Romano aveva due possibilità: morire come non avrebbe mai voluto, cioè incapace di intendere e di volere, attaccato a una Peg come sarebbe stato a breve, oppure morire potendo salutare senza soffrire le persone che lo hanno amato, ovvero la moglie e i figli. Questo è un suicidio? Per me non lo è“. Così, ai microfoni di “Uno, nessuno, 100Milan” (Radio24), Marco Cappato commenta la vicenda di Romano, ex giornalista 82enne affetto da arkinsonismo atipico, che il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni giovedì scorso ha accompagnato a morire nella clinica Dignitas di Zurigo. Romano è deceduto venerdì e Cappato, che si è autodenunciato ai carabinieri di Milano, è attualmente indagato per aiuto al suicidio.

Cappato aggiunge: “Chi parla di morte contrapposta alla vita, come nel caso di Romano, allora accetta l’idea che si possa vivere senza libertà e che si possa vivere come gli altri hanno deciso. E se gli altri hanno stabilito di infliggerti una tortura, perché questa è la condizione a cui obbligano le leggi dello Stato italiano, allora quella è vita. Io ritengo che non sia vita e quindi non ritengo di fare una lotta per la morte, ma per la vita nella libertà anche delle persone in condizioni di malattia che ovviamente scelgono autonomamente il suicidio assistito”.

Poi ricorda il caso di Dj Fabo, per il quale Cappato è stato processato: “Sono stato assolto grazie all’intervento della Corte Costituzionale che ha stabilito che, nelle condizioni di Dj Fabo, quell’aiuto era lecito. Le condizioni erano 4: la volontà lucida e consapevole, la patologia irreversibile, la sofferenza insopportabile ed essere tenuto in vita da trattamenti sanitari, cioè direttamente o indirettamente da macchine. La Corte Costituzionale ha sì stabilito quest’ultimo criterio, ma ha anche detto che deve intervenire il Parlamento. E lo ha detto 4 anni fa – spiega – Lasciando quel criterio così senza toccarlo, restano fuori e vengono discriminati, per esempio, i pazienti oncologici terminali che non sono attaccati a delle macchine, ma che hanno un’aspettativa di vita magari di poche settimane. Anche Romano era in questa situazione. Questa è un’assurdità che può spingere le persone a fare un trattamento sanitario apposta per poi essere collegati a una macchina e poter morire. È un assurdo assoluto. Penso che in Italia sia realistico chiedere che si rimanga nei 3 criteri della Corte Costituzionale e che venga eliminato il quarto criterio, perché è discriminatorio nei confronti di alcuni malati”.

Cappato conclude: “Ho creato l’associazione Soccorso Civile, di cui fanno parte anche Mina Welby e Gustavo Fraticelli, esattamente al fine di assumerci la responsabilità di quello che facciamo. Se l’associazione Luca Coscioni, che il 13 dicembre compie 20 anni, si occupa anche di aiutare i malati a vivere contro di diversi disagi, come le barriere architettoniche, l’associazione Soccorso Civile fa azioni di disobbedienza civile. E queste sono importanti di fronte all’inerzia del Parlamento, della politica, delle istituzioni. L’associazione è aperta a tutti coloro disposti ad assumersi questa responsabilità, finché non sarà intervenuto il Parlamento, cosa a cui non credo, o la Corte costituzionale”.

Articolo Precedente

II videoreportage di Alberto Sofia sugli italiani senza cittadinanza pubblicato sul Fattoquotidiano.it vince il premio Calcata 4.0

next
Articolo Successivo

“Scandalosamente bello”, a Roma la mostra fotografica sul centro di chirurgia pediatrica di Emergency in Uganda

next