Stampa e tv hanno occhi solo per lo scontro Meloni-Macron. Le tifoserie si accapigliano, nemmeno fossimo davanti alla testata di Zidane a Chiellini.

Da una parte quelli – Pd in primis – che sembra non aspettassero altro che un inciampo del nuovo governo e che sono pronti a festeggiare le tensioni tra Roma e Parigi perché dimostrerebbero l’incapacità di Meloni di dirigere il Paese; dall’altra chi pensa stiamo assestando un bello schiaffone a quegli antipatici “mangiarane” dei cugini d’Oltralpe – tutta la destra, con l’eccezione Berlusconi che fa trapelare al pubblico le critiche a Meloni esposte in cene private – e ne gode forse più ancora che per il famoso rigore di Grosso: finalmente, pare, stiamo spezzando le reni ai francesi.

Il racconto del potere mediatico in molti casi si esaurisce qui. Facendo sparire il soggetto che è diventato oggetto del braccio di ferro: le persone migranti, utilizzate come carne da cannone dai diversi nazionalismi. Perché, come per ogni guerra, anche per questa “guerra diplomatica” le vittime sono sempre le stesse: la povera gente.

Il governo Meloni non ha perso tempo per mettere in campo azioni “disumane”. Ma è altrettanto vero che Macron è l’ultimo a poter dare lezioni. La Francia ha non solo un passato, ma un presente di Paese colonialista, che depreda i popoli africani delle proprie risorse. Basta chiedere dalle parti di Mali o Burkina Faso, sempre più insofferenti al colonialismo di Parigi. Un colonialismo che assume non solo il volto dei meccanismi di spoliazione finanziaria, ma anche quello assai più visibile degli stivali militari presenti sul terreno, a tutela degli investimenti delle grandi imprese francesi.

Macron a più riprese ha affermato di voler garantire l’ordine (chiaramente il proprio), ma la verità è che il colonialismo è una delle principali cause del disordine. Producendo sfruttamento, povertà, carestie, guerre, è alla base delle ragioni profonde delle migrazioni. È su queste che si deve intervenire se si vuole davvero affrontare la questione.

“Aiutiamoli a casa loro”, si sente spesso dire da esponenti della destra. Giusto. Si potrebbe cominciare dal rivendicare che Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale cancellino i debiti dei Paesi africani e interrompano l’imposizione dei famigerati piani di aggiustamento strutturale, che “aggiustano” solo gli interessi dei grandi creditori mentre devastano ancor di più le vite dei popoli. Le destre al governo sono mute al riguardo. Esattamente come i “migliori” che le hanno precedute. Esattamente come il centro-sinistra. Non può volare una mosca dalle parti della Troika

In un discorso di qualche anno fa, diventato virale in queste ore, la stessa Meloni affermava che bisognava “liberare l’Africa da certi europei”, intendendo proprio i francesi. Giusto, visto il saccheggio del continente. Ma non sono solo i francesi ad esserne responsabili.

A Boudjour, nel Sahara Occidentale occupato dal Regno del Marocco, Enel sta costruendo impianti eolici senza alcun consenso da parte del popolo saharawi. Questo permette a Rabat di mantenere una presenza militare nei territori occupati e che appartengono al popolo saharawi. Vogliamo liberare l’Africa dall’oppressione di “certi europei” anche quando si presentano col tricolore di Roma? Evidentemente per Meloni & co. il problema non è il saccheggio, ma il colore della bandiera del colonialista di turno. Cattivo se francese, civilizzatore se italiano.

In merito alla crisi dell’ultima settimana, sempre Meloni ha dichiarato: “Isolare l’Italia non sarebbe intelligente, spero che non accada. Si isolino invece gli scafisti”. Giusto, ancora una volta. Ma chi è il principale sponsor di questi trafficanti? Quella Libia che oggi è un vero e proprio “stato fallito”. Il disastro non è però dovuto né a un’infausta Provvidenza né tantomeno a una presunta tara della popolazione libica; si deve alla guerra del 2011, voluta dagli Usa con l’Italia dell’allora Berlusconi IV, di cui era ministra anche Giorgia Meloni, che si unì all’aggressione contro Tripoli. Addirittura l’attuale Presidente del Senato La Russa si vantava di aver convinto all’avventura bellica un inizialmente recalcitrante Berlusconi. Perché è facile fare la voce grossa con chi sta su un barcone; ma con i padroni a stelle e strisce i sovranisti si mostrano per quello che sono: maggiordomi.

E il capolavoro è proseguito col memorandum Italia-Libia del 2017 (governo Gentiloni-Pd) che ha prodotto il respingimento in Libia di ben 100mila persone migranti dal 2017 al 2022. Donne, uomini, minori, bambini, respinti indietro verso l’inferno dei campi libici, dove le testimonianze sono unanimi nel raccontare un abisso di crimini, torture, stupri, morte. Alla faccia della Libia “porto sicuro”…

In questi 5 anni l’Italia ha concesso all’ex “scatolone di sabbia” aiuti per un miliardo di euro. Soldi che vanno anche a quella Guardia Costiera Libica, considerata da più parti – Oxfam, Sea Watch, Amnesty, ecc. – colpevole di attività criminali. Se Meloni avesse davvero voluto isolare gli scafisti non avrebbe permesso il rinnovo automatico del memorandum Italia-Libia, scattato il 4 novembre. E avrebbe lavorato a corridoi umanitari e a vie legali d’accesso. Invece niente.

I nazionalismi giocano a suon di dichiarazioni, interviste, tweet. Il potere mediatico costruisce una cronaca dalla quale spariscono coloro che dovrebbero essere al centro: le persone migranti. Di soluzioni, di breve periodo e/o strutturali, nemmeno l’ombra. Meglio criminalizzare chi salva vite, su qualunque confine lo faccia.

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