Un altro anno si sta per chiudere. Abbiamo un nuovo governo e fra poco in Regione Lombardia, la più popolosa d’Italia, ci sarà una nuova amministrazione.

Per quanto riguarda la sanità luci ed ombre continuano a coprirne il cielo.

Il 2023 ci porterà ad esempio la proroga per un solo altro anno di una delle cose positive che la pandemia aveva introdotto. La dematerializzazione della ricetta elettronica che ci evitava nel periodo nero di recarci dal medico di base. La ricetta ci veniva, dopo ore di attesa al telefono per farcela prescrivere, recapitata via mail. Ma il big ben ha detto stop, come diceva il mitico Enzo Tortora nel suo Portobello.

E io potrò anche accettarlo, se ciò fosse preso a spunto per una vera ricostruzione della medicina del territorio, per farla diventare un caposaldo della nostra sanità. Ma occorre tutti essere disponibili o quanto meno cominciare a costruire insieme un percorso che porti ad un reale cambiamento solo a favore dei cittadini.

In medicina non abbiamo bisogno di eroi o di “fannulloni” ma solo persone presenti al bisogno. Ma loro devono essere aiutate ad essere sempre presenti e disponibili.

History Health potrebbe essere la base per avere una cartella clinica veramente aggiornata e disponibile in modo soggettivo in qualunque parte del mondo ci sia internet. Il medico di base non dovrebbe più riscrivere nulla e questo sfoltirebbe molto le terapie quanto meno croniche, quelle sempre uguali. Il sistema bloccherebbe la possibilità di ritiro del prodotto in farmacia a scelta del medico di base per i necessari controlli. Ecco allora che la chiusura di fine anno della ricetta inviata via mail sarebbe da considerare, se sostituita da History Health, come un passo avanti.

Ma il passo avanti importante sarebbe il vero passaggio dalla medicina di base alla medicina del territorio. Come dico da anni secondo me occorrerebbe che i medici di base non fossero più privati accreditati, ma pubblici in reparti del territorio sempre disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 in modo turnistico. Il vero medico, che non scrive, o riscrive, più solo ricette, aiutato dall’introduzione di supporti elettronici soggettivi come History Health, ma un medico che visita solo e che utilizza tutti i reparti ospedalieri per giungere ad una diagnosi ed una terapia, medica o chirurgica. Altro che case di comunità, isole nel deserto!

Poi il medico di base, che in ospedale diventa medico del territorio, potrà esercitare la sua professione privata, se vorrà, nel suo studio.

Tutto questo potrebbe partire anche da una rivoluzione universitaria. Oggi per fare il medico di base occorre essere laureato in medicina ed aver seguito un corso triennale regionale. Credo che la medicina di base possa avere un reale rinnovamento se si parte proprio dagli studi. Se avessi il potere di proporre, proporrei un vero distaccamento dalla facoltà di medicina, come è successo anni fa per odontoiatria, e costruirei una nuova facoltà di medicina di base, dopo aver comunque liberalizzato l’accesso visto che la selezione sarà naturale corso dopo corso.

Cinque anni specifici con le nozioni fondanti di primo soccorso, che contengano anche quelle di pronto soccorso, con destinazione finale di una assunzione in ospedali pubblici o privati accreditati. Uno stipendio importante per la presenza e il primo filtro che dirotti verso i medici specialistici, colleghi di reparti attigui, dopo aver eseguito indagini utili ad una diagnosi il più possibile veloce. A solo favore del cittadino.

Tra poco inizierà un nuovo anno, potremmo sperare in un nuovo mondo pieno di idee valide. Anche se dovremo aspettare un nuovo corso, non perdiamo altro tempo in modo tale che si migliori al più presto.

Sono sicuro che molti maturandi del 2023 sceglierebbero di avvicinarsi alla medicina in questo modo nuovo, tornando a pensare ad essa come una missione di vita, una scelta coerente per aiutare realmente gli altri.

IL DISOBBEDIENTE

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