Che ci sia stato un vero e proprio trasferimento di risorse da un capitolo all’altro non si può dirlo. Ma di certo le principali modifiche last minute alla legge di Bilancio firmate da governo e maggioranza restituiscono un quadro chiaro: considerato che la coperta è corta, si è scelto di prendere ai poveri e dare ai ricchi. Il combinato disposto degli emendamenti approvati negli ultimi giorni in commissione Bilancio non lascia dubbi. Dentro ci sono da un lato il regalo di Natale ai presidenti dei club di serie A (tra cui il senatore di FI Claudio Lotito) nella forma di una comoda dilazione in 60 rate del pagamento di ritenute e addizionali per 889 milioni di euro dovute dalle squadre di calcio, dall’altro il colpo di grazia definitivo al reddito di cittadinanza, che nel 2023 sarà erogato solo per 7 mesi risparmiando oltre 950 milioni. A rafforzare la sensazione contribuiscono altre voci minori, come i 40 milioni sottratti al bonus cultura per i 18enni e i 20 milioni in meno per il bonus psicologo a fronte dei 30 milioni in più alle scuole private, la tassazione ridotta per chi riceve pensioni dal Principato di Monaco mentre chi ha l’assegno minimo riceverà un micro aumento da 563 a 600 euro solo nel 2023 e solo se ha più di 75 anni, l’azzeramento del Fondo per gli indennizzi ai risparmiatori traditi in cui ci sono ancora 500 milioni.

Così si completa l’impianto di una manovra che, smentendo il refrain meloniano del “siamo pronti”, fin dall’inizio si presentava come un copia e incolla di misure (dallo stralcio delle cartelle alla decontribuzione per chi assume giovani) riciclate da altri sette esecutivi con due sole idee nuove: lo stop all’obbligo di accettare i pagamenti elettronici sotto una certa soglia e la decisione di abolire la misura anti povertà nata nel 2019 e rifinanziata dal governo Draghi. Cancellata con un clamoroso dietrofront la norma sul pos, come bandierina identitaria della destra resta solo la crociata contro il reddito di cittadinanza. Che non a caso è salita di livello martedì notte con l’approvazione di un emendamento riformulato di Noi moderati in base al quale i percettori sarebbero costretti ad accettare anche offerte di lavoro capestro, che non rispettano il requisito della “congruità in termini di distanza dal luogo di residenza, coerenza con le competenze del potenziale lavoratore e adeguatezza della retribuzione. Nel frattempo andava in porto anche il blitz di Federico Mollicone (FdI), presidente della Commissione Cultura della Camera, per demolire 18app che sarà sostituita da una “Carta Cultura Giovani” e una “Carta del Merito”. Con 190 milioni di dotazione contro i 230 del bonus renziano cancellato.

Tra taglio al reddito e riduzione dei fondi per gli acquisti culturali dei ragazzi, il risparmio supera quota 1 miliardo. E allora viene naturale notare che proprio nelle stesse ore è arrivato al voto, sotto forma di emendamento del governo, anche il “lodo Lotito”. La norma, pudicamente definita salva-sport, si configura in realtà come un favore da quasi 900 milioni a squadre di serie A e altre società e federazioni sportive. Un’aggiunta al primo dei dieci articoli dedicati ai condoni concede infatti all’intero comparto di non rispettare l’accordo in base al quale entro fine anno avrebbe dovuto girare al fisco le cifre il cui versamento era stato sospeso causa pandemia. Le squadre pagheranno a rate di qui al 2027, con una mini maggiorazione del 3% al posto della sanzione standard per omesso o tardivo pagamento, che è del 30%. È solo l’ultima ciliegina sulla torta di una “tregua fiscale” che di qui al 2032 costerà alle casse dell’erario 1,7 miliardi miliardi netti. Nel frattempo i lavoratori dipendenti con uno stipendio lordo tra gli 800 e i 1900 euro dovranno accontentarsi di incassare, grazie al taglio del cuneo fiscale, da 19 ai 41 euro in più al mese. Ma attenzione: lo sgravio è finanziato solo per il 2023. Come l’aumento delle pensioni minime.

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