Sono diventati quattro gli indagati per turbativa d’asta legata alla gara da un miliardo 744 milioni di euro per l’ospedale di Trento. Nel maggio scorso i finanzieri del Comando Provinciale di Trento avevano effettuato acquisizioni di documenti e perquisizioni, ed erano diventato di pubblico dominio i nomi dei primi due indagati. Adesso l’inchiesta preliminare si è chiusa con il deposito degli atti ed essendo emerse nuove ipotesi di responsabilità l’elenco delle persone coinvolte è cresciuto. A coordinare gli accertamenti è la Procura Distrettuale di Trento. La gara d’appalto era stata bandita dalla Provincia Autonoma, che però non risulta coinvolta. I reati ipotizzati a diverso titolo sono turbata libertà degli incanti e abusiva attività finanziaria.

A vincere, nel 2020, era stato il gruppo Guerrato di Rovigo, che aveva sconfitto il gruppo Pizzarotti. Quest’ultimo aveva presentato ricorso per mancanza di solidità del project financing che prevedeva la gestione dell’ospedale per 25 anni dopo la sua costruzione. A quel punto gli accertamenti erano diventati penali e non solo amministrativi, visto che il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Trento aveva riscontrato irregolarità nei requisiti dei soggetti che avevano partecipato alla gara. La Guerrato era stata nominata, su parere della Commissione tecnica, “aggiudicatario provvisorio” nella prima fase dell’iter amministrativo. Poi l’aggiudicazione è stata annullata nel giugno 2022 con delibera del responsabile unico del procedimento, dopo che la Conferenza provinciale dei servizi aveva ritenuto non idoneo il progetto elaborato da Guerrato. In un coacervo di ricorsi e controricorsi, l’appalto è stato quindi azzerato e l’amministrazione provinciale ha ricominciato l’iter per costruire un nuovo ospedale a Trento.

I finanzieri a conclusione dell’indagine spiegano: “Gli accertamenti, in particolare, hanno riguardato il ruolo della società vincitrice, la quale, per la partecipazione al bando di gara aveva presentato alla stazione appaltante una dichiarazione sottoscritta da una Società di Gestione del Risparmio (S.G.R.) maltese, la quale, seppur dotata di un patrimonio di soli 300mila euro, aveva manifestato l’interesse a finanziare l’intera opera del valore di 1,7 miliardi di euro”. All’evidenza si trattava di una sproporzione enorme, anche se la società Auriga risultava regolarmente negli elenchi della Banca d’Italia. “Nel corso degli accertamenti durati oltre 2 anni, è stata anche focalizzata l’attenzione sul ruolo e sulle responsabilità di un broker assicurativo romano, il quale era intervenuto nella trattativa con la S.G.R. maltese”. Si tratta della figura nuova comparsa nell’inchiesta, l’anello di congiunzione tra Guerrato e la società che garantiva il maxi-finanziamento.

L’inchiesta si basa sull’analisi dei documenti sequestrati nelle sedi della Guerrato, di Auriga e del broker romano, nonché sugli esiti delle verifiche presso le autorità di vigilanza finanziaria italiane e le autorità governative di Malta. Secondo quanto è stato accertato dagli inquirenti, “è stato riscontrato che la S.G.R. (maltese che aveva presentato la “proposta di finanziamento” posta a corredo dell’offerta presentata dalla società italiana aggiudicataria) non soltanto era priva dei requisiti patrimoniali atti a garantire realmente la stazione appaltante, ma non è risultata neppure autorizzata, come riscontrato presso le Istituzioni di Vigilanza italiane, a concedere finanziamenti, essendo, in realtà, idonea a svolgere in Italia esclusivamente il mero servizio di ‘gestione portafogli’”.

Risultano indagati Antonio Schiro, residente a Rovigo, amministratore delegato della Guerrato e un dirigente della società che si è occupato degli aspetti finanziari dell’operazione. Inoltre, Rosario Fiorentino, amministratore di Auriga, e il broker romano. L’ipotesi di turbativa d’asta riguarda tutti i quattro indagati, mentre solo a Fiorentino e al broker è stato contestato il reato di abusiva attività finanziaria “per avere prodotto un’offerta di finanziamento in assenza delle autorizzazioni necessarie”.

Il braccio di ferro tra Guerrato e Pizzarotti aveva originato un ricorso al Tar favorevole alla seconda, poi rovesciato dal Consiglio di Stato. Il Tar, accogliendo il primo ricorso di Pizzarotti, aveva ritenuto “carente, sotto il profilo istruttorio e motivazionale, l’operato della Commissione tecnica della Provincia, nella parte in cui ha valutato come coerente e sostenibile l’offerta economica della Guerrato, senza considerare che il Piano Economico Finanziario presentato si riferisce a finanziamenti bancari, mentre la manifestazione di preliminare interesse, anch’essa facente parte dell’offerta, proviene da una Sgr”. Nessuna contestazione riguarda però i commissari Provinciali.

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