Quello tra Italia e Algeria è un rapporto di vecchia data, imbastito dal fondatore dell’Eni Enrico Mattei già negli anni ’50. Nel 1978 iniziò la costruzione del gasdotto Transmed, il cordone ombelicale tra i due paesi e che oggi ha una capacità di trasporto di oltre 30 miliardi di metri cubi di metano ogni anno. Non è un caso che il primo paese a cui si è rivolto l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi al deflagrare della guerra in Ucraina sia stato quello nordafricano. Dall’Alegria è arrivato in questi mesi parte del gas che è servito a compensare il calo delle forniture russe. E qui è tornata oggi la capa del governo Giorgia Meloni, accompagnata dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. La presidente del Consiglio ha incontrato il presidente della Repubblica algerina Abdelmadjid Tebboune e ha poi partecipato alla cerimonia di firma degli accordi di cooperazione.

In prospettiva l’Italia sta accarezzando un disegno strategico di lungo termine (“piano Mattei”), quello di diventare una sorta di hub europeo per il gas. Ora che i baricentri si spostano verso il Mediterraneo, Roma potrebbe sfruttare la sua geografia e la buona infrastrutturazione per veicolare il metano verso paesi come Germania o Polonia. Una visione che sembra però mettere in ombra lo sforzo per rafforzare il ruolo delle fonti rinnovabili su cui la Commissione Ue sta puntando molto. Piuttosto vago il progetto di un nuovo “gasdotto per l’idrogeno” che è uno degli obiettivi dei memorandum di intesa firmati oggi da Eni e Sonatrach (la società statale algerina che gestisce le risorse energetiche del paese). Il memorandum “punta a individuare congiuntamente le possibili attività per ridurre le emissioni di gas a effetto serra in Algeria, e le migliori tecnologie da utilizzare”.

“Tra i nuovi settori di cooperazione con l’Algeria ci sono le infrastrutture, comprese quelle digitali, il biomedicale, le telecomunicazioni. E ciò al netto della collaborazione tra le piccole e medie imprese. Noi ci stiamo concentrando moltissimo sul fronte mediterraneo. E in questa logica l’Algeria, nel Nord Africa, è il partner più stabile, strategico e fondamentale”, ha spiegato Meloni nella conferenza stampa congiunta con il premier algerino. “Quando parliamo di piano Mattei parliamo di un modello di sviluppo, anche per l’Africa. Il nostro modello di cooperazione è un simbolo, c’è grande voglia di Italia e noi non vogliamo farci desiderare”.

“Oggi l’Algeria è il nostro principale fornitore di gas. Sono state firmate due intese da Eni e la sua omologa algerina, un’intesa per ridurre le emissioni di gas serra, quindi per uno sviluppo sostenibile, e l’altra è per giungere ad un incremento delle esportazioni di gas dall’Algeria all’Italia e all’Ue, la realizzazione di un nuovo gasdotto per l’idrogeno, la possibilità di fare gas liquefatto, insomma un meccanismo di mix energetico che individuiamo come possibile soluzione alla crisi in atto”, ha illustrato la presidente del Consiglio. Quello sul gas è “un progetto importante che fa dall’Italia un distributore di energie per tutta l’Europa“, afferma il presidente dell’Algeria Tebboune. L’Algeria possiede le decime riserve di gas più grandi del mondo, stimate in 4mila e 500 miliardi di metri cubi. È il nono produttore al mondo con 101 miliardi di metri cubi l’anno, un quarto dei quali viene esportato in Italia.

“Aggiorniamo gli accordi annualmente sulle quantità che sono state rispettate: sono stati dati più di 3 miliardi di metri cubi e altri 3 miliardi nel 2023 e poi altri ancora”, ha detto il numero uno dell’Eni, Descalzi. “Bisogna pensare che solo 2 anni fa l’Algeria dava all’Italia circa 21 miliardi, adesso ha dato 25, arriveremo a 28 miliardi l’anno prossimo e poi nel 24-25 supereremo ancora. È davvero un partner strategico che sta aiutando molto per l’Italia”. Il fatto che Algeri sia storicamente vicina a Mosca con cui conserva legami a tutt’oggi, anche per le forniture militari non è, secondo gli analisti, un fattore in grado di compromettere il rapporto con Roma. Descalzi ritiene che l’Italia potrà emanciparsi completamente dalle forniture russe in un paio di anni. “Le previsioni per azzerare le forniture di gas russo all’Italia? Sono positivo, nell’inverno 2024/2025, direi che continuando così le cose vadano nel verso giusto”. Non si sa bene però con quali ricadute sui prezzi. Il gas russo è stato particolarmente a buon mercato. Altri forniture sono più cari. In particolari i carichi di gnl (gas liquefatto) che arrivano via nave nei rigassificatori principalmente da Stati Uniti e Qatar sono particolarmente onerosi.

“L’Italia da un punto di vista geografico, logistico, infrastrutturale, ha molte connessioni non solo con l’Africa ma anche al Nord”, ha spiegato Descalzi aggiungendo “Soprattutto, con l’Africa siamo gli unici ad avere una connessione via pipe (gasdotto, ndr) con l’Algeria, che ha una capacità di circa 36 miliardi di metri cubi, ancora sottoutilizzata: sono ancora circa più di 10 miliardi che possono arrivare in Italia. Abbiamo – ha continuato – una connessione via pipe con la Libia che vale adesso circa 12-14 miliardi di metri cubi in termini di capacità che, con adeguate aggiunte di compressione, può salire di parecchi miliardi. Poi abbiamo l’Egitto e tutta l’Africa, con Nigeria, Angola, Congo, Mozambico, che può portare energia”.

“Da un punto di vista potenziale – ha continuato – già adesso siamo riusciti a recuperare quasi più del 50% del gas russo e soprattutto attraverso l’Africa. Abbiamo anche dei pipe al nord che non sono solo quelli da Tarvisio che vengono attraverso l’Ucraina dalla Russia, ma anche del gas che viene attraversando Francia, Germania e Svizzera, dalla Norvegia. Poi abbiamo il Tap che sta portando 7-8 miliardi di metri cubi e l’Azerbaigian in qualche anno pensa di poter ampliare”. “Abbiamo – ha detto ancora – tantissimi punti di connessione, 5 o 4 se non contiamo Tarvisio (dove arriva il gas russo, ndr) in modo conservativo, e in più 3 rigassificatori di gas naturale liquido, che spero presto possano diventare 4 con Piombino, 5 con il Ravennate. Si parla di due più due”.

Negli ultimi giorni, con l’irrigidirsi delle temperature, il prezzo del gas è tornato a salire seppur rimanendo ben lontano dai picchi toccati nei mesi scorsi (e dai 180 euro al megawatt/ora che fa scattare il price cap europeo). Sul mercato di Amsterdam viene scambiato a 64 euro. Diminuiscono, ma restando su livelli di sicurezza, le riserve degli stoccaggi. La media di riempimento europea è del 78% (Italia 76%, Germania 86%).

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