La Corte d’Appello di Genova ha respinto la richiesta di risarcimento avanzata da Flavio Briatore dopo l’assoluzione definitiva dall’accusa di evasione fiscale per la vicenda dello yacht Force Blue, venduto all’asta dallo Stato prima che la sentenza di condanna passasse in giudicato. La super barca di lusso – la 78esima più grande al mondo – era stata sequestrata nel maggio 2010 al largo della Spezia: l’accusa al manager era di aver evaso in quattro anni 3,6 milioni di Iva all’importazione – dovuti per l’ingresso in acque italiane a uso diportistico – figurando come noleggiatore del natante da parte di una società schermo con sede in un paradiso fiscale, la Autumn Sailing Ltd., e quindi simulandone l’uso commerciale che esenta dall’imposta. A febbraio 2018 Briatore era stato condannato in appello a 18 mesi con la confisca del Force Blue (e della somma evasa) come pena accessoria: la Cassazione aveva però annullato la condanna e disposto un appello bis, al termine del quale – ottobre 2019 – il reato era stato dichiarato prescritto. Ma la confisca era stata confermata, perché la Autumn Sailing – secondo i giudici – non era che “un mero schermo formale tra l’imputato e lo yacht, il quale ultimo, pertanto, deve ritenersi essere sempre stato nella esclusiva proprietà della persona fisica di Flavio Briatore”.

Negli ultimi giorni del 2020, però – in attesa del verdetto definitivo – su segnalazione del custode giudiziario la Corte d’Appello aveva deciso di vendere lo yacht all’asta per gli ingenti costi di manutenzione. Ad aggiudicarselo era stato l’ex patron della Formula 1 Bernie Ecclestone, un vecchio amico di Briatore, pagandolo sette milioni e mezzo di euro, circa un terzo del valore di mercato (stimato dallo stesso tribunale intorno ai 19 milioni). Sei mesi dopo, ecco l’esito che nessuno si aspettava: la Corte di Cassazione annulla la confisca e rimanda gli atti ai giudici d’Appello, i quali – altri sei mesi dopo – non solo confermano la decisione, ma assolvono l’imprenditore nel merito, ridandogli con tante scuse il ricavato della vendita all’asta. Lui però non si accontenta e tramite i suoi legali fa ricorso chiedendo di avere la differenza di 12 milioni tra quella somma e il valore di mercato.

La questione finisce ancora una volta alla Corte d’Appello genovese, che rigetta la domanda. “È significativo che gli stessi brokers operanti a livello internazionale nel settore della nautica che avevano astrattamente stimato il prezzo di una possibile vendita in 15 milioni di euro (il prezzo di 19 milioni di euro era indicato solo quale cosiddetto market asking price, cioè prezzo richiesto dal venditore), abbiano poi raccomandato – sulla base delle caratteristiche concrete del natante, del suo marchio non rinomato e da ricondurre ad un cantiere che ha cessato l’attività, del tempo necessariamente limitato per procedere alla vendita giudiziale senza incorrere in ulteriori perdite, a fronte di un periodo normalmente impiegato di circa 12-18 mesi – di fissare un prezzo di vendita non superiore ai sette milioni di euro“, scrive il collegio, ritenendo quindi che Briatore non abbia subito alcun danno. I suoi egali hanno annunciato ricorso in Cassazione.

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