Sono state molestate, palpeggiate, abusate. Sono state obbligate a parlare del proprio orientamento sessuale, a incassare commenti sul proprio corpo, a subire avances sguaiate, ad accettare violenza psicologica. E, in alcuni casi, ad allacciare relazioni sessuali con i loro allenatori. È andata avanti così per anni. Con i vertici dei club che sapevano perfettamente cosa stava succedendo ma che hanno deciso di non intervenire. O, peggio ancora, di coprire i responsabili. Il calcio femminile a stelle e strisce sta vivendo uno dei momenti più bui della sua giovane storia. Perché nei giorni scorsi è stata pubblicata un’inchiesta commissionata dalla US Soccer Federation e portata avanti per quasi un anno dalla procuratrice generale Sally Q. Yeats.

Il risultato è condensato in un documento di più di trecento pagine che fa male come un pugno allo stomaco. Tutto è partito da un articolo pubblicato nel settembre del 2021 da The Athletic, con un titolo piuttosto esplicito: “Questo ragazzo ha uno schema: in mezzo a un fallimento istituzionale, delle ex giocatrici della NWSL accusano un importante allenatore di coercizione sessuale“. Il protagonista della vicenda è Paul Riley, uno dei tecnici più vincenti della storia della Lega che si è lasciato alle spalle una scia di distruzione emotiva. Da lì le indagini si solo allargate fino a rivelare la natura perversa di “un torneo dove gli abusi verbali e psicologici e la cattiva condotta sessuale erano diventati sistemici, coinvolgendo più squadre, allenatori e vittime”. Così le testimonianze di oltre duecento fra calciatrici, allenatori e dirigenti, le chat, i messaggi e le email sono diventati i tasselli di un mosaico a tinte cupe che mostra come società, Lega e Federazione “non solo hanno ripetutamente fallito nel rispondere in modo appropriato alle denunce e alle prove di abuso presentate dalle giocatrici, ma non hanno nemmeno adottato le misure minime per prevenire e affrontare il problema”.

Ed è proprio grazie a questa consapevole assenza che i molestatori hanno potuto agire indisturbati. Anzi, gli allenatori che hanno perpetrato condotte scorrette sono passati da una società all’altra con pubblici ringraziamenti e referenze positive da parte dei club, “che minimizzavano o addirittura nascondevano i loro comportamenti, mentre le figure della NWSL e della USSF che potevano correggere la situazione sono rimaste in silenzio”. Dopo l’articolo del Guardian le indagini si sono concentrate su Paul Riley, uno dei santoni del calcio femminile statunitense che fino al settembre del 2021 veniva percepito come “invincibile”. Le sue attenzioni verso le giocatrici, però, sono diventate presto un problema. Meleana Shim, che è stata allenata da Riley ai Portland Thorns FC, è stata una delle prime calciatrici a uscire allo scoperto. E il suo racconto è ricco di dettagli tetri. Secondo Shim le attenzioni dell’allenatore nei suoi confronti sono cambiate intorno al 2015. Mentre prima Riley si sarebbe lasciato andare a commenti sgradevoli sul suo peso e sul suo fisico, da quel momento in poi il coach avrebbe iniziato a farle dei complimenti sempre più espliciti. Poi avrebbe iniziato scambiare i posti sull’aereo per potersi sedere vicino a lei, a mandarle messaggi, a invitarla nel suo ufficio per un caffè. Poco a poco questi incontri avrebbero cominciato a tenersi nell’appartamento di Riley. E sempre più verso il cuore della notte.

Una sera l’allenatore avrebbe chiesto a Meleana di cenare insieme, ma quell’incontro sarebbe stato “molto più simile a un appuntamento che a una cena con il proprio allenatore”, con il coach che avrebbe ordinato per lei, le avrebbe versato il vino e non avrebbe mai neanche sfiorato l’argomento “soccer”. Poco dopo Riley le avrebbe detto di voler tornare a casa insieme e, di fronte al rifiuto della sua giocatrice, sarebbe diventato freddo e distaccato. Almeno fino a quando Shim non ha ripreso a chattare con lui. Le compagne di squadra hanno riferito che Riley sembrava “ossessionato dall’orientamento sessuale di Meleana e dal fatto che lei frequentasse delle donne”. Ogni volta che camminava nello spogliatoio, Riley le rivolgeva frasi come “non puoi farmi questo, non puoi uscire con delle ragazze”, fino a quando una volta non le avrebbe apertamente dichiarato il suo desiderio di avere dei rapporti sessuali con lei. In un’altra occasione Riley avrebbe invitato nel suo appartamento Shim e la sua compagna di stanza, Sinead Farrely, e avrebbe indotto le due ragazze a baciarsi davanti a lui garantendo che in quel modo la squadra si sarebbe salvata da “un’esercitazione suicida” il giorno successivo. Poco a poco Shim ha cominciato ad accusare dei leggeri stati d’ansia. “Non mi sentivo al sicuro – ha raccontato – Non mi piaceva giocare. Ero in una brutta situazione”.

