Colpisce bambini e adolescenti fino ai 15 anni. Si parla di circa 15.000 soggetti ogni anno nel mondo, 130 in Italia. È il neuroblastoma, un tumore maligno che ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico, e che si sviluppa soprattutto intorno ai 18 mesi-5 anni di vita. È la prima causa di morte e la terza neoplasia per frequenza dopo le leucemie e i tumori cerebrali dell’infanzia. Da oggi però questo scenario potrebbe cambiare.

Grazie infatti a una promettente scoperta di alcuni ricercatori napoletani, c’è una speranza in più per la diagnosi precoce e la cura di una delle malattie rare più temibili. Gli studiosi, guidati da Mario Capasso e Achille Iolascon, Principal Investigator del CEINGE e professori di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, hanno infatti identificato i fattori genetici che predispongono al neuroblastoma. E lo hanno fatto investigando su un bagaglio di dati tra i più ampi mai utilizzati al mondo. “Abbiamo analizzato il DNA di quasi 700 bambini affetti da neuroblastoma e più di 800 controlli mediante sequenziamento avanzato, una tecnica innovativa che riesce a decodificare tutti i geni finora conosciuti in modo affidabile e veloce”, spiega il professor Capasso. “Questa è la più alta casistica mai studiata fin ad oggi grazie alla quale abbiamo scoperto che il 12% dei bambini con neuroblastoma ha almeno una mutazione genetica ereditata che aumenta il rischio di sviluppare un tumore”.

La realizzazione di questo lavoro scientifico è stata resa possibile grazie ad analisi computazionali avanzate del team di esperti del professor Capasso che lavorano nella facility di Bioinformatica per Next Generation Sequencing del CEINGE. In particolare, si tratta di indagini condotte dall’esperto bioinformatico Ferdinando Bonfiglio, primo autore del lavoro. I risultati della ricerca, finanziata dalla OPEN Onlus, Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, sono stati pubblicati su un’autorevole rivista scientifica, eBioMedicine del gruppo editoriale The Lancet. Inoltre, tutti i dati genetici sono stati resi disponibili in un database online che altri studiosi potranno liberamente consultare per sviluppare nuove ricerche.

Con il termine “predisposizione genetica” ci si riferisce alla maggiore probabilità, rispetto alla media, che un bambino ha di sviluppare un tumore. I risultati di questa ricerca hanno quindi rilevanti implicazioni cliniche. Per esempio, sono utili a migliorare la diagnosi redendola sempre più precoce e certa e a migliorare la gestione clinica del paziente indirizzando il medico verso l’utilizzo di trattamenti personalizzati. “Le mutazioni trovate sono utili a realizzare un test genetico per individuare precocemente bambini predisposti a sviluppare tumori e a meglio definire la diagnosi e la prognosi”, spiega Capasso. “Possiamo anche comprendere meglio l’evoluzione di altri tipi di tumore che insorgono in età adulta. In particolare, le mutazioni dei geni BRCA-1 e BRCA-2 che abbiamo trovato nel nostro campione sono anche quelle che danno un’indicazione di rischio elevato – circa il 70-80% – di insorgenza del cancro alla mammella”. Perché è rilevante questo dato? “Esistono attualmente farmaci molecolari utilizzati per il carcinoma mammario che vanno a inibire in modo selettivo il meccanismo di riparazione del Dna della cellula tumorale mutata, inducendola a morire (apoptosi). Potremmo quindi traslare terapie applicate in individui adulti a questi tumori infantili. Esistono infatti già alcuni farmaci sperimentali che si stanno applicando a pazienti pediatrici”.

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