Il governo Meloni, in difficoltà nel tirare le fila sui lavori di modifica della manovra, ingrana la retromarcia sul pos. La soglia dei 60 euro per le sanzioni nei confronti dei commercianti che non accettano pagamenti elettronici esce dalla legge di bilancio con una decisione clamorosa, dopo un mese in cui la premier e vari esponenti di governo hanno difeso a spada tratta la misura arrivando allo scontro con Bankitalia che l’aveva criticata. Inizialmente si era prospettata la possibilità di dimezzare a 30 euro la soglia, ma poi è prevalsa l’esclusione tout court. La norma è infatti in contrasto con uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza centrati dal governo Draghi (l’introduzione di “efficaci sanzioni amministrative in caso di rifiuto di accettare pagamenti elettronici”) e con le raccomandazioni specifiche per l’Italia sulla lotta all’evasione. Nel tardo pomeriggio Giorgia Meloni ha ammesso la resa spiegando: “Quello è un obiettivo del Pnrr e quindi lo stiamo trattando con la Commissione europea. Se non ci sono i margini ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti”.

Ma, al netto del fatto che per le microtransazioni molte banche e circuiti hanno già azzerato i costi, la soluzione ancora non c’è: una delle ipotesi è la proroga (o un incremento) dei crediti di imposta introdotti da Conte e prorogati da Draghi che li aveva portati al 100%. Resta il mistero sulla modifica in corsa intervenuta tra le prime bozze, che escludevano l’obbligo tout court di accettare moneta elettronica, e la versione depositata alla Camera, che interveniva invece sulle sanzioni entrando platealmente in rotta di collisione con il Pnrr. Chi ha rivisto il testo, rendendolo così indigesto per Bruxelles?

Giorgetti in commissione – Solo alle 21:40 il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti è arrivato in commissione Bilancio della Camera, dove lo aspettava anche il leader M5s Giuseppe Conte. Ai giornalisti che gli chiedevano se avesse portato gli attesi emendamenti del governo il ministro ha risposto: “Li ha il sottosegretario” Federico Freni. L’atto conclusivo di una giornata di alta tensione in cui la seduta della commissione è andata avanti singhiozzo. Pd, Terzo polo e Alleanza Verdi Sinistra dopo le 21 hanno anche abbandonato i lavori in protesta contro il ritardo del terzo pacchetto di modifiche del governo. Giorgetti ha giustificato l’attesa chiamando in causa la presidenza della Camera – guidata da un altro leghista, Lorenzo Fontana – che aveva “manifestato l’indisponibilità a considerare ammissibile il maxiemendamento se non spacchettato per omogeneità di materia. E noi abbiamo ceduto ad un lavoro molto complicato di spacchettamento del maxi”.

Il refuso nell’emendamento su pos e contante – Grande imbarazzo per un “refuso” nell’emendamento del governo sul pos: nel testo bollinato si prevede la soppressione dell’intero articolo 69 della manovra, che però contiene anche l’innalzamento del tetto al contante a 5mila euro. Giorgetti ha ammesso l’errore dicendo di “assumersene la responsabilità” ma incolpando “la Ragioneria“. Il testo è poi stato corretto prevedendo la soppressione solo del comma 2.

Reddito tagliato ancora, mini aumento per le pensioni minime – Tra le modifiche principali annunciate dopo la lunga attesa ci sono la riduzione da 8 a 7 delle mensilità di reddito di cittadinanza che saranno versate nel 2023 a chi in teoria può lavorare, l’aumento da 20 a 25mila euro del tetto di reddito sotto il quale il cuneo fiscale sarà tagliato del 3% (da 25mila a 35mila invece la sforbiciata resta al 2%), l’innalzamento delle pensioni minime a 600 euro lordi al mese per gli over 75 solo nel 2023 e la revisione del meccanismo di indicizzazione per 2023 e 2024: “È stata elevata la percentuale” di rivalutazione “della fascia di pensioni da 4 a 5 volte la minima” e verranno “ridotte conseguentemente quelle a salire”. Inoltre “si è aumentato da 6mila e 8mila euro la soglia massima per l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a favore di datori di lavoro che assumono dal primo gennaio al 31 dicembre con contratto a tempo determinato i beneficiari del Reddito di cittadinanza”, ha detto il ministro, spiegando che questo “permette di coprire di fatto l’intera platea dei nuovi assunti”. Confermata la proroga al 31 dicembre per la presentazione della cilas che consente mantenere il regime di maggior favore del superbonus al 110%.

Per ora l’unica intesa bipartisan riguarda un emendamento sul Sud: i relatori presenteranno un emendamento per la proroga di un anno degli aiuti per gli investimenti nel Mezzogiorno che sarà sottoscritto dai gruppi di maggioranza e di opposizione e ricalca sia quello presentato sabato dal governo sia tre proposte di Pd, M5s, Forza Italia e Italia viva. Per lunedì si profila una seduta notturna per chiudere l’esame e il via libera finale della Camera con la fiducia potrebbe arrivare in extremis nella notte dell’antivigilia di Natale.

Multe fuori dal condono – Nel pacchetto depositato sabato spiccano dei passi indietro anche sugli articoli che prevedono varie misure di condono, criticate a loro volta da Bruxelles. Ma in questo caso gli interventi sembrano mirati più che altro a ridurre la notevole perdita di gettito determinata da stralci e rottamazioni delle cartelle, perdita che la premier e Giorgetti hanno sempre negato nonostante i numeri contenuti nella relazione tecnica. I debiti con il fisco inferiori a 1000 euro saranno infatti “automaticamente annullati” solo al 31 marzo 2023 e non al 31 gennaio come prevedeva la versione iniziale. Ma soprattutto i Comuni – che paventavano un maxi buco nei loro bilanci – potranno decidere autonomamente se applicare o meno la norma. Che comunque, per quanto riguarda le multe, si applicherà solo a sanzioni e interessi di mora e non al capitale dovuto e alle somme maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive. La relazione tecnica quantifica un risparmio per le casse pubbliche di 154 milioni di euro di cui 50,5 nel solo 2023 rispetto ai 746 milioni di perdita per l’erario (209 nel 2023) stimati sulla base del testo originario.

Più tasse sul tabacco – Una mossa che porta risorse, dunque, e potrebbe aiutare l’esecutivo che è a caccia di coperture per finanziare l’aumento a 600 euro (da poco più di 560) delle pensioni minime degli over 75 chiesto da Forza Italia. Ha invece scarso impatto sul gettito finale atteso la scelta di ridurre gli aggravi fiscali sulle sigarette ma aumentare l’accisa sul tabacco trinciato: stando alla relazione tecnica il peso delle accise sulle bionde calerà di 48 milioni nel 2023 e 42 nel 2024 rispetto a quanto previsto dalla prima versione della manovra a fronte di maggiori entrate per 50,1 milioni dai trinciati. Il saldo complessivo è positivo solo per 1,5 milioni l’anno prossimo, cifra che sale a 7,7 milioni nel 2023. Nelle scorse settimane le grandi aziende del settore – da Bat a Jti Italia – che avevano lamentato un eccessivo rincaro del pacchetto.

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