di Margherita Cavallaro

So che la domanda bruciante nelle menti degli italiani nelle ultime settimane è stata: “perché Margherita non ha parlato del coming out del presidente?”. Non ne ho parlato subito perché ci ho messo un po’ ad essere la versione migliore di me. Ora, però, ho accettato che ogni percorso è ugualmente valido e tutti devono essere riconosciuti nella loro identità. Voglio quindi dare ufficialmente il benvenuto nella comunità Lgbt+ a Giorgia, che da poco ha fatto coming out come uomo trans. Pensavamo (al di là di ogni giudizio di valore) di avere la prima donna al governo e, invece, abbiamo ancora un presidente uomo. Certo, Giorgia non ha usato queste esatte parole, ma seguite il mio ragionamento.

Tradizionalmente, le cariche istituzionali si identificano con sostantivi maschili semplicemente perché non era contemplato fino a tempi recenti che una donna potesse ricoprire una carica istituzionale (si pensi che fino a soli 76 anni fa le donne non potevano neanche votare). Le grammatiche seguono l’uso che si fa di una lingua, per cui l’esistenza di un solo genere per sostantivi come “presidente” era dettata dal semplice fatto che non era concepibile una “presidentessa”, o anche solo “una” presidente. In un mondo dove le donne ricoprono cariche istituzionali usare il femminile dei rispettivi sostantivi è non solo grammaticalmente corretto, ma auspicabile e doveroso.

Mi pare evidente che quindi, non essendo questa una questione grammaticale, Giorgia si sia avvalsa del diritto di autodeterminazione di genere. Giorgia vuole che ci si riferisca a lui col genere maschile e così tutti hanno fatto. Giustissimo. Questo, però, gli è stato possibile con questa facilità grazie al suo privilegio di uomo bianco in una posizione di potere, mentre ci sono migliaia di persone come lui che non possono avvalersi di questo diritto con così tanta nonchalance, nonostante ci provino da una vita. Questo è esattamente quello per cui innumerevoli associazioni si sono battute e si battono, mentre lo stesso partito del presidente urla all’allarme gender.

Avendo oramai fatto coming out, però, ci si aspetterebbe da lui che agevolasse il processo anche alle altre persone trans, che facesse sì che anche il popolo possa avvalersi di quel diritto di autodeterminazione di genere che ha impugnato con così tanta noncuranza. E invece no. Un Crudelio De Mon fino alla fine. Non solo le persone trans ancora non sono protette da crimini transfobici, ma siamo in una situazione per cui non sembrano aver nemmeno diritto a cure mediche necessarie. Sì, perché l’opinione di un medico di base a caso di Bolzano sembra valere di più dei diritti di un uomo trans che aveva chiesto la prescrizione di farmaci suggeritagli da un medico endocrinologo (quindi frenate i “ma magari aveva condizioni per cui gli ormoni gli avrebbero fatto male” perché perfino il presidente del Comitato Etico Provinciale ha detto che l’opinione dello specialista deve prevalere su quella del medico di base).

Fortunatamente l’uomo in questione è riuscito a cambiare medico e a farsi prescrivere la terapia, ma la cruda realtà è che molti non sono così fortunati e si ritrovano costretti a seguire delle terapie fai da te con ormoni ottenuti in maniere creative. Purtroppo la situazione è paragonabile a quella dell’aborto, nel senso che se a delle persone vengono negati dei servizi sanitari fondamentali queste sono costrette ad affidarsi a rimedi casalinghi che non solo non garantiscono la salute e la protezione dell’individuo, ma possono sfociare in complicazioni che, oltre a ledere alla persona, andranno a gravare sul sistema sanitario nazionale che quindi finirà a spendere di più per cercare di sistemare un danno che si sarebbe potuto evitare alla radice che non per svolgere la procedura alla radice stessa.

Non si possono accettare “obiezioni di coscienza” del genere perché non si può obiettare alla salute (fisica quanto mentale) di qualcuno e, francamente, non si dovrebbe permettere ad un medico di obiettare al proprio lavoro. Sarebbe come se un medico rifiutasse le cure a una persona di colore. Lavorando nelle Risorse Umane sarebbe come se io dicessi ai miei datori di lavoro che per obiezione di coscienza non voglio avere a che fare con i licenziamenti: la persona licenziata sarei molto velocemente io perché quello è parte integrante del mio lavoro e, giustamente, se non voglio farlo devo trovare un altro lavoro.

Ma Giorgia è il presidente. Giorgia è potente. Giorgia è protetto. Giorgia è un ipocrita. Abbiamo un presidente che si oppone a dei diritti che però arroga per sé. Abbiamo un presidente che crede di poter fare quello che vuole sputando sulla memoria delle persone che muoiono o sulla vita delle persone che lottano per avere medicine, per non essere discriminate, per essere chiamate col proprio nome. E mentre il popolo muore il presidente ride e fa l’animale più uguale degli altri (e io comunque per presidente avrei preferito Porco Rosso o Peppa Pig).

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