Fino a quando, il 5 luglio del 2015, non ha mandato a Riley una mail con il suo indirizzo di posta elettronica dei Portland Thorns dove specificava di sentirsi a disagio per i comportamenti dell’allenatore, di aver paura che questo stato d’animo potesse intaccare il suo modo di giocare e di considerare la sua carriera e la sua relazione con un’altra persona le due priorità della sua vita. La risposta del coach è stata singolare. Prima ha cancellato l’email, poi ha aperto il cestino e l’ha eliminata definitivamente. Ma le testimonianze sono praticamente sterminate. Altre giocatrici hanno dichiarato di aver visto Riley ballare e palpeggiare una di loro, mentre secondo la procuratrice generale l’uomo avrebbe sfruttato sua posizione di allenatore capo dei Philadelphia Independence per costringere Sinead Farrelly e altre due giocatrici ad avere rapporti sessuali con lui. Quello di Paul Riley, che nel 2021 ha respinto al mittente tutte le accuse, non è stato però un caso isolato. Dalle indagini emerge la condotta piuttosto singolare anche di Rory Dames, ex allenatore delle Chicago Red Stars. Secondo alcune testimonianze il coach era solito lasciarsi andare a delle sfuriate contro le sue giocatrici che venivano chiamate “fiche”, “puttane”, “culi grassi” e “ritardate”. Lo spogliatoio era diventato “estremamente sessualizzato”, con Dames che parlava apertamente di sesso orale e petting, “domandava massaggi” alle sue calciatrici, discuteva con altri allenatori del fatto che in alcuni stati l’età per il consenso ai rapporti sessuali era più bassa che in altri. Senza contare che ai tempi dell’Eclipse Dames era riuscito ad allacciare delle relazioni sessuali con alcune giocatrici.

Subito dopo l’uscita dell’articolo sul Guardian, invece, le Red Stars hanno ingaggiato uno psicologo per intervistare in forma anonima ogni giocatrice del club che aveva avuto a che fare con lui. E il rapporto ha evidenziato come l’allenatore fosse riuscito a instaurare una cultura della paura nella sua squadra. Un altro protagonista dell’inchiesta è Christy Holly, che durante la sua permanenza in carica come allenatore del Racing Lousville ha iniziato ad abusare verbalmente e psicologicamente delle sue giocatrici e ha intrapreso una relazione con un membro dello staff che ha finito col generare problemi. Holly, però, è riuscito anche a costringere una giocatrice, Erin Simon, ad avere dei rapporti sessuali con lui. L’incubo è diventato giorno dopo giorno più pesante. Prima l’allenatore ha inviato foto e messaggi sessualmente espliciti alla sua giocatrice chiedendole di fare lo stesso. Poi l’ha invitata a casa sua per guardare insieme il filmato di una partita. Solo che al posto degli highlights del match Erin Simon era stata costretta a vedere un film porno. Il momento più buio è arrivato il 21 aprile 2021, quando Holly ha preteso che la ragazza partecipasse a un’altra seduta video.

Stavolta però sullo schermo del computer dell’allenatore giravano davvero le immagini di una partita. Ed è proprio questo il problema. Il coach ha detto alla sua giocatrice: “Ti toccherò per ogni passaggio che hai sbagliato”. Ed è stato di parola. La Simon, infatti, ha raccontato che Holly le aveva ripetutamente palpeggiato i seni e aveva provato a infilarle una mano nei pantaloni. Il Racing Louisville ha licenziato Holly per giusta causa, ma si è rifiutato di spiegare i motivi dell’allontanamento del coach (e di fornire qualsiasi informazione all’indagine condotta dalla Yates). Questo significa che nessun altro club interessato ad affidare un lavoro ad Holly avrebbe avuto gli strumenti necessari per capire il pericolo a cui andava incontro. La tendenza a sottostimare il problema e a lasciare impunito il comportamento errato di alcuni allenatori sembra essere il filo rosso che tiene insieme tutta l’indagine. E non è un caso che alla fine del 2021 ben cinque delle dieci squadre che compongono la Lega si siano separate dai propri allenatori a causa delle denunce sporte dalle calciatrici. Un fallimento collettivo che ha fatto vivere in una situazione di disagio psicologico decine di ragazze. E ora, finalmente, qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di quello che è successo.

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