di Enza Plotino

Chi l’avrebbe mai detto! Ritrovarsi come mosche bianche a dover riprendere la lotta ai guerrafondai e all’uso della forza in nome di un grande inganno: l’esistenza di una guerra umanitaria! Quello a cui stiamo assistendo oggi è un conflitto in nome del diritto alla resistenza contro un invasore, che sta però, malamente degenerando in una guerra totale e noi tutti occidentali, come fossimo in un campo di calcio, a tifare per l’una o l’altra squadra, a proporre strategie, a mandare armi, a “giocare” alla guerra come abbiamo per anni fatto solo sui videogames.

Ma non siamo davanti ad un videogame e quando ci sveglieremo troveremo intorno a noi solo macerie. Troveremo soprattutto la disfatta di una cultura democratica e pacifista che abbiamo costruito con anni di lotta e di protesta e che aveva iniziato a declinare in forme di mediazione e diplomazia la risoluzione delle violazioni dei diritti e delle libertà democratiche.

Anche oggi, come si faceva ieri senza ritegno, si utilizza un argomento retorico per giustificare l’escalation dell’intervento armato in Ucraina: esportare la democrazia nella Russia di Putin, una pretesa politicamente ambigua e storicamente ingenua. Anziché esportare il ripudio alla guerra, che avrebbe dovuto impedire il coinvolgimento dei Paesi occidentali nel conflitto armato, il pacifismo e la solidarietà, abbiamo abbracciato la “guerra di conquista” dell’Alleanza atlantica, capitanata dall’America di Biden.

L’obiezione, a tutti coloro (compresa la sottoscritta) che contestano l’uso della forza, in ragione di principi umanitari e di logica militare, per gestire le controversie tra Stati, è sempre la stessa: non lasciare troppo spazio all’arroganza di sovrani che sono restii ad accettare le ragioni dei diritti umani ma che, anzi, costruiscono il loro potere assoluto proprio sulla violazione di questi. Solo che, nei momenti di crisi mondiale, così come sta avvenendo oggi, questo giusto richiamo al realismo dei rapporti di forza, avrebbe dovuto portare ad un affidamento totale alla diplomazia di pace e alle organizzazioni internazionali delegate a dirimere le controversie e i conflitti tra Stati sovrani e non verso un film già abbondantemente visto: la vittoria del più forte e regimi che crollano sotto le insegne vincitrici di una democrazia occidentale che si sfigura man mano.

Per l’Occidente, e per tutti noi si sta aprendo un capitolo nuovo. Una frattura che non si ricomporrà facilmente. Nessuno Stato uscirà indenne da questa guerra. E si salverà da questa guerra! L’abbiamo visto troppe volte: nessuno si salva, né vinti, né tantomeno vincitori. Iraq, Afghanistan, Libia ecc. ecc. Macerie, popoli decimati, diritti calpestati. Dove è andato meglio, riaffermazione dei poteri assoluti, dove è andato peggio, disgregazione totale di Stati sovrani e presa del potere di faide tribali.

Tocca fermarsi. E trasformare un conflitto totale in una occasione politica. E tocca alla sinistra europea, a quell’area pacifista e per la pace, costruire un “corridoio umanitario”, rilanciare i rapporti diplomatici tra gli Stati Uniti e la Russia, indicare un’altra strada, non aggressiva e distruttiva, ma dialogante e propositiva. Se c’è questa Europa, se c’è una parte di classe politica che non si sia svenduta alle ragioni della guerra, si faccia avanti per dettare un’agenda di pace che depotenzi la carica assolutistica di Putin e smorzi l’unilateralismo aggressivo americano.

C’è stata oggi come ieri, la messa al bando del pacifismo in nome di una opinione pubblica inventata dai mezzi di informazione di massa, più incline alla guerra e ignara delle possibili conseguenze nucleari. In realtà sono stati bellamente ignorati, dagli stessi mezzi di informazione, i sondaggi che davano un quadro molto diverso del sentiment degli italiani, impaurito, piuttosto che favorevole al conflitto e non contento per il coinvolgimento dell’Europa, il riarmo e l’invio di armi all’Ucraina. Tocca fermarsi, dunque.

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