La Germania cede alle pressioni degli Stati Uniti e dopo giorni di indecisione apre all’invio dei carri armati Leopard all’Ucraina, annunciando che Berlino è disposta ad autorizzare la Polonia a fornire i tank tedeschi tanto desiderati dalle forze armate di Kiev. A esporsi per l’ennesima volta non è stato il cancelliere Olaf Scholz, che sugli aiuti militari continua a non prendere una posizione netta. È stata la ministra degli Esteri Annalena Baerbock a dichiarare alla televisione francese Lci che “se ci verrà posta la richiesta, allora non ci opporremo“: frase pronunciata poco dopo il vertice proprio tra il cancelliere Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron a Parigi. Segno che la questione dell’invio dei Leopard a Kiev divide lo stesso esecutivo tedesco. E dall’Ue arriva anche l’ok dei 27 ministri degli Esteri Ue a una nuova tranche di aiuti militari all’Ucraina dal valore di 500 milioni.

Intanto da Mosca è arrivata la risposta del vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov: le forze russe “sbricioleranno” tutte le armi e i mezzi militari che i Paesi occidentali forniranno all’Ucraina. “Gli avversari della Russia – ha affermato Ryabkov – continuano ad alzare la posta, ma, come abbiamo detto fermamente o fiduciosamente in numerose occasioni, gli obiettivi dell’operazione militare speciale saranno raggiunti”. Mentre dal ministro degli esteri, Serghej Lavrov, arriva un avvertimento al blocco occidentale: la guerra tra Russia e occidente, ha detto, “non è più ibrida” ma “quasi reale”. Rottura diplomatica Estonia-Russia: Mosca convoca l’ambasciatore estone, Tallinn espelle quello della Federazione. Di conseguenza, in solidarietà con i vicini baltici anche la Lettonia ha deciso di espellere il diplomatico russo dal Paese.

Lo scontro Usa-Germania – Il pressing incessante di Washington ha portato a un primo risultato, proprio nelle 48 ore successive al vertice di Ramstein, dove sulla questione ella fornitura di carri armati ci sarebbe stato un duro scontro tra il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, e il più stretto consigliere di Scholz, Wolfgang Schmidt. A raccontare il retroscena è la Süddeutsche Zeitung in un articolo antecedente alle parole di Baerbock di domenica sera. Tutto nasce dalla presa di posizione di Berlino, rivelata dal Wall Street Journal giovedì scorso, quindi alla vigilia dell’incontro tra gli alleati occidentali nella base tedesca: la Germania, spiegava il quotidiano americano, non ha intenzione di autorizzare l’esportazione in Ucraina degli oltre 2mila Leopard di fabbricazione tedesca in dotazione alla Nato, fino a quando non saranno gli Stati Uniti a fornire i loro carri armati Abrams. “Gli alleati Nato della Germania hanno reagito con aperta incomprensione o rabbia malcelata alla decisione del cancelliere Scholz di non promettere di fornire all’Ucraina carri armati Leopard. Il tono nel governo degli Stati Uniti è stato particolarmente tagliente“, si legge nell’articolo della Süddeutsche Zeitung. Secondo il quotidiano bavarese, a Ramstein il segretario Austin avrebbe manifestato aperto disaccordo con il più stretto collaboratore di Scholz e l’incontro tra i funzionari sarebbe stato “teso“. Inoltre, sempre secondo il giornale, il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati Uniti Jake Sullivan avrebbe criticato aspramente le azioni della Germania in una conversazione telefonica con il consigliere del cancelliere tedesco Jens Pletner.

Le parole di Baerbock e la cautela di Scholz – Critiche che hanno avuto il loro effetto, almeno stando alle dichiarazioni della ministra Baerbock che ha invece aperto all’invio dei Leopard tedeschi a Kiev da parte di Paesi terzi, in questo caso la Polonia. “Per il momento la domanda non è stata posta” da Varsavia, tenuta a fare richiesta ufficiale a Berlino, ha comunque evidenziato Baerbock. “Sappiamo quanto siano importanti questi carri armati ed è per questo che ne stiamo discutendo ora con i nostri partner”, ha aggiunto. L’apertura di Berlino arriva dopo giorni di stallo sulla questione dei carri armati tanto richiesti dalle forze ucraine per ottenere un chiaro vantaggio offensivo sui russi. E giunge a conclusione di una giornata in cui, dopo aver promesso “tutto il sostegno necessario” a Kiev, da Parigi il cancelliere tedesco Scholz ha difeso la cautela sulla fornitura dei tank, sottolineando che “il modo in cui noi abbiamo agito in passato è stato sempre in stretto coordinamento con i nostri amici ed alleati, e continueremo ad agire in funzione della situazione concreta“. Intanto, anche il presidente francese Emmanuel Macron entra nella partita delle armi pesanti, “non escludendo” la fornitura di carri armati Leclerc a Kiev: “Ho chiesto al ministro della Difesa di lavorarci su”, ma in ogni caso “è qualcosa che si valuta tutti insieme“, ha spiegato.

