Neanche un minuto. In Serie A non ci ha giocato neppure un minuto eppure la sua impronta c’è ancora, suo malgrado. L’eco di un’impronta, più che altro: perché a gridarlo “impronta” ti torna dietro “onta”, “onta”, “onta”. E fu un’onta a tutti gli effetti quella che a soli 20 anni subì Maickel Ferrier. Un ragazzone olandese alto un metro e novanta per novantacinque chili che nel 1996 giocava nel Volendam: modesta formazione dell’Eredivisie senza grosse individualità, tra i compagni più conosciuti la futura meteora leccese Govedarica e il portiere futuro campione d’Europa col Feyenoord Zoetebier. Un’epoca in cui inizia a muovere i primi passi come procuratore Mino Raiola, di base in Olanda, aveva già portato in Italia Brian Roy, al Foggia, e intravedeva in quel centrocampista possente un buon potenziale. D’altronde all’epoca la Serie A era nettamente il campionato più ambito e quindi quando si prospetta la possibilità di andarci a giocare per un ventenne che sogna di emulare Rijkaard, cui pure qualcuno nel solito gioco troppo azzardato dei paragoni lo aveva accostato, si accende un sorriso carico di speranze.

Raiola ha già pronta la sistemazione per Ferrier: in serie B l’Hellas Verona sta giocando un grande campionato con Attilio Perotti, ha ottime possibilità di arrivare in Serie A ed essendo una squadra tutta di italiani la dirigenza può decidere liberamente di puntare su acquisti stranieri e anche con un certo anticipo visti i buoni risultati. Si punta su un esperto difensore croato nel giro della nazionale, Elvis Brajkovic e poi su Ferrier, mediano o difensore giovane considerato un buon investimento da far crescere accanto a compagni più esperti come Marco Baroni, Eugenio Corini, Stefano Fattori, Vincenzo Italiano, nella rosa che in Serie A sarà guidata dall’allenatore Cagni.

Mickael, assieme al papà e a Raiola arrivano a Verona per firmare il contratto, ma intanto al Bentegodi si gioca il derby tra Hellas e Chievo: dalla curva dell’Hellas a un certo punto due uomini vestiti coi cappucci del Ku Klux Klan lasciano cadere un manichino nero impiccato con lo slogan “Negro Go Away” e sullo sfondo compare lo striscione “El negro I ve la’ regalà: dasighe el stadio da netar”. In italiano: “Il negro ve l’hanno regalato, dategli lo stadio da pulire”. Come se non bastasse dalla curva si alza pure il coro indirizzato al presidente di allora Mazzi, impegnato nel settore dell’edilizia: “El negher portalo in cantier”. Il manichino resta appeso in curva una quarantina di minuti, i cori continuano, la gara si gioca e finisce con la vittoria dell’Hellas per 1 a 0 con gol di Totò De Vitis. Seguita l’indignazione del giorno dopo, che dura giusto il giorno dopo, con la dirigenza del Verona che assicura che lo smacco ai razzisti sarà vedere Ferrier giocare con la maglia gialloblù. Qualcuno ricorda pure una leggenda secondo cui per lo stesso motivo, nel 1952, a Verona non arrivò nientemeno che O’Rey Pelè, ma stavolta sarebbe stato diverso.

E invece Ferrier non giocherà con la maglia gialloblù: vengono fuori non meglio precisati problemi fisici dalle visite mediche e il contratto viene stracciato. Il ragazzo in Italia però ci giocherà: Raiola lo porterà alla Salernitana in B, dove Ferrier giocherà solo 4 partite e guadagnerà un coretto tra l’ironico e il profetico che ogni tanto la tifoseria granata intona ancora: “Me l’ha detto a me, me l’ha detto a me, me l’ha detto a me: tornerà Ferrier”. Poi si trasferirà a Catania in C2, dove di partite ne giocherà 14. Insomma, era evidente che non fosse adatto al calcio italiano, come chiarirà nelle interviste rilasciate negli ultimi anni, e perciò farà ritorno in Olanda, per cinque anni al Cambuur, poi nelle serie minori con l’Helmond Sport, il Telstar e per chiudere poi la carriera al Top Oss. La dirigenza del Verona invece, contestata nonostante la Promozione in Serie A, in quella sessione di mercato in cui rinunciò a tesserare Ferrier forse anche per motivi di immagine ripiegò su altri due ragazzi di colore: il brasiliano Reinaldo, che farà una sola presenza, e il camerunense Bietek, che però non giocherà mai. Ferrier dopo il calcio si è cimentato nel campo della ristorazione ed oggi compie 47 anni…già, proprio oggi.

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