Si ingarbuglia sempre di più la matassa del piano europeo per sostenere la transizione energetica e fronteggiare i maxi sussidi decisi negli Stati Uniti a favore delle industrie che producono sul suolo americano. Gli Stati membri “hanno pareri discordanti su come la risposta europea” all’Inflaction Reduction Act “debba essere presentata”, ha ammesso stamane il ministro per gli Affari Ue svedese Jessika Roswall al termine del Consiglio Affari Generali. “Il Consiglio lancerà un segnale forte per quanto riguarda l’economia e soprattutto per la promozione di investimenti puliti”, ha dal canto suo aggiunto il vice presidente della Commissione Ue Maros Sefcovic sottolineando come “il tempo sia essenziale. Bisogna fare in modo che le industrie strategiche si sviluppino qui in Europa”. Il problema riguarda entità e modalità dei sostegni. Alcuni paesi vorrebbero semplicemente allentare le regole sugli aiuti di stato. Questo però permetterebbe ai paesi economicamente più solidi di aiutare le loro aziende più di quanto non possano fare gli altri creando quindi disparità all’interno dell’Unione europea. Il rimedio potrebbe essere quello di un fondo comune europeo che compensi le differenti capacità di spesa ma stati come Germania e Olanda hanno già messo in chiaro di non aver intenzioni di versare altro denaro.

I paesi Ue che “che amano definirsi frugali sono anche buongustai quando si tratta di aiuti statali”, ha detto stamane il francese Thierry Breton, commissario Ue per il mercato interno ed i servizi, in un’intervista con il settimanale tedesco Spiegel. “Se si mettono i sussidi dei paesi Ue in relazione alla loro produzione economica (e non in valori assoluti, ndr)”, ha detto Breton, “la Finlandia è in testa con circa il 9,3%, seguita dalla Germania con il 9,2% e dalla Danimarca con l’8%. La Francia si colloca nel mezzo con il 5%”. Una più grande flessibilità temporanea negli aiuti di Stato è necessaria, spiega Breton, perché “è urgente sostenere la produzione di tecnologie pulite”, ma non va sottovalutato il “rischio concreto che soprattutto gli Stati membri che hanno un margine di manovra fiscale siano in grado di utilizzare rapidamente queste disposizioni”, mentre in futuro dobbiamo invece “garantire che tutti i Paesi abbiano uguale accesso ai fondi pubblici. Oggi non è sempre così. Nessuno chiede un nuovo programma di debito sul modello del fondo per la ricostruzione dopo il Covid”, ma si cercheranno “finanziamenti comuni più forti”, ha concluso Breton.

Venerdì scorso la Commissione Ue ha illustrato una bozza di piano che prevede un prima via libera ai sussidi e una successiva predisposizione del fondo utilizzando risorse già stanziate ma non ancora utilizzate. “È cruciale che la nostra Unione eviti la frammentazione, dove vediamo un possibile doppio rischio: non solo di frammentazione finanziaria ma anche reale”, ha detto oggi il commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni, in audizione al Parlamento europeo. L’Ue deve “rafforzare la competitività” e “ciò significa accelerare la trasformazione industriale net-zero”, ma “affinché ciò accada, l’Ue deve basarsi sulla sua più grande forza, il mercato unico”, ha evidenziato Gentiloni.

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