Il dividendo della guerra fa piovere miliardi nelle casse dei colossi petroliferi. Anche l‘ultimo trimestre del 2022 si è chiuso con un’abbuffata di ricavi e profitti. Shell, prima compagnia petrolifera privata al mondo, ha annunciato oggi utili per 40 miliardi di dollari (36 miliardi di euro) nel 2022, più delle attese e il doppio di un anno fa, soprattutto grazie al forte incremento dei ricavi legati alla vendita di gas e gas liquefatto (gnl). Tra ottobre e dicembre il gruppo inglese ha guadagnato 9,8 miliardi, la seconda cifra trimestrale più alta della sua storia. L’ amministratore delegato Wael Sawan ha affermato che i risultati dimostrano “la forza del portafoglio differenziato di Shell, nonché la nostra capacità di fornire energia ai nostri clienti in un mondo instabile“. Nonostante i risultati record Shell non ha alzato gli stanziamenti per i suoi investimenti in fonti rinnovabili e nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di Co2. Dopo aver distribuito agli azionisti 26 miliardi di dollari nel corso del 2022, la società ha annunciato un nuovo piano di riacquisto di azioni proprie (buy back) da 4 miliardi già entro il prossimo aprile. È un modo per spingere al rialzo le quotazioni e migliorare l’indicatore “utile per azione” a cui spesso sono parametrati i bonus della dirigenza.

Martedì scorso era stata la statunitense Exxon ad annunciare a sua volta risultati record. Anche in questo caso gli utili sono più che raddoppiati a 55 miliardi di dollari, il più alto guadagno di sempre. Il gruppo aveva già pianificato un programma di riacquisto di azioni proprie da 50 miliardi da qui al 2024 che non è stato ulteriormente ampliato. Lo scorso dicembre Exxon ha avviato una causa contro l’Unione europea per contestare la legittimità di una tassazione sugli extraprofitti che viene applicata sulla parte di utili che si suppone siano generati dalle ricadute della guerra sui costi dell’energia. L’altro colosso statunitense Chevron ha messo a segno profitti per 36,5 miliardi di dollari e annunciato un piano monstre di buy back da 75 miliardi che ha suscitato le ire della Casa Bianca. L’amministrazione statunitense infatti aveva auspicato maggiori investimenti per aumentare la produzione e ridurre la pressione sui prezzi di carburanti e gas.

British petroleum diffonderà i suoi risultati il prossimo 7 febbraio e il giorno seguente sarà la volta della francese Total. I dati di Eni verranno invece diffusi il prossimo 22 febbraio. In generale è possibile che il meglio sia alle spalle. Negli ultimi mesi le quotazioni del gas sono fortemente diminuite e, in minor misura, anche quelle del petrolio hanno abbandonato i picchi della prima parte dell’anno. Ma gli sviluppi della situazione geopolitica possono facilmente provocare nuove fiammate nei prezzi. Alle compagnie petrolifere estrarre petrolio e gas costa più o meno sempre la stessa cifra ma, a seconda delle quotazioni, può vendere a prezzi più o meno elevati i suoi prodotti. Le compagnie petrolifere sono tra le poche aziende che hanno visto il loro valore di borsa aumentare nell’ultimo anno. La capitalizzazione di Exxon è salita del 42%, quella di Shell del 17%. Chevron registra un + 26%, Eni un più modesto + 2,9%.

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