“Con la tanatoprassi è possibile, tramite un’iniezione nel sistema arterioso di un fluido conservante e una serie di cure estetiche, conservare un’immagine integra della persona cara, eliminando così per alcune settimane il processo di decomposizione“. È Andrea Fantozzi, esperto italiano di tanatoprassi, a spiegare la tecnica grazie alla quale è stato possibile esporre la salma di Benedetto XVI, Papa emerito scomparso all’età di 95 anni il 31 dicembre. La camera ardente, aperta questa mattina 2 gennaio, si concluderà il 5 gennaio con i funerali.

“È un trattamento post-mortem e consiste nella cura igienica di conservazione del corpo dopo la morte – spiega il presidente e fondatore dell’Ait (Associazione italiana di tanatoprassi) e dell’Init (Istituto nazionale Italiano di tanatoprassi) -. Ma soprattutto è un trattamento che ha lo scopo di realizzare un processo altamente igienico nel settore funerario e cimiteriale”. “La tanatoprassi non è però da confondere con l’imbalsamazione perpetua – precisa – ma è invece un metodo di conservazione temporanea. Ciò fa si che le salme trattate con tale tecnica possano essere conservate dai 10 ai 15 giorni prima della sepoltura, rimanendo intatte in qualsiasi tipo di ambiente”.

È pratica diffusa quella di conservare post-mortem il corpo dei pontefici per permetterne la successiva esposizione. Il trattamento è consueto negli Stati Uniti e sta prendendo piede anche in Europa. Furono proprio gli esperti dell’Init, insieme a quelli del servizio di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata, coordinati dal professore Giovanni Arcudi, a preparare la salma di Papa Giovanni Paolo II per la conservazione. Nel gruppo, composto da sette medici, anche lo stesso Andrea Fantozzi.

“La Tanatoprassi – spiega ancora il fondatore dell’Init – presenta i suoi vantaggi anche nell’ambito della medicina legale, infatti fermando la decomposizione della salma, si fissano i tessuti e le lesioni come in una preparazione istologica, consentendo così di eseguire le indagini più facilmente. È possibile in questo modo studiare meglio la traiettoria di un proiettile e dare un apporto ai metodi di identificazione medico-legale. Nel caso di una riesumazione, resa necessaria da indagini giudiziarie, si avranno sicuramente risultati migliori su un cadavere trattato rispetto a uno in decomposizione”.

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