Prorogare ciò che per legge sarebbe dovuto terminare naturalmente tra un mese e mezzo, azzoppare in anticipo di un anno ciò che era destinato a durare fino a fine 2023. Nell’era di Giorgia Meloni, il Superbonus fa un passo avanti e uno indietro: avanti le unifamiliari (o villette), indietro tutta condomini e affini. Sembra questa, al momento, “l’adeguata fase transitoria per evitare di ingarbugliare ulteriormente una situazione di per sé ingarbugliata” che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva promesso alla Camera mercoledì 9 novembre, assicurando che il governo è “ampiamente disponibile per una riflessione comune sul Superbonus”.

Neanche 24 ore e la detrazione fiscale più tormentata d’Italia è comparsa a sorpresa nel Dl Aiuti Quater che il governo ha varato nella serata del 10 novembre, nonostante le polemiche che hanno seguito le indiscrezioni confermate per sommi capi in nottata. Che a prima vista parlano di una mossa del cavallo: l’agevolazione per la riqualificazione energetica della case unifamiliari, che in origine sarebbe dovuta terminare a giugno di quest’anno ed era già stata già prorogata fino alla fine del 2022, va avanti anche nel 2023. A pieno regime al 110% fino al 30 marzo, se il 30% dei lavori era stato eseguito entro il 30 settembre scorso, cioè il termine già previsto per godere del beneficio fino a fine 2022. Chi è partito dopo, invece, può approfittare di un’inaspettata detrazione del 90% per tutto il 2023, ma soltanto se risponde a determinati parametri (prima casa e Isee sotto i 15mila euro).

Nessuna condizione di favore, invece, per i condomini e gli altri edifici plurifamiliari che pure fanno un passo indietro, nonostante la norma prevedesse per la categoria la detraibilità al 110% anche per tutto il 2023, senza soglie di lavori da raggiungere a scadenze intermedie. Per loro, con un preavviso di meno di due mesi, il primo gennaio si scende dal 110 al 90% di detrazione senza passare dal via. Con buona pace degli stanziamenti di spesa varati dalle assemblee di condominio, dei prestiti stipulati con le banche e delle fatture che le imprese e i general contractor si sono già impegnati a scontare. Insomma un cul de sac o una vera e propria trappola per chi ha firmato dei contratti.

Incluse le banche, che hanno in corso operazioni pluriennali in cui si sono impegnate ad acquistare i crediti derivanti dalle ristrutturazioni del cliente a un determinato prezzo, senza vincoli per il 2023 dato che non erano previsti, mentre per le villette sì. Parliamo di miliardi di euro e di una norma che rischia di azzerare una bella fetta di guadagni per gli istituti che hanno giocato la partita Superbonus e che prima o poi saranno chiamati ad aiutare il Paese su altri tavoli, come spesso accade.

Insomma, non è esattamente la “misura straordinaria” che chiedevano a gran voce banche e costruttori, che insieme a famiglie e artigiani nel Superbonus sono impantanati fino al collo. Proprio il 10 novembre Abi e Ance avevano scritto al governo una lettera “per richiamare l’attenzione sulla gravità della situazione nella quale si trovano, oramai da mesi, migliaia di cittadini e imprese che hanno fatto affidamento su misure di incentivazione indirizzate verso l’efficientamento energetico e sismico nonché per altre attività connesse al nostro patrimonio immobiliare”. Perfino il Pd si è occupato della questione con il Senatore Nicola Irto che, a proposito del blocco del mercato dei crediti fiscali da 110%, ha parlato di “palese criticità che si riverbera su tutto il sistema produttivo di settore e sulle famiglie ed è prevedibile una pericolosa fase di stallo” e ha preannunciato un’interpellanza in merito a Giorgetti.

Dopo la notizia della nuova norma, poi, dagli artigiani della Cna e dai costruttori dell’Ance sono arrivate parole come “sconforto” e “inaccettabile”. Federcostruzioni fa notare che “si tratterebbe tra l’altro di una modifica in corso, senza prevedere un regime transitorio, che getterebbe definitivamente il mercato nel caos con centinaia di famiglie e imprese gravemente danneggiate”. Il presidente del gruppo M5S alla Camera, Francesco Silvestri, parla di “spregio di tutte le aspettative e degli investimenti di famiglie e imprese”, mentre il suo vice, Agostino Santillo, sostiene che il governo “viene meno a un patto sottoscritto dallo Stato con cittadini e imprese”.

Reazioni prevedibili, tanto quanto quelle di Forza Italia che però si dovrebbe trovare dall’altra parte della barricata. Il capogruppo forzista alla Camera, Alessandro Cattaneo, nel pomeriggio ha chiesto che famiglie e imprese siano “al primo posto e, a questo scopo, occorre avviare subito un dialogo in maggioranza. Gli impegni presi dallo Stato vanno rispettati, i problemi come i crediti fiscali pendenti si devono risolvere, le modifiche per il futuro vanno condivise”. In serata, poi, ha dichiarato all’Adnkronos che non c’è “nessuna irritazione da parte nostra”, ma gli impegni con gli imprenditori “vanno mantenuti: niente retroattività“.

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“Il superbonus ha causato problemi e un buco di 38 miliardi, il beneficio andava a redditi alti”: Meloni attacca la misura introdotta dal Conte II

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