Quest’anno, il 1 settembre, il rientro a scuola degli studenti francesi si svolgeva in un clima teso e propizio alle polemiche. Tra i problemi più urgenti, il numero insufficiente di insegnanti e la difficoltà ad assumerne dimostrata da più di 4000 cattedre rimaste vacanti al termine dei concorsi del 2022. In Francia esistono tre concorsi principali per diventare insegnante. Uno per il “primo grado”, ossia per la scuola materna e elementare, detto CRPE. Uno per il “secondo grado”, dunque per le scuole medie e i licei, detto CAPES (un concorso specifico è destinato ai licei professionali). Un terzo concorso, detto “agrégation”, è invece più complesso e selettivo e permette di insegnare nei licei, nelle “classi preparatorie” per le “Grandes Écoles”, ma anche di evolvere più facilmente diventando ad esempio professore universitario.

Tuttavia, nel sistema scolastico francese è ad oggi possibile diventare insegnante senza dover superare concorsi. In questo caso, si beneficia dello statuto di “contractuel”, meno vantaggioso rispetto a quello di insegnante di ruolo, con stipendi più bassi e che dipendono dal titolo di studio. Il loro numero è aumentato negli anni e, nel 2020, quasi 40mila insegnanti “contractuels” occupavano posti vacanti o sostituivano docenti assenti. Si tratta quindi di una variabile di adeguamento importante o addirittura indispensabile per la Francia che vive da qualche anno una vera e propria crisi di assunzioni. Quest’anno, il governo ha fatto ricorso a 3000 “contractuels” per ovviare alla penuria di insegnanti che rischiava di compromettere il rientro a scuola a settembre. Una decisione non nuova ma di più grandi proporzioni rispetto agli scorsi anni, che ha provocato polemiche riguardo alla formazione di questi docenti, in alcuni casi organizzata in tutta fretta in soli quattro giorni. I profili dei “contractuels” sono infatti eterogenei. Alcuni hanno fallito i concorsi o hanno qualche esperienza nel campo educativo. Altri, invece, vengono da tutt’altri ambiti e desiderano riconvertirsi in un mondo a loro sconosciuto. Di fronte alla difficoltà di garantire insegnanti in tutte le classi e per calmare le polemiche, il nuovo ministro dell’Educazione nazionale e della Gioventù nominato a maggio, Pap Ndiaye, ha allora annunciato, a pochi giorni dal rientro a scuola, la creazione di un concorso eccezionale ad aprile 2023 per permettere ai “contractuels” di diventare docenti di ruolo.

Ma se il sistema educativo francese è oggi in crisi e stenta ad assumere è anche a causa dello scontento del personale scolastico nei confronti della politica, incrementato dal mandato del precedente ministro, profondamente impopolare, Jean-Michel Blanquer. Tra le ragioni dello scontento vi sono innanzitutto i salari bassi e le condizioni lavorative spesso difficili, con anche più di trenta studenti in una classe di liceo. Se ad oggi un insegnante al primo anno (che non ha l’”agrégation”) guadagna 1640 euro netti al mese, il suo stipendio aumenta periodicamente nel corso della sua carriera, secondo un sistema a gradi. Gli stipendi dei docenti variano dunque in base al loro statuto (i professori “agrégés” guadagnano di più) e agli anni di carriera grazie a delle “promozioni di grado”. Inoltre, indennità e bonus sono previsti a seconda di svariati criteri, alcuni dei quali legati all’ “impegno” degli insegnanti. I docenti che accettano di insegnare in una REP (Rete di Educazione Prioritaria), un sistema in cui le scuole sono definite, tra l’altro, in base alle categorie socio-professionali più svantaggiate e ai rendimenti più bassi, percepiscono ad esempio 1734 euro lordi in più all’anno. Gli “insegnanti specializzati”, che si occupano di studenti con disturbi o handicap, percepiscono dagli 844 euro ai 2609 euro lordi in più all’anno. Dei bonus importanti sono anche previsti per chi svolge “missioni particolari” come i “riferenti digitali”, i “riferenti abbandono scolastico” o ancora i “tutori” per gli studenti del liceo. Anche altre figure beneficiano di compensi specifici, come, nel primo grado, i “maestri formatori” che partecipano alla formazione degli insegnanti o degli stagisti, e i “consulenti accademici” che si occupano dell’accompagnamento pedagogico del personale scolastico. Oppure, nelle scuole medie e nei licei, i “professori principali” che seguono da vicino gli studenti e sono i principali interlocutori delle famiglie. In un contesto di crisi del sistema scolastico, Emmanuel Macron vorrebbe spingere questo concetto ancora più lontano. A marzo, ancor prima di essere rieletto, il Presidente francese proponeva “un nuovo patto” agli insegnanti. L’aumento dei loro stipendi sarebbe così condizionato alla volontà di svolgere nuove missioni, prima tra tutte la sostituzione “sistematica” dei docenti assenti, ma anche un maggior monitoraggio degli alunni e l’aiuto per i compiti. Per i nuovi arrivati, tali missioni sarebbero obbligatorie, mentre gli altri potrebbero scegliere se accettarle o meno. Un campanello d’allarme per molti sindacati scolastici che considerano il mestiere di insegnante già sufficientemente complesso e appesantito in questi ultimi anni e che attendono dal governo aumenti salariali senza prestazioni in cambio.

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In Germania i Länder si contendono i docenti qualificati. E molti scelgono il part time. Dalla formazione agli stipendi: il sistema tedesco

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