Il nuovo ministro della Difesa – Le parole dei due leader fanno eco alle ultime dichiarazioni del nuovo ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, che annunciando l’intenzione di visitare l’Ucraina “probabilmente entro le prossime quattro settimane”, ha ribadito il “dialogo molto stretto con i partner internazionali, soprattutto con gli Stati Uniti” sulla questione dei Leopard (e probabilmente anche degli Abrams americani). Secondo il settimanale Der Spiegel, alla fine la Germania potrebbe trasferire 19 tank Leopard 2A5 all’Ucraina, tra quelli attualmente utilizzati come mezzi di addestramento e destinati allo smaltimento se non inviati a Kiev. Parlando in un’intervista con la Tv tedesca Ard, Pistorius ha affermato che una decisione in merito all’invio dei carri armati di fabbricazione tedesca verrà presa presto. Ma tra i fattori da considera, ha aggiunto, vanno incluse anche le conseguenze per la sicurezza della popolazione tedesca.

Il pressing di Polonia e Lettonia – L’annuncio di Berlino è anche una risposta alle parole del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki che aveva chiesto “una dichiarazione chiara” per autorizzare i Paesi che dispongono di Leopard tedeschi ad inviarli a Kiev – prima tra tutte Varsavia – definendo “inaccettabile” l’atteggiamento della Germania. E in favore di Kiev insiste anche Londra, che dopo aver consegnato gli elicotteri Sea King vorrebbe “vedere gli ucraini equipaggiati con cose come il Leopard 2”, sono state le parole del ministro degli Esteri James Cleverly. Con il dibattito concentrato sulle nuove forniture di armamenti, è sparita quasi del tutto la parola ‘pace‘ dalle bocche di entrambi gli schieramenti, mentre Mosca ha alzato ancora i toni con il falco Dmitri Medvedev che ha parlato di un Occidente pronto a “sbranare” la Russia e “distruggerla all’infinito”. Da Kiev, il presidente Zelensky sostiene intanto che l’Ucraina “riuscirà a vincere la guerra nel 2023”, sottolineando che questo dipenderà anche “dall’aiuto dei partner” ed escludendo qualsiasi vittoria parziale: “Riconquisteremo sicuramente tutto“.

Anche la Lettonia si schiera a sostegno dei rifornimenti, con il ministro degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, che ha affermato: “Mi fido del processo in Germania, vedo un dibattito attivo e credo che alla fine Berlino manderà i tank all’Ucraina, ma dovremo aspettare un giorno ancora. Dobbiamo discutere la paura, la paura di sconfiggere la Russia, che si tratti di più sanzioni o più aiuti militari a Kiev c’è la paura di cosa potrebbe accadere se Mosca perdesse la guerra, ma se accettiamo il fatto che Mosca deve perdere per limitare guerre future, se superiamo questo passaggio, sarà più facile aiutare l’Ucraina a riconquistare tutti i territori occupati, perché la Russia deve perdere questa guerra“.

La reazione di Mosca – Da parte sua, la Federazione cerca di colpire i Paesi europei che più di altri spingono per le forniture di nuovi armamenti a Kiev. Così, è stato espulso da Mosca l’ambasciatore dell’Estonia in reazione alla “totale russofobia” da parte del governo estone. Allo stesso tempo, dal Cremlino si prova anche a infilarsi nelle crepe interne al fronte Nato-Ue su questo tema. Il portavoce della Presidenza, Dmitry Peskov, ha infatti parlato di “nervosismo tra i membri dell’Alleanza sta crescendo”. E ha citato le “dichiarazioni tra capitali europee, tra cui Varsavia che minaccia Berlino di isolamento internazionale. Tutto questo suggerisce che il nervosismo tra i membri dell’Alleanza aumenta costantemente”. E poi lancia il suo avvertimento ai paesi europei: “Quelli che contribuiscono direttamente o indirettamente a inondare l’Ucraina di armi ne sono responsabili e a pagare per questo pseudo-sostegno sarà il popolo ucraino”.

Il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza, Dmitry Medvedev, invece, persevera nelle sue dichiarazioni ad alta tensione diplomatica. Citato dalla Tass ha infatti detto che “il mondo si avvicina al rischio della Terza Guerra Mondiale di fronte ai preparativi di aggressione contro la Russia. L’operazione speciale che si sta compiendo è stata una misura forzata ed estrema, una risposta alla preparazione dell’aggressione da parte degli Stati Uniti d’America e dei suoi satelliti. È ovvio che il mondo si è avvicinato alla minaccia di una terza guerra mondiale per quello che è successo”.

Chi sembra sostenere la tesi di Mosca, in Unione europea, è l’Ungheria, il Paese che più di tutti si è mostrato vicino alle posizioni del Cremlino in quasi un anno di conflitto. “Le sanzioni stanno portando l’Europa in un vicolo cieco. Sul piano economico, politico e della sicurezza. Sarebbe un grande errore proporre un nuovo pacchetto di sanzioni”, ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, a Bruxelles per il Consiglio Affari Esteri in cui si discuterà del decimo pacchetto di misure restrittive contro la Russia, che alcuni Paesi, tra cui la Polonia, vorrebbero adottare in vista del vertice Ue-Ucraina in programma il 3 febbraio. Questo non ha impedito a Budapest, almeno stando a quanto riferito da alcune fonti a Bruxelles, di appoggiare l’invio di nuove armi a Kiev per un totale di 500 milioni di euro nel quadro dello European Peace Facility durante la riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue in corso.

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