Mentre la realizzazione del Pnrr appare sempre più complicata causa carenza di personale e competenze nella pubblica amministrazione, la trasparenza sull’avanzamento dei progetti resta un optional. Il 7 dicembre il ministro per gli Affari europei, il Sud e il Pnrr, Raffaele Fitto, aveva annunciato che “a gennaio” sarebbe stata presentata la nuova relazione semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano con “le criticità emerse”, viatico per l’avvio della “procedura di aggiornamento” più volte ventilata. Nel frattempo si sono tenute a Palazzo Chigi due riunioni della cabina di regia, ma di quella relazione ancora non c’è traccia. Openpolis, che fin dal 2021 denuncia gravi lacune nella disponibilità di dati sull’andamento di bandi e lavori, ha presentato insieme ad altre 36 associazioni una ulteriore richiesta di accesso agli atti per avere finalmente un quadro completo della situazione.

Lo stato dell’arte resta quello ereditato dal governo Draghi ed è sconfortante. Sul portale ufficiale ItaliaDomani, che dovrebbe contenere tutte le informazioni su risorse erogate e attuazione dei progetti, dallo scorso maggio esiste una sezione opendata da cui è possibile scaricare file con le milestone e i target raggiunti ad ogni scadenza semestrale e alcuni dettagli sugli indicatori utilizzati nella rendicontazione. Ma non c’è un database con le decine di migliaia di singoli progetti, chi li sta portando avanti, quanti soldi valgono, come procedono. E di conseguenza se l’Italia sta accelerando nella spesa o continua ad accumulare ritardi. “Quella sezione di fatto è una farsa”, commenta Alberto Pampalone, esperto di accountability e trasparenza per Action Aid Italia, che ha promosso l’Osservatorio civico Pnrr e aderisce all’iniziativa di Openpolis. “C’è un file sulle gare in cui ne compaiono soltanto quattro. E i dati non sono aggiornati. A novembre, nell’ambito della campagna Dati Bene Comune, avevamo scritto a Meloni e Fitto chiedendo che perlomeno le schede progetto venissero pubblicate sui siti delle singole amministrazioni per consentire ai cittadini, per esempio, di verificare che cosa sta facendo il proprio Comune. Non hanno mai risposto”.

Tutte quelle informazioni avrebbero dovuto essere caricate direttamente dai soggetti beneficiari dei fondi sulla piattaforma di rendicontazione Regis, gestita dalla Ragioneria generale dello Stato. “Ma a ottobre 2022, stando all’ultima relazione del governo Draghi, Regis non era ancora pienamente funzionante”, continua Pampalone. “Quindi chissà se fino ad allora è stato rendicontato tutto. Impossibile saperlo, perché ci possono entrare solo le amministrazioni e le istituzioni Ue”. Nel frattempo non si è vista nemmeno la nuova Relazione annunciata da Fitto per gennaio. Allo stato, di relazioni al Parlamento ne sono state inviate solo due (a dicembre 2021 e ottobre 2022, entrambe sotto Draghi) nonostante il decreto Semplificazioni del 2021 preveda che ne venga preparata una ogni sei mesi.

Il dipartimento guidato da Fitto fa sapere che la prossima settimana andrà in cdm il nuovo decreto Pnrr accompagnato da una relazione sulla spesa dei fondi di coesione. Subito dopo, chiuse le verifiche sul raggiungimento degli obiettivi, arriverà finalmente la Relazione. Nel frattempo il ministro è impegnato su altri fronti: la richiesta di modifica del Piano, consentita dall’articolo 21 del regolamento europeo che lo istituisce ed evocata molte volte dalla premier Giorgia Meloni e dai suoi ministri, va presentata entro il 30 aprile alla Commissione Ue. Che nei giorni scorsi, dopo aver pubblicato le linee guida su come aggiungere ai Pnrr nazionali il nuovo capitolo RePowerEu mirato ad azzerare la dipendenza dal gas russo, ha sollecitato i Paesi a farlo il prima possibile considerato che poi servirà una nuova approvazione da parte del Consiglio.

La missione si sta rivelando complicata. Fitto punta ad allineare la programmazione del Piano con quella dei fondi di coesione, anche il 7,5% delle risorse della coesione sono in linea con gli obiettivi del RePowerEu e potranno andare a finanziare quel capitolo. Ma la maggioranza, come è noto, sperava anche di poter ottenere un rinvio della scadenza del 2026 per alcune opere inserite nel piano. Invece questo fronte non c’è spazio di manovra: si potrà sostituire un progetto non più realizzabile, o ridurre i target legati ad alcuni investimenti alla luce dei rincari delle materie prime e dei problemi di approvvigionamento. Ma non sarà consentito prendersi più tempo né fare marce indietro sulle riforme promesse.

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