C’è un calciatore del Marocco in questi Mondiali in Qatar che sta stupendo più di tutti i suoi compagni di squadra. È un calciatore che è riuscito a imbrigliare il centrocampo che meglio sa gestire l’equilibrio tra attacco e difesa, quello formato da Modric, Brozovic e Kovacic, a silenziare il talento e le visioni di Kevin De Bruyne e nella sua ultima partita a bloccare le idee e la creatività dei due astri del calcio spagnolo, Pedri e Gavi. Un calciatore così dovrebbe essere considerato uno dei migliori centrocampisti al mondo, mentre parliamo di un buon titolare della Fiorentina, che lo scorso anno è stato anche messo in discussione per cattivo rendimento. Questo calciatore è Sofyan Amrabat, mediano del Marocco-meraviglia che sta sorprendendo tutto il mondo e per cui mezza Italia, in assenza della Nazionale azzurra, sta tifando ai Mondiali.

I numeri del calciatore marocchino sono davvero da stropicciarsi gli occhi. I passaggi completati con successo ai Mondiali sono 143, con l’87% di precisione, ma è nei dati difensivi che fa davvero esaltare gli appassionati: 33 recuperi effettuati in quattro partite dei Mondiali, con 6 palle intercettate, un numero più che doppio rispetto alle medie che Amrabat tiene nel campionato italiano. Nella partita contro la Spagna, poi, la sua supremazia su quello che sta per diventare il centrocampo migliore nel calcio del futuro prossimo è stata evidente e i numeri non si sbagliano. Amrabat contro le Furie Rosse ha percorso quasi 15 chilometri, vincendo 7 duelli su 7 e 4 contrasti su 4. Praticamente un muro invalicabile. Quello che è emerso di Sofyan Amrabat in questi Mondiali infatti è la sua incredibile capacità di leggere il gioco avversario, riuscendo a fare i raddoppi necessari per mettere la museruola a campioni come il 10 della Croazia e il 7 del Belgio, con un timing perfetto per quel che riguarda la capacità di intercettare, deviare o sporcare il gioco delle mezzali avversarie.

Amrabat è una sorta di piovra che attira a sé la manovra della squadra avversaria, muovendosi molto poco ma sapendo leggere in anticipo le situazioni. A questo poi bisogna aggiungere anche la sua resistenza e ricordare le parole dell’allenatore che lo ha promosso subito titolare nel Verona, dopo che il club scaligero lo aveva acquistato dal Club Bruges in estate. Dopo aver giocato da neoarrivato ben 746 minuti in 9 partite, alla domanda se fosse il caso di far riposare Amrabat dopo una serie di partite giocate anche con la Nazionale, Ivan Jurić disse: “Riposo per Amrabat? No. Amrabat gioca finché non muore”, sottolineando con questa frase due caratteristiche del centrocampista, la sua energia mai doma, il suo continuare a essere presente sempre per la squadra per tutti i 90 e più minuti di una partita, ma anche il suo attaccamento evidente alle sue squadre di club e alla Nazionale. Questa sua forza di volontà e passione, ancora una volta è emersa durante ma anche dopo la partita degli ottavi di finale contro la Spagna. In lacrime dopo questa vittoria storica per il suo Paese, Amrabat ha detto: “Alla domanda se fossi in grado di poter giocare, ti dico che ieri fino alle 3 di notte sono rimasto insieme al fisioterapista per cercare di fare l’impossibile. Oggi ho giocato con delle infiltrazioni, ma io non ho potuto lasciare i miei compagni e un Paese intero. Sono davvero felice e orgoglioso”.

Tutto molto bello, ma i tifosi della Fiorentina, che hanno visto spesso in queste stagioni una versione differente di Amrabat, vogliono capire a quale modello credere, quello confuso in maglia viola o il calciatore quasi impossibile da superare in maglia rossa? Una risposta potrebbe essere nei compiti che i due allenatori gli chiedono. Mentre Italiano gli mette vicino due mezzali brave soprattutto nelle incursioni, lasciando a lui la regia, Regragui lo associa a Selim Amallah e Azzedine Ounahi, due meravigliosi interni capaci di correre tanto ma anche di muovere il pallone in velocità per innescare gli attaccanti. Forse la risposta è proprio qui: se ad Amrabat viene chiesto principalmente di difendere, riesce a ergersi a baluardo per la sua squadra, se invece deve assumere compiti di regia, fa molta più fatica e rallenta la manovra con una visione di gioco non eccelsa. Di sicuro dal Qatar tornerà un calciatore molto più forte e consapevole della sua bravura. Saperlo utilizzare al meglio poi, lo farà rendere al 100% anche nel nostro campionato.

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