Cinema

Gary Oldman fa calare il sipario: “È ora di andare in pensione”. Il talento smisurato dell’attore che è stato Dracula e Churchill

In una intervista al Times, la 64enne star londinese è stata distintamente lapalissiana: “Ho avuto una carriera invidiabile, ma le carriere declinano e ho altre cose che mi interessano al di fuori della recitazione"

di Davide Turrini

“È ora di andare in pensione”. Gary Oldman è pronto a far calare il sipario sulla sua brillante, intensa, epocale carriera d’attore. In una intervista al Times, la 64enne star londinese è stata distintamente lapalissiana: “Ho avuto una carriera invidiabile, ma le carriere declinano e ho altre cose che mi interessano al di fuori della recitazione. Quando sei giovane pensi che riuscirai a farle tutte, poi gli anni passano”. Insomma, niente più set per un vecchio leone anni ottanta-novanta come Oldman. Si tratta oramai di capire se la naturale scadenza di contratto tra due anni della serie Slow Horses – un notevole successo su AppleTv – sarà per lui l’ultima apparizione o ci sarà una sorta di chiusura col botto al cinema.

“L’anno prossimo compio 65 anni, i 70 sono dietro l’angolo e non voglio trovarmi in attività quando avrò 80 anni. Sarei molto felice e onorato di uscire di scena come Jackson Lamb – il personaggio di Slow horses – e chiuderla lì”, ha specificato. Lamb è il capo di Slough House, una specie di parcheggio per ufficiali falliti e incapaci del MI5 britannico. Oldman va in scena sfatto, ubriaco e trasandato con un paio d’occhialoni che ricordano quelli di un’altra spia, quel George Smiley nello splendido La talpa tratto da John le Carré. Certo è che per un attore che è stato Dracula per Francis Ford Coppola, Sid Vicious in Sid & Nancy, il commissario Gordon in tre Batman di Nolan, il Sirius Back di Harry Potter, e Winston Churchill per The last hour con cu ha vinto il suo unico meritato Oscar, sarebbe davvero un peccato far calare il sipario in streaming.

Ad ogni modo, quando tutto ciò accadrà, quando Oldman chiuderà definitivamente la sua carriera modello Daniel Day Lewis (a proposito Oldman è parte di uno storico “brit pack” anni ’80 composto da lui, Lewis e Tim Roth), sarà tempo di una lunga, lunghissima, infinita standing ovation. Al trentesimo posto tra gli attori di tutti i tempi che hanno fatto più guadagnare alle produzioni, Oldman ebbe un’infanzia e un’adolescenza di rabbia e alienazion nella povera zona Sud di Londra degli anni sessanta, risultando tra l’idiota incompreso del villaggio e il genio esitante e nascosto. La grande passione per il pianoforte imparato da autodidatta, i mestieracci fatti da adolescente (commesso, facchino, addetto al mattatoio), i tentativi di interpretare in piccoli club le grandi star dello sport, della musica, e le icone di fumetti e romanzi, fino alla folgorazione nel vedere Malcolm McDowell in If di Anderson e in tv in The raging moon. Sul finire degli anni settanta segue i consigli di un insegnante di recitazione e si dedica al teatro con buoni risultati. Tanto che finisce nel giro dei casting più interessanti dei primi anni ottanta di una sorta di rinascita britannica nel cinema, che lo vede interprete già mirabile de L’importanza di essere Joe di Stephen Frears dove diventa il celebre e controverso drammaturgo inglese Joe Orton e appunto Sid e Nancy, dove è nientemeno che il bassista dei Sex Pistols al cospetto della compagna trovata morta per Alex Cox.

Oldman fa subito capire che c’è del metodo Stanislavskji nel suo recitare, ma anche una intensità psicofisica che si trasforma in performance totale. Recita in Rosencrantz e Guilderstein sono morti del commediografo Tom Stoppard, poi ecco il ruolo importantissimo di Lee Harvey Oswald nel JFK di Stone e appunto l’acclamato conte Dracula barocco per Coppola. Il tocco di sinistra malvagità alla Oldman diventa una sorta di marchio di fabbrica, nonostante diversi ruoli leggeri, soprattutto in Leon di Besson e in Air force one dove combatte ad alta quota con Harrison Ford. Nel 1997 con Nil by mouth esordisce alla regia ricordando con un film crudo e tragico l’infanzia vissuta con un padre alcolista. Gli anni duemila sono quelli della consacrazione con la saga di Harry Potter e quella di Batman. Tra le interpretazioni quella di Herman J. Mankiewicz nel film Mank diretto da David Fincher per Netflix.

Oldman ha avuto, tra l’altro, cinque mogli (una è stata Uma Thurman per due anni ndr) e tre figli. L’ombra lunga del padre è stata vissuta sulla propria pelle finendo a sua volta alcolista incallito, con tanto di riabilitazione lunga e difficile negli anni novanta. A noi piace ricordarlo nel ruolo apparentemente dimesso dell’agente Smiley ne La talpa (film straordinario con un cast immortale) e lo attendiamo nel ruolo del presidente Truman nel film di Christopher Nolan, Oppenheimer, che uscirà (per punizione antistreaming?) nell’estate 2023.

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