Le catastrofiche inondazioni che hanno colpito il Pakistan, devastando le aree rurali ed uccidendo almeno millecinquecento persone, hanno minato il sistema produttivo del Paese. Ottocentomila capi di bestiame sono stati travolti dai flussi d’acqua e hanno perso la vita, il settanta per cento delle coltivazioni di cipolle, frumento e riso è andato distrutto, le infrastrutture chiave come strade e ferrovie sono state cancellate nelle popolose regioni centro meridionali ed il tasso d’inflazione, che prima del disastro aveva toccato il 24 per cento, ha già superato il 500 per cento per alcune categorie di beni. Il settore agricolo contribuisce alla formazione del 25 per cento del prodotto interno lordo pakistano ed il suo collasso provocherà una forte recessione, una grave penuria di prodotti alimentari sul mercato interno e la loro mancata esportazione verso l’estero. Le inondazioni, come confermato da uno studio scientifico citato dalla National Public Radio statunitense, sono chiaramente legate al surriscaldamento climatico e le province che sono state colpite più duramente hanno sperimentato un volume di precipitazioni otto volte maggiore rispetto a quello abitualmente atteso nel mese di agosto, che è anche stato il più piovoso dal 1961 ad oggi. Il cambiamento climatico non è stato però l’unico fattore scatenante, dato che milioni di pakistani vivono in zone soggette ad inondazioni dove i sistemi di drenaggio sono carenti ed antiquati. Il loro ammodernamento, unito al rinforzo di ponti e strade, potrebbe prevenire danni catastrofici in futuro.

Il primo ministro Shehbaz Sharif ha chiesto a tutti i paesi del mondo di aiutare quanto più possibile il Pakistan perché “ci sono discrepanze”, come ricordato dal Wall Street Journal, tra quanto è stato promesso e quanto è stato ricevuto. Le autorità hanno reso noto di aver bisogno di un miliardo di dollari solamente per erogare gli aiuti più urgenti. Il ministro delle Finanze Miftah Ismail ha ventilato l’ipotesi di autorizzare il commercio di vegetali con la rivale India mentre Sharif ha reso noto di avere aperto colloqui con la Russia per importare grano da Mosca evitando, però, di violare le sanzioni occidentali imposte in seguito all’invasione dell’Ucraina. “Abbiamo ricevuto un’offerta da parte loro e stiamo negoziando” ha dichiarato Sharif, per poi concludere affermando che “abbiamo bisogno di nutrire la nostra popolazione”. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan Islamabad, secondo quanto riferito da un’analisi di The Diplomat, ha ritenuto che la Russia potesse fornire la migliore tutela ai suoi interessi in Asia Centrale e Meridionale. Il Pakistan ha apprezzato che la Russia abbia mediato nel Nagorno-Karabakh ed anche l’intervento delle forze guidate dal Cremlino in Kazakhstan per garantire la sopravvivenza del governo in carica. Questi due eventi hanno fornito forti evidenze sul fatto che la Russia sia il garante della sicurezza dell’Eurasia e che le prospettive geo-economiche del Pakistan ne possano trarre beneficio. Pakistan e Russia condividono, poi, lo stesso obiettivo in Afghanistan: la formazione di un governo inclusivo a Kabul.

La crisi può diventare, per Islamabad, un test per verificare il successo della sua più ardita scommessa di politica estera degli ultimi anni: rimpiazzare gli Stati Uniti con la Cina come principale partner internazionale. I primi dati sembrano evidenziare che questo azzardo non abbia pagato. La Cina possiede un terzo del debito estero del Pakistan, ma non ha accennato alla possibilità di cancellazioni dopo aver erogato, negli ultimi anni, una serie di prestiti. Pechino ha promesso un pacchetto di assistenza pari a 57 milioni di dollari ma questi sforzi impallidiscono di fronte a quanto fatto dagli Stati Uniti in occasione delle inondazioni del 2010, quando l’aiuto americano raggiunse gli 1.3 miliardi di dollari e rimase significativo anche nei due anni successivi. Le organizzazioni non governative cinesi non si sono dimostrate rapide e pronte ad intervenire. Cina e Pakistan hanno stretto i rapporti diplomatici nel 1951 e da allora hanno instaurato un rapporto stretto e reciprocamente vantaggioso. Il Pakistan è stato una delle prime nazioni a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese nel 1950 ed è rimasto un alleato durante il periodo di isolamento internazionale di Pechino negli anni Sessanta e Settanta. La Cina ha fornito al Pakistan assistenza significativa in ambito militare e tecnico, incluso il trasferimento di tecnologia ed equipaggiamento nucleare. La fornitura di equipaggiamento militare avanzato al Pakistan da parte della Cina ha suscitato preoccupazioni a Washington e Nuova Delhi in merito alle implicazioni geostrategiche di questa partnership.

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