L’ex primo ministro pakistano Imran Khan è indagato dalle autorità con l’accusa di minaccia ad alte cariche dello Stato, nel quadro delle leggi contro il terrorismo. Le accuse arrivano dopo che Khan ha tenuto un discorso pubblico sabato 20 agosto di fronte ai suoi sostenitori a Islamabad nel quale ha accusato il capo della polizia e una magistrata di aver torturato un suo ex stretto collaboratore, Shahbaz Gill, arrestato lo scorso 10 agosto. Le stesse accuse sono state poi ripetute da Khan durante un’altra manifestazione avvenuta il giorno successivo a Rawalpindi, a 15 chilometri dalla capitale. “Il 25 maggio, quando la polizia ha perpetrato le violenze contro di noi, le autorità hanno dichiarato di aver agito secondo gli ordini dei loro superiori, il che significa che erano sotto pressione” da parte del governo “per picchiare esponenti del nostro partito”, ha detto Khan al raduno. Secondo quanto riportano i media locali, il rapporto della polizia che descrive in dettaglio le accuse contro l’ex premier e leader del partito centrista Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti) afferma che i suoi commenti equivalgono a un “tentativo deliberato e illegale di intimidire la magistratura e le forze di polizia del Paese”.

Insieme alle accuse rivolte a Khan è arrivata poi anche la censura dell’Organismo di regolamentazione dei media del Pakistan (Pemra) che ha imposto il divieto di trasmissione televisiva in diretta dei discorsi di Imran Khan con effetto immediato. Il discorso di Khan era in “violazione dell’articolo 19 della Costituzione”, ha affermato la Pemra in una nota ordinando che il suo “discorso registrato” venisse trasmesso, ma solo con un “meccanismo di ritardo efficace” per garantire il controllo editoriale. Inoltre NetBlocks, un’organizzazione di controllo che monitora la sicurezza informatica e la libertà su Internet, ha affermato che i servizi Internet nel Paese hanno bloccato l’accesso a YouTube dopo che Khan ha trasmesso un discorso dal vivo sulla piattaforma nonostante il divieto delle autorità pakistane. Asad Umar, esponente del partito di Khan, ha criticato la censura spiegando che “bandire la trasmissione televisiva dei discorsi di Imran Khan è un altro tentativo di trovare una soluzione amministrativa a un problema politico“, aggiungendo che il suo partito contesterà il divieto in tribunale. I discorsi di Khan sono risultati infatti un punto di forza per lui e per il suo partito negli ultimi mesi, diventando molto popolari tra i giovani e ottenendo record di spettatori nelle televisioni nazionali.

A Khan è stata concessa la libertà su cauzione fino a giovedì 25 agosto, giorno in cui dovrà presentarsi di fronte ad un tribunale nella capitale Islamabad. I suoi sostenitori minacciano intanto l’insurrezione in caso di arresto del loro leader. Il Pti di Khan ha pubblicato alcuni video online che mostrano i sostenitori che circondano la sua casa apparentemente per impedire alla polizia di raggiungerla. “Se Imran Khan viene arrestato prenderemo il controllo di Islamabad con il potere popolare”, ha minacciato su Twitter un ex ministro del suo governo, Ali Amin Gandapur, mentre alcuni leader del partito hanno esortato i sostenitori a prepararsi per la mobilitazione di massa. In una dichiarazione, il Pti ha affermato che le ultime accuse contro l’ex premier sono “frivole” accusando il governo di assecondare una “mossa politicamente motivata che porta a un’ulteriore instabilità nel Paese“. Imran Khan sta infatti portando avanti da mesi una lotta politica contro il potere centrale e il governo di Shehbaz Sharif, accusando, senza fornire prove a suo carico, di essere stato deposto in un complotto guidato dagli Stati Uniti, del quale il nuovo governo sarebbe complice. Da allora Khan ha condotto una serie di manifestazioni di massa in tutto il Pakistan, cercando di fare pressione sul governo di Sharif.

Twitter: youssef_siher

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