto, dalle fila dei repubblicani, si sono levate urla: “Il confine! Il confine!” – hanno gridato alcuni. “È colpa tua!”, hanno gridato, rimproverando quindi a Biden di non aver fatto abbastanza per mettere al sicuro i confini meridionali del Paese. Poco dopo, Biden ha accusato esplicitamente i repubblicani di minacciare la previdenza sociale e il Medicare, sollevando nuovi boati di disapprovazione e insulti espliciti. “Stronzate!”, gli ha urlato un deputato repubblicano. “Bugiardo!” è stato il grido di un’altra deputata repubblicana, Marjorie Taylor Greene. Al che Biden, impassibile, ha risposto: “Contatta il mio ufficio”, offrendosi appunto di fornire le prove di quanto detto. Nuove proteste e botta e risposta ci sono stati sulla questione del bando alle armi d’assalto e dell’assistenza ai veterani. Nel complesso, si è trattato di uno spettacolo inatteso per un discorso che aveva l’ambizione di porsi come appello all’unità del Paese. Se le parole di Biden non sembrano quindi destinate a migliorare i rapporti con i repubblicani, esse hanno sicuramente l’effetto di consolidare la base progressista in vista della possibile campagna presidenziale del 2024. E infatti le prime reazioni al discorso, da parte di deputati e senatori della sinistra democratica e dei gruppi progressisti, sono state tendenzialmente positive.

LA GRANDE ASSENTE. LA POLITICA ESTERA – La storia del pallone spia cinese è stata la vicenda che negli ultimi giorni ha più occupato l’attenzione della politica e dei media americani. Biden ci ha appena, vagamente, accennato nella parte finale del discorso. “Come abbiamo chiarito la scorsa settimana – ha detto – se la Cina dovesse minacciare la nostra sovranità, agiremo per proteggere il nostro Paese”. Aggiungendo un “l’abbiamo fatto”, che si riferisce ovviamente alla decisione di abbattere il pallone. Biden ha certo accennato alla “sfide” poste dalla Cina e ai passi che la sua amministrazione ha fatto per rafforzare economia, esercito, diplomazia internazionale contro la concorrenza di Pechino. Ma, nel complesso, il modo in cui il “capitolo Cina” è stato affrontato ha mostrato un doppio binario. Da un lato, la volontà di rigettare le accuse repubblicane di essersi mostrato debole, accondiscendente nei confronti di Pechino. Dall’altro, la scelta di non acutizzare le tensioni con la Cina in un momento non facile delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. L’invasione russa dell’Ucraina aveva dominato il discorso sullo Stato dell’Unione di Biden l’anno scorso (le truppe russe avevano attaccato Kyev da appena cinque giorni). Quest’anno, al tema è stata dedicata una rapida menzione. Il presidente ha dato il benvenuto all’ambasciatore dell’Ucraina, seduto in tribuna, e ha reiterato il sostegno militare, finanziario, umanitario di Stati Uniti e alleati a Kyev. Biden non ha però fatto accenno alla possibilità di inviare le nuove, più sofisticate armi che Zelensky e i militari ucraini da tempo chiedono. E il presidente USA non ha
insistito su uno dei temi che più avevano segnato il discorso dell’anno scorso: quello di un’America “faro” e guida del mondo libero contro autocrazie e regimi illiberali. Segno ulteriore di come i temi interni ed economici siano stati al cuore di un discorso che dovrebbe preparare la possibile, ancora incerta campagna di Joe Biden per la rielezione nel 2024.

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