Tre. Che per i pitagorici sarà pure il numero perfetto, ma se te lo becchi in pagella bene non va, Pitagora o no. E pure se ci metti uno 0,5 accanto, neanche un numero intero, cambia poco.
La perfezione va a farsi benedire definitivamente se poco sopra quel 3,5 risalendo le impietose parole del giudizio si legge il nome del destinatario del cattivo voto: Diego Armando Maradona… per giunta autore di un gol e di un assist decisivi nella gara oggetto di valutazione. Tre e mezzo al Dio del calcio, senza espulsioni, gestacci, parolacce all’arbitro… insomma senza nulla oltre alla mera prestazione calcistica, come detto sopra condita da un gol e da un assist che giustificasse tanta severità.

Sì, roba quasi eretica al giorno d’oggi in cui, per esempio, le sole caratteristiche dell’ultima cartilagine di Cristiano Ronaldo nel suo periodo italiano hanno assunto proporzioni mistiche in servizi e approfondimenti, figurarsi le prestazioni in campo: mai sotto il 7 se in presenza di respiro, come in proverbi rimandanti agli afrori adolescenziali in fase di esplosione ormonale. E invece…tre e mezzo a Maradona, 33 anni fa, dopo un Udinese-Napoli in cui i friulani fecero vedere i sorci verdi alla squadra che dopo qualche mese sarebbe diventata campione d’Italia. In vantaggio con Totò De Vitis, uno cresciuto nel Napoli, gli uomini di Marchesi avevano dato per tutta la partita filo da torcere agli azzurri di Bigon, e all’87esimo un imprendibile Luca Mattei li aveva portati sul 2-0, chiudendo praticamente la partita. Aveva fatto poco il Napoli durante la partita, aveva fatto molto poco Maradona con la marcatura durissima di Antonio Paganin.

Ma Maradona era pur sempre Maradona, e prima aveva mandato dentro un pallone stupendo per Zola atterrato in area, poi aveva trasformato il rigore all’89esimo e due minuti dopo aveva piazzato ancora un assist per Zola che colpendo di testa aveva costretto il portiere Abate alla respinta corta, preda del tap in di Corradini per il 2-2 finale. Insomma: l’aveva ripresa Maradona quella gara, in maniera incontrovertibile, e oggi fioccherebbero gli 8 in pagella e i titoli osannanti. Allora invece…

Allora invece a Il Mattino c’era Giuseppe Pacileo, scomparso nel gennaio 2016 a 84 anni e probabilmente tra le pochissime firme sportive italiane a giocarsela con Gianni Brera per l’ipotetica palma di “migliore”, ma anche qui si aprirebbe una di quelle stucchevoli diatribe alla “Maradona o Pelè” “Maradona o Messi”, di moda oggi come le lodi alle cartilagini di cui sopra. E non interessa.
Pacileo diede 3,5 a Maradona, così motivando il voto: “Dovrebbe vergognarsi, se sapesse che cos’è la vergogna, di andare in campo ad osservarsi la partita, quando non perde le poche palle che giuoca. Però il rigore lo mette dentro e in extremis trova il guizzo. Di tanto i suoi amici si dicono soddisfatti. Io gli ho aggiunto mezzo punto e domando: saranno felici anche quando il Napoli di cotanto capitano sarà terzo o peggio?”.

La replica non si fece attendere: Maradona raggiunse il giornalista negli studi di un’emittente televisiva, Canale 34, e gli si rivolse in maniera durissima: “Non mi importa del voto, ma di cosa dovrei vergognarmi? Non me devo vergognare de niente”. Poi prese il foglio di giornale contenente le pagelle del Mattino, lo appallottolò e glielo tirò contro. “Senza colpirmi”, precisò Pacileo dopo con la consueta ironia, smentendo anche che Maradona l’avesse aggredito, come invece si era vociferato. L’ha spiegato poi Pacileo, che a Maradona aveva messo anche i 10 e i 9 in pagella che semplicemente non faceva sconti: “Scrivevo del Napoli Calcio: i suoi comportamenti nella vita privata non mi avrebbero fatto né caldo né freddo se le conseguenze non si fossero viste sul campo”. E a dirla tutta non era neanche la prima volta che metteva 3,5 a Maradona: meno di un mese prima l’Argentina aveva giocato in amichevole contro l’Italia a Cagliari, era finita 0-0 e Pacileo aveva rifilato a Diego esattamente tre e mezzo, ma allora non se n’era accorto nessuno.

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