Due spartane poltrone ricavate da pallet, su cui siedono presunto corrotto e presunto corruttore. Antonio Panzeri e Abderrahim Atmoun erano entrambi lì, a due metri di distanza l’uno dall’altro, sotto le bandiere bianche col logo del Pd. Panzeri spendeva già allora parole al miele da portare a Bruxelles, perché l’Europa prendesse “finalmente atto della necessità di cambiamento di approccio nei confronti di questi Paesi”. L’inchiesta che incendia l’Europa nasce ufficialmente cinque mesi fa, ma potrebbe allargarsi andando a ritroso nel tempo fino alla genesi stessa del presunto sodalizio criminale e della sua “rete”. Perché l’eurodeputato Panzeri e il diplomatico marocchino indicati come il centro si conoscevano da almeno dieci anni. Di più. Nel 2012 erano entrambi sul palco della Festa dell’Unità più importante d’Italia, a magnificare le riforme di Rabat l’uno e la causa di attenzione e investimenti dell’Europa per accompagnarle l’altro. Salvo scoprire oggi che per la causa ne giravano altri e non solo tra i due, ma a beneficio di quanti altri potessero sostenerla a Bruxelles.

Era il 1° settembre 2012 e alla Festa Democratica Nazionale a Reggio Emilia, dedicata al tema “Dalla parte dell’Italia” , va in scena un dibattito su “primavere arabe, diritti umani e civili”. Sul palco ci sono Antonio Panzeri, all’epoca a capo eurodeputato Pd segreteria Bersani, capo della delegazione del parlamento Ue per il Maghreb. Il politico che per gli 007 e per i magistrati belgi era al centro della rete di corruttele utili a “infiltrare” e condizionare le decisione del Parlamento Europeo, con l’arma convincente dei soldi. Due sedie più in là c’era Abderrahim Atmoun, all’epoca senatore marocchino responsabile della politica internazionale del partito di opposizione “Autenticità e modernità”, nonché presidente del gruppo di amicizia Marocco-Francia presso la Camera dei consiglieri di Rabat, oggi diplomatico di base a Varsavia che per gli inquirenti avrebbe svolto il ruolo del portatore dei soldi che si muovevano sull’asse Bruxelles-Rabat.

Parla italiano, ma preferisce usare il francese per non “strozzare la lingua di Dante Alighieri”. Del resto ha molte cose da dire, soprattutto da auspicare, ringraziando già il Consiglio d’Europa e l’Europa stessa che “ci hanno aiutato affrontare questa transizione storica”, riferendosi alle ultime elezioni marocchine e a uno “storico discorso del Re del 9 marzo 2011, in cui sua maestà ha lanciato sfide importantissime per permettere al Paese di accedere alla Grande democrazia con la D maiuscola”. Panzeri ne sa qualcosa, visto che un anno prima aveva portato il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz in visita a Rabat. E ancora nel 2018 portò lo stesso Abderrahim Atmoun in visita al parlamento di Strasburgo, come rivela la foto opportunity in compagnia anche dell’altro protagonista dell’inchiesta, il membro del gruppo socialista Andrea Cozzolino, oggi a capo della delegazione al posto di Panzeri e presidente delle commissioni parlamentari miste Ue-Marocco, nonché membro della Commissione diritti umani dove passavano i dossier più caldi per Qatar e Marocco.

Stando alle carte degli inquirenti, l’ufficio di Atmoun a Varsavia era crocevia di soldi e regali per perorare, grazie alla sponda del gruppo socialista S&D, cause care al Marocco: una posizione favorevole ai suoi interessi geopolitici nel Sahel e sui flussi migratori. La moneta in contanti veniva trasferita in alcune buste e borsoni proprio attraverso l’intermediazione del diplomatico di stanza in Polonia. Soldi che non avevano alcuna attinenza con la ong di Panzeri “Lotta all’impunità” o con l’attività politica. Ma servivano a garantire “un tenore di vita che eccedeva le sue possibilità”, scrivono i magistrati belgi, come le famose vacanze da 100mila euro. Anche se non è escluso che parte delle banconote sequestrate, 600mila euro a casa di Panzeri, potessero servire per ulteriori corruzioni. Difficile dire ora quanto la causa pro-Marocco fatta propria da Panzeri&c fosse mossa da convinzioni personali e quanto da personali interessi.

Di sicuro l’aveva ben presente già 10 anni, in quell’incontro sul palco tra presunto corrotto e corruttore, tra le bandiere della Festa dell’Unità. Panzeri intervenne per pochi minuti ma con un messaggio chiaro. C’era un accordo tra Ue e i paesi del Mediterraneo in cui esplode la Primavera araba che fa saltare il “vecchio compromesso tra la comunità occidentale e la Ue con questi regimi”. Un accordo fondato sulla scambio, la loro difesa in cambio alla lotta al terrorismo e al controllo dei flussi migratori. Panzeri dal palco spiega poi che “è andato in crisi per motivi economico-finanziari e perché c’è una generazione di ragazzi che non trova sbocco occupazionale che scopre che questi regimi rubavano ai popoli enormi risorse finanziarie. Questa la scintilla che parte dalla Tunisia”.

Ma non tutte le primavere sono uguali, bisogna guardare alle riforme democratiche in corso in Marocco, Algeria e Siria. L’eurodeputato rivendica che “l’Europa ha preso finalmente atto della necessità di un cambiamento di approccio nei confronti di questi Paesi”. E fornisce anche la ricetta. “Le tre “M”, che stanno per money, market e mobility: significa sostanzialmente mettere a disposizione risorse per aiutare secondo il principio del “more for more”, che a differenza del passato in cui si davano soldi in base a quello scambio si danno più soldi e più risorse finanziare a quei Paesi che in qualche modo procedono speditamente sul terreno democratico e dei diritti”. Se fosse poi prevista una percentuale sulle tre M, questo non lo dice.

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