Il governo britannico ha abbandonato i piani per tagliare le tasse ai ricchi. La mossa faceva parte di un pacchetto di tagli non finanziati che hanno scatenato turbolenze sui mercati finanziari e portato la sterlina ai minimi storici. Il ministro del Tesoro Kwasi Kwarteng ha dichiarato che non avrebbe cancellato l’aliquota superiore del 45% dell’imposta sul reddito pagata su guadagni superiori a 150.000 sterline all’anno. “Abbiamo capito e ascoltato”, ha scritto su Twitter la premier britannica Liz Truss riprendendo le parole del ministro.

Secondo Truss, la misura “era diventata una distrazione dalla nostra missione di far muovere” la Gran Bretagna. “Il nostro obiettivo ora è costruire un’economia ad alta crescita che finanzi servizi pubblici di livello mondiale, aumenti i salari e crei opportunità in tutto il Paese”, ha aggiunto. Il taglio dell’imposta sul reddito per la fascia più alta, che sarebbe stata ridotta dal 45% al 40%, è stata oggetto di aspre polemiche, in quanto accusato di favorire i più abbienti nel bel mezzo della crisi del costo della vita nel Regno Unito.

Sono stati annunciati anche altri tagli fiscali, tra cui l’abolizione degli aumenti dell’imposta sulle società e dei contributi sociali nonché la sospensione dei prelievi ambientali. L’intero piano, stimato dagli economisti tra i 100 e i 200 miliardi di sterline ma il cui finanziamento e impatto economico non sono stati completamente quantificati, ha gettato i mercati finanziari in subbuglio. La sterlina è crollata ai minimi storici e i tassi di indebitamento del governo britannico sono saliti ai massimi livelli dalla crisi del 2009, minacciando la stabilità finanziaria del Paese.

Una situazione che aveva costretto la Bank of England a un intervento da 65 miliardi di sterline per comprare bond. Da giorni Truss era finita nella bufera, anche politica, sotto la spinta anche del rischio crack di alcuni fondi pensione. All’apertura della conferenza del Partito Conservatore in corso a Birmingham, anche a causa di sondaggi disastrosi per il partito, la decisione della marcia indietro al termine di una nottata di vertici con Kwarteng.

Nessuno infatti si aspettava misure così estreme come quelle svelate lo scorso 23 settembre dal cancelliere dello Scacchiere e il taglio delle tasse alle fasce più alte, aveva dichiarato la stessa Truss, non era stato discusso a fondo con i membri del suo governo. Di lì a poco una valanga di reazioni: la deputata conservatrice Nadine Dorries aveva accusato Truss di scaricare le responsabilità sul cancelliere dello scacchiere e nel primo giorno del congresso del partito. Michael Gove (veterano e influente conservatore) anche lui in tv, non aveva poi fatto mistero dell’inquietudine per il corso preso auspicando – se non proprio chiedendo – un rapido cambiamento di rotta. A seguire nomi su nomi del fronte Tory avevano lanciato l’allarme. E i recenti sondaggi sul partito laburista all’opposizione mostravano picchi di consenso del 54% contro il 21% dei Tory e un distacco quindi di 33 punti che faceva tornare alla mente numeri da anni Novanta, anni d’oro del Labour guidato da Tony Blair.

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