Immancabile domani: Disco Samba accompagnerà improbabili trenini e altrettanto improbabili caipirinhe. In entrambi i casi elementi vicini al Brasile quanto la Porta di Brandeburgo, nonostante le pretese. Ma va bene così: è il 31 dicembre, c’è voglia di leggerezza, e allora non poteva che essere nato il 31 dicembre, inevitabilmente a Rio, uno dei talenti più leggeri della storia del calcio. Leggeri non solo in senso figurato: 1 e 65 per poco più di 50 chili (a seconda dei periodi) e un 36 di piede. Dettaglio che gli garantirà il soprannome “Pé de anjo”, “Piede d’Angelo”, non solo per le caratteristiche fisiche, ma anche e soprattutto per la capacità con quel piedino di disegnare traiettorie aggraziate come puttini su tela. Nasce il 31 dicembre del 1971 a Rio de Janeiro Marcelo Pereira Surcin detto Marcelinho Carioca. Famiglia molto povera, ma onesta: il papà fa di tutto per tirar su i figli, la mamma bada alla casa, Marcelinho fin da piccolo aiuta mettendosi al collo la conca con ghiaccioli e bibite da vendere a Copacabana. E oltre a una delle spiagge più celebri al mondo quella di Rio, si sa, è anche uno dei più grandi vivai naturali al mondo di promesse calcistiche. E quindi Marcelinho quando vede un pallone e ragazzini giocare si concede qualche pausa dal suo lavoro: viene notato e da lì inizia la sua carriera ufficiale che lo porta prima al Madureira e poi al Flamengo.

E’ un centrocampista avanzato, o magari un esterno: poca disciplina, tanta tanta classe e una passione incredibile per quello col numero 10 che sogna di emulare in tutto, Zico. Il piccolo Marcelo lo studia, in particolare ne studia la capacità sui calci di punizione. A 15 anni in un Fla – Flu proprio Zico ormai 35enne ha un problema fisico e Telè Santana non ha esitazioni, mandando in campo Marcelinho 16enne. Inizia a prendere sempre più spazio e i suoi tocchi mostrano che può essere decisivo: con punizioni incredibili, assist al bacio e gol è decisivo per vincere tre trofei, anche se un suo errore dal dischetto nella finale di Supercopa Libertadores del 1993 consegnerà il trofeo al Flamengo. Forse sarà anche quella delusione alla base del suo passaggio al Corinthians un mese dopo: ma da lì inizierà l’avventura più importante della storia di Marcelinho Carioca. Con la maglia del “Timao”giocherà 433 partite suddivise in 4 periodi diversi, segnando 206 gol, vincendo 4 campionati Paulista, due campionati brasiliani, una coppa del Brasile e un mondiale per club nel 2000. In questi anni al Corinthians tira fuori punizioni molto simili a quella di Roberto Carlos nel Torneo di Francia, una di queste segnata contro il Palmeiras, o un gol incredibile in cui gli arriva palla rasoterra dalla destra al limite d’area, supera il suo avversario scavando il pallone in movimento e tira al volo di sinistro prendendo in contropiede il portiere, contro il Santos, davanti a Pelè.

E “Pè de Anjo” era arrivato al Corinthians già come fuoriclasse e a soli 21 anni, chiaro che dopo i trionfi con la maglia del Timao si concentri su di lui l’attenzione dei club europei: internet non è ancora onnipresente, ma il nome “Marcelinho Carioca” è spesso sui giornali come suggestione di calciomercato. Piace molto alla Lazio ma nel 1997 è il Valencia ad accaparrarselo per 8 milioni di dollari: la questione è che quella spagnola guidata prima da Valdano e poi da Ranieri è una squadra piuttosto pragmatica…Marcelinho è tutto il contrario. In più in una rosa che conta tra le sue fila pure O’Baixinho Romario e Burrito Ortega un tipo non proprio sobrio come Marcelinho non trova l’humus ideale per sbocciare. Zubizarreta di recente ha ricordato che in allenamento quando Marcelinho tirava le punizioni non riusciva neanche a vedere i suoi tiri partire, il problema però era che in campionato ad essere invisibile era il calciatore stesso. Un solo gol in sei mesi, ovviamente su punizione, e solo sei gare giocate: il Valencia vuole sbarazzarsene al più presto e ovviamente senza rimetterci, ma le offerte che arrivano non piacciono a Marcelinho che vuol tornare in Brasile. E allora accade qualcosa in pieno stile “Disco Samba”: il cartellino lo acquista Josè Farah, presidente della federcalcio paulista, per poi rivenderlo alle società brasiliane interessate. Apriti cielo: San Paolo, Palmeiras, Santos e ovviamente il Corinthians lo vogliono, e Farah ha un altro colpo di genio, il “Disque Marcelinho”. Sui giornali e in tv appare Marcelinho con una camiseta divisa in quattro: Palmeiras, Santos, Sao Paulo e Corinthians, e i tifosi possono telefonare al costo di 3 reais (circa 1000 lire di allora) e indicare la propria preferenza per il futuro di Marcelinho.

Stravince ovviamente il Corinthians, indicato da circa il 63 per cento dei tifosi: quel periodo è forse il migliore di Pè de Anjo al Corinthians, e coincide infatti con il maggior numero di vittorie del club e di gol personali. Da lui traggono ispirazione diversi calciatori: Lucas Moura a inizio di carriera si chiamava “Marcelinho” proprio in suo onore, e David Luiz ha dichiarato di aver preso l’ex calciatore del Corinthians a esempio per le punizioni. Ma c’è da considerare che Marcelinho di angelico ha solo il piede destro: al Timao litiga furiosamente con Ricardinho, con la squadra che si schiera in maniera perentoria con quest’ultimo, e mentre conquista la nazionale pare che pensi bene di rubare la fidanzata dell’allora ct Luxemburgo. Da lì il lento finale di carriera girando varie squadre (con altri due ritorni al Corinthians) senza più incidere granché. Ha tentato di diventare allenatore senza successo, ci ha provato con la politica come diversi suoi colleghi ma anche in questo caso non è andata bene mentre è riuscito a diventare giornalista. Si è fatto notare l’ultima volta per una scommessa persa: si era dichiarato pronto a girare nudo per San Paolo nel caso il Palmeiras avesse vinto la Libertadores. E’ accaduto, e Marcelinho si è presentato prima in vestaglia tigrata (per provocare i tifosi del Palmeiras dopo la sconfitta subita contro il Tigres al Mondiale per Club) e poi si è spogliato in strada, rimanendo per fortuna in costume. Eh sì, mancava solo il pè pè pè pè pè pè di sottofondo.

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