Avevo già letto tempo addietro di Neom. Neom è la punta di diamante del programma “Vision 2030” dell’Arabia Saudita, un’iniziativa che mira a rivoluzionare l’economia locale in modo che questa sia meno dipendente dal petrolio e che ha il suo fulcro in “La Linea”, un complesso, affacciato sul nord del Mar Rosso, costituito da due grattacieli specchiati alti 488 metri che correranno parallelamente per 120 chilometri, ospitanti, o meglio, in grado di ospitare cinque milioni di persone: un’opera faraonica con un costo preventivato complessivamente in un trilione di dollari. Anche se forse sarebbe meglio usare il condizionale anziché l’indicativo.

Comunque sia, il progetto sta andando avanti e all’interno del progetto la prima realizzazione saranno le infrastrutture atte ad ospitare i Giochi Invernali Asiatici del 2029, che si terranno a Trojena, un’area di Neom “dove le temperature invernali scenderanno sotto lo zero e le temperature si manterranno per tutto l’anno 10 gradi sotto il resto della regione. Il completamento del progetto è previsto per il 2026, e a Trojena si potrà sciare tutto l’anno; ci saranno inoltre un lago artificiale d’acqua dolce, vari chalet, ville e hotel ultra-lusso e la città sarà circondata da una riserva naturale con fiori, alberi e animali al servizio del turismo ecosostenibile”.

E qui il tempo indicativo futuro ci sta, visto che nella giornata di martedì 4 ottobre il Consiglio Olimpico dell’Asia (OCA) riunitosi a Phnom Penh, in Cambogia, ha decretato all’unanimità l’Arabia Saudita come Paese ospitante l’edizione 2029 dei Giochi Asiatici Invernali. È ovvio che a Trojena oggi come oggi non c’è nulla, o meglio, c’è quello che è naturale che ci sia: il deserto. E ovviamente non c’è neppure la neve, che compare in modo sporadico durante la stagione invernale. Ma l’Arabia Saudita prevede che neve ci sarà, ovviamente artificiale, e anzi si potrà sciare tutto l’anno. La decisione appare talmente assurda che persino autorevoli voci ufficiali occidentali si sono mosse contro il progetto.

Così la Francia, così il commissario europeo all’ambiente, Virginijus Sinkevicius, che ha definito in un tweet la scelta di organizzare i Giochi in Arabia Saudita “qualcosa di fondamentalmente sbagliato”, aggiungendo che “se vogliamo essere seri nel ridurre il nostro impatto su questo pianeta dobbiamo iniziare facendo scelte consapevoli che rispettino la natura e il clima”. E il famoso skyrunner spagnolo Kilian Jornet ha tenuto ad evidenziare lapidariamente che si tratta di una decisione guidata dal vile denaro, “o sono geni e sanno che nel 2029 non ci sarà più neve da nessuna parte, per cui si potrà sciare solo sulla sabbia.”

Io dico: giusto scagliarsi contro un progetto faraonico ed energivoro come questo (resta tra l’altro da vedere come si possa creare neve artificiale con il cambiamento climatico in atto, visto che persino sulle Alpi si ha sempre più difficoltà), ma perché le stesse critiche non sono state mosse in precedenza alla Cina, che sotto l’egida del Cio (Comitato Olimpico Internazionale) ha creato dal nulla il comprensorio sciistico di Xiaohaituo (“affidati al cuore”), sul monte Yanqing, dove si sono svolte le gare di sci delle scorse olimpiadi invernali di Pechino? Un comprensorio che è stato creato anch’esso dal nulla e al nulla è ritornato, visto che la stazione sciistica è stata abbandonata (e già era previsto) a causa degli alti costi di gestione.

E perché niente si è detto a suo tempo contro la candidatura del Qatar ad ospitare i prossimi campionati mondiali di calcio? Con i campi inglobati dentro stadi nuovi alimentati con aria condizionata? E con i “danni collaterali” di più di 6500 morti provenienti da altre nazioni impiegati nelle costruzioni? Per non parlare della corruzione nell’assegnazione dei giochi: due pesi e due misure, quasi sicuramente dettate da valutazioni politiche. E comunque resta il dato di fondo che purtroppo parlare di transizione energetica è solo dare aria alla bocca.

Il gigantismo domina dappertutto nel mondo, anche quello più stupido e assurdo delle grandi manifestazioni. E la Terra diventa sempre più inabitabile, per noi e per le altre specie.

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