Com’era prevedibile, l’occasione mediatica offerta dal caso del Grande Fratello Vip di parlare di salute mentale è andata sprecata. Non si può certo farne una colpa a una trasmissione di intrattenimento non adeguata, come contesto, a organizzare un momento qualificato di approfondimento con operatori e associazioni del settore: ne avrebbe sofferto forse il sacro share, ma non è detto vista la sensibilità crescente per l’argomento.

Sono molte più di quanto si credano le persone che soffrono sulla loro pelle il disagio mentale e ancora di più coloro che hanno un familiare o un conoscente che vive una fragilità. Altre trasmissioni televisive avrebbero potuto dare spazio all’argomento trattandolo con il dovuto rispetto e professionalità che la situazione attuale, con significativi incrementi della diffusione dei disturbi, merita. Lo stigma sulla Salute Mentale si manifesta anche così, ignorandola. Si è sentito dire sugli schermi televisivi che la depressione è uno stato d’animo e non una malattia (alimentando fra l’altro lo stigma sulla condizione del malato), che i disturbi d’ansia e panico sono stati passeggeri, che si affrontano con forza d’animo e tante altre superficialità degne dei salotti mattutini e pomeridiani frequentati dai tuttologi del nulla.

Nell’attesa che il mondo del giornalismo si attrezzi e punti un faro su un problema sociosanitario che, piaccia o meno, impatta anche sul lavoro (che dovrà fare i conti prima o poi con lo stress che porta al fenomeno del burnout), il mondo della Salute Mentale territoriale (fatto di Istituzioni sanitarie, cooperative sociali, associazioni di familiari e utenti) si è attrezzato per rendere il 10 ottobre, giornata mondiale della Salute Mentale, non solo una delle tante ricorrenze sul calendario, ma una data in cui affrontare in modo concreto il tema.

A Bologna, su impulso del nuovo direttore del Dipartimento di Salute Mentale-Dipendenze Patologiche dell’AUSL, dottor Fabio Lucchi (in collaborazione con Università di Bologna Alma Mater Studiorum e Città Metropolitana) si è andati oltre la singola data organizzando sul territorio metropolitano, nelle prime due settimane di ottobre, una serie di tavoli aperti sui temi considerati più urgenti. Fra associazioni, cooperative, istituzioni, utenti dei Centri di Salute Mentale e cittadini si è discusso di necessità primarie come l’inclusione lavorativa e il diritto alla casa per le persone con disturbi mentali. Si è parlato dell’inadeguatezza delle pensioni di invalidità, largamente insufficienti per consentire una vita autonoma, seppure sobria se non “francescana”, e di tante altre situazioni in cui la persona affetta da fragilità mentali viene lasciata indietro, costretta in una qualità della vita spesso talmente bassa da coincidere con una povertà assoluta, non solo economica ma anche di relazione.

Se si dovesse fare una sintesi, si è cercato, attraverso il dialogo fra realtà che si occupano dello stesso argomento da punti di vista diversi, di trovare se non soluzioni almeno suggerimenti per tentare di includere nella società chi vive in condizione di emarginazione. La presentazione dei risultati di questi 33 tavoli di conversazione ai quali hanno partecipato più di 700 cittadini si terrà venerdì 14 ottobre, dalle 16 e 30 alle 19, a Bologna, in piazza Lucio Dalla. Questo incontro è intitolato, in modo significativo ‘Perché ci vuole una città’; nel senso che per analizzare, discutere, comprendere l’importanza della Salute Mentale è necessario il coinvolgimento di tutta la comunità. Nessuno deve sentirsi escluso.

Alle tante e tanti che hanno voluto manifestare attraverso i social la loro vicinanza al concorrente con disturbi mentali Marco Bellavia, escluso dalla comunità esclusiva ed escludente della casa del Grande Fratello, l’invito a partecipare diventa quasi obbligo. Per uscire dal rettangolo televisivo e conoscere di persona il complesso mondo della Salute Mentale in quella che si profila come una kermesse fatta anche di arte, musica e tante, tante riflessioni non solo qualificate ma emotivamente coinvolgenti.

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