Mentre la nuova maggioranza lavora per ammorbidire le norme contro i reati dei colletti bianchi, l’Autorità nazionale anticorruzione avverte che “smobilitare la lotta” alle mazzette sarebbe un grave errore. “Siamo migliorati nelle classifiche internazionali, ma non basta”, ha ricordato il presidente dell’Anac Giuseppe Busia in occasione della Giornata Internazionale contro la Corruzione. “In un anno l’Italia ha scalato dieci posizioni nella graduatoria di Transparency International: secondo i dati dell’indice della percezione della corruzione 2021 siamo al 42° posto su una classifica di 180 paesi. L’andamento è positivo dal 2012: in dieci anni abbiamo guadagnato 14 punti” salendo a 56 su 100. “La media dei paesi dell’Europa occidentale è però di 66 punti: abbiamo quindi ancora parecchia strada da fare e non possiamo permetterci passi falsi”. E “dal sistema di misurazione oggettiva dei rischi di corruzione, messo a punto da Anac, emerge comunque che il fenomeno è ancora alto nel nostro Paese”. Oltre alla repressione, “occorre spingere molto sulla prevenzione, cambiando i comportamenti e le pratiche, diffondendo una vera cultura della legalità. La prevenzione della corruzione non è una moda, è una necessità, prima ancora che un obbligo“.

Di conseguenza “la Legge 190, la legge Severino – ha proseguito Busia – non può essere abrogata perché l’Italia l’ha approvata per adeguarsi ad alcuni obblighi internazionali assunti attraverso la convenzione di Mèrida delle Nazioni Unite che chiede a tutti i Paesi di investire nella prevenzione della corruzione”. Diverso il discorso sulla possibilità di modificarla, “per esempio per la parte della sospensione dalla carica negli enti locali anche in caso di condanna di primo grado, per reati minori: credo si possa tranquillamente ragionare. Al riguardo, il decreto legislativo non distingue fra diverse tipologie di reati e -si è detto- tale sospensione può essere giustificata per i reati più gravi, come quelli di mafia, ma non per tutti gli altri. L’importante, se si interviene sulla legge, è farlo con il fioretto e non con la sciabola“.

L’arrivo delle risorse del Pnrr impone di tenere alta l’attenzione. “L’Italia ha già ricevuto 67 miliardi dalla Ue in erogazioni per il Pnrr, e ne riceverà altri 53 miliardi entro la fine del 2023, se rispetteremo tutti i parametri”, ha continuato Busia. “Sono cifre enormi, che ingolosiscono la malavita, anche organizzata. Il rischio di corruzione e di infiltrazioni criminose in Italia diventa per questo più elevato. Dobbiamo quindi intensificare la lotta”. Anche perché “Se correttamente applicate, le regole di prevenzione della corruzione coincidono con quelle di buona amministrazione, e aiutano a raggiungere migliori traguardi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa”.

Oggi intanto il consiglio dei ministri dovrebbe approvare uno schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sulla tutela di chi denuncia illeciti nel suo posto di lavoro, i cosiddetti whistleblower, anche privati. Secondo la bozza del provvedimento viene allargata la platea dei beneficiari delle protezioni previste dalle normative varate a partire dal 2012 e poi dalla legge che nel 2017 ha introdotto in Italia questa figura prendendola in prestito dai Paesi anglosassoni. Oltre ai dipendenti pubblici vengono tutelati come whistleblower anche collaboratori, consulenti, volontari o tirocinanti ma anche colleghi di lavoro della persona segnalante che hanno con essa un rapporto abituale. E’ l’Anac che tutela il lavoratore che a seguito della segnalazione, e a causa di quest’ultima, subisce misure ritorsive. E nello schema che dovrebbe essere approvato si allarga anche il confine di quelle che sono considerate ritorsioni: non solo il licenziamento o una decurtazione dello stipendio, ma anche, ad esempio, le discriminazioni o i danni, anche alla reputazione, in particolare sui social media.

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