Il gruppo petrolifero Total Energies, una sorta di Eni francese, ha annunciato gli utili più alti della sua storia. I profitti hanno superato i 19 miliardi di euro (+ 28% sul 2021) e gli azionisti riceveranno 17 miliardi di euro. Il gruppo si è premurato di spiegare che i super guadagni derivano dalle operazioni sui mercati internazionale e non dall’aver “spremuto” automobilisti e famiglie francesi. Anzi, in virtù dei risultati senza precedenti, Total ha almeno annunciato che praticherà uno sconto sui carburanti distribuiti in Francia. Vista la capillare presenza del marchio (quasi 1,500 stazioni di distribuzione, il 15% del totale) è verosimile che questa mossa produca un effetto calmierante su tutto il mercato transalpino. La mossa di Total arriva alla vigilia della discussione parlamentare relativa all’introduzione di una tassa sugli extra profitti (ossia riconducibili a circostanze eccezionali come la guerra in Ucraina) delle compagnie energetiche.

“Ho sentito la volontà di Total di attuare uno sconto e lo accogliamo favorevolmente“, ha dichiarato il portavoce del governo, Olivier Véran,al termine del consiglio dei ministri a Parigi. Véran ha detto di comprendere che l’ammontare record di benefici realizzati da Total “possa scioccare” ma ha assicurato che questi 19 miliardi di euro “non sono realizzati in Francia” ma nell’intero pianeta. Total Energies è stata creata nel 1924 dallo Stato francese come entità che potesse perseguire gli interessi energetici del paese. Oggi la quarta compagnia petrolifera privata al mondo con una produzione di 2,8 milioni di barili al giorno ma formalmente l’Eliseo non detiene più quote del gruppo. Naturalmente, in virtù della sua strategicità, la compagnia rimane legata allo stato francese.

L’Eni italiana diffonderà i suoi conti annuali a fine febbraio. Chissà che il governo, primo azionista con il 30% del capitale, possa suggerire una mossa simile a quella adottata dal gruppo francese. Nel frattempo continuano le discussioni con i rappresentanti dei distributori di benzina, accusati del governo Meloni di aver speculato sui prezzi e quindi oggetto di un decreto che dovrebbe favorire la trasparenza dei prezzi. Lo stesso governo, che ora si concentra sulla cartellonistica e le commissioni dei pagamenti elettronici, ha poi dovuto ammettere che i rincari erano dovuti alla decisione di rimuovere completamente gli sconti sulle accise ma il processo era ormai avviato. “I dati del nostro Osservatorio ci confortano: nell’ultima settimana in Italia non vi è stato il temuto impatto del nuovo embargo petrolifero sui prodotti russi; anzi, si è registrata una costante leggera flessione dei prezzi alla pompa. Siamo sulla strada giusta, e questo spero contribuisca ad un confronto sereno con operatori e consumatori”, ha detto oggi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, dimenticando di citare il fatto che nella settimana considerata le quotazioni europee del petrolio sono scese del 5% mentre ora stanno risalendo.

Il sottosegretario Massimo Bitonci, mette nel mirino i pos (pagamenti con bancomat e carte di credito): “Andrebbe ripreso d’intesa con il Mef, il tavolo che avevo avviato 4 anni fa con tutti i gestori delle carte di credito e i pagamenti digitali, per il contenimento dei costi, che in alcuni casi arrivano ad azzerare il margine di guadagno dei distributori. Indubbiamente l’utilizzo di pagamenti elettronici riduce l’illegalità, ma non per questo deve rappresentare per il benzinaio un aggravio di spesa”, afferma. “Giù le mani dal Pos” replica Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori. “Non vorremmo che dopo i tabaccai arrivasse l’esonero dall’obbligo di accettare i pagamenti elettronici anche per i benzina”.

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