di Mikhail Maslennikov*

Cosa tassare, quanto tassarlo, quale equilibrio cercare tra pressione fiscale ed equità redistributiva del prelievo? Le risposte a queste domande sono emblematiche di visioni politiche distinte su come suddividere tra i contribuenti l’onere di fornire allo Stato risorse indispensabili a finanziare le politiche di bilancio orientate a obiettivi di crescita, risanamento dei conti pubblici, ridistribuzione del reddito e riduzione dei divari territoriali e settoriali. Proviamo a tracciare alcuni elementi per orientare la lettura di chi voglia con il proprio voto contribuire alla costruzione di un futuro orientato a una maggiore, dal punto di vista di Oxfam, giustizia fiscale.

Ribilanciamento del prelievo contro “riduzione delle tasse per tutti”

Nel contesto italiano la quota dei redditi da lavoro sul Pil è in vistoso calo da anni e il prelievo sul lavoro supera oggi di tre volte quello su profitti, interessi e rendite. La ricomposizione complessiva del prelievo appare imprescindibile, con lo spostamento della tassazione dai redditi da lavoro ad altre basi imponibili. Evocare, come fanno quasi tutte le forze politiche, la necessità di detassare il lavoro è un passo nella giusta direzione, ma solo in pochi casi simili evocazioni sono accompagnate da proposte d’insieme sulla distribuzione complessiva dei carichi fiscali. Un esercizio reso difficile dalla potente suggestione, evocata dal centrodestra, di una generalizzata “riduzione delle tasse”, figlia di una visione che considera l’intervento pubblico in generale, e le imposte in particolare, con grande scetticismo. Una suggestione in base alla quale le imposte non possono aumentare per qualcuno, ma devono essere ridotte per tutti. Magari in deficit o con tagli a quel welfare che nel primo biennio pandemico ha mostrato la sua straordinaria funzione di tutela sociale, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione.

Rafforzamento della progressività contro flat tax

La nostra Costituzione, all’articolo 53, presta particolare attenzione al “sacrificio” che l’imposizione arreca ai cittadini, considerandolo minore per i più facoltosi, in grado di sopportare un prelievo più che proporzionalmente maggiore rispetto ai meno abbienti. E mentre per i partiti di centrosinistra la progressività del sistema fiscale a cui rimanda la carta costituzionale va rafforzata, a destra prevale una visione opposta. Le proposte di flat tax ne sono un emblema: comprimendo la progressività la “tassa piatta” incentiverebbe, secondo il centrodestra, la formazione di nuovo reddito e scoraggerebbe l’evasione. I riscontri empirici circa tali risultati attesi sono discutibili, a fronte di costi elevati per l’erario e benefici maggiori per i redditi più elevati che già oggi scontano, nel top-5%, un’aliquota media complessiva del prelievo inferiore a quella applicata alle fasce più basse della piramide sociale.

Equità fiscale contro trattamenti fiscali differenziati

L’assenza di un riferimento esplicito nella Costituzione al principio di equità orizzontale – che prevede un’uniformità del prelievo per contribuenti con le stesse capacità economiche e condizioni personali – ha purtroppo offerto negli anni ampi margini di discrezionalità al legislatore di ogni colore politico. Permettendo l’esenzione da tassazione per alcuni redditi o l’assoggettamento a tassazione separata e proporzionale di altri, come le rendite finanziarie, i redditi da locazione o quelli da lavoro autonomo. Col risultato di aver determinato forti disparità nel prelievo tra contribuenti con redditi uguali ma di natura diversa. Se per i partiti di centrosinistra l’equità orizzontale è un obiettivo da perseguire e i trattamenti fiscali differenziati devono essere ridimensionati, riconducendo ad esempio nel perimetro dell’Irpef redditi ad oggi esclusi dalla sua base imponibile; per i partiti di centrodestra lo status quo non solleva problemi e le iniquità possono anche ampliarsi, come dimostrano le proposte di ampliamento del regime agevolativo di tassazione per le partite Iva o di tassazione più leggera degli incrementi di reddito (la cosiddetta flat tax incrementale).

Tassazione della ricchezza contro “tabù della patrimoniale”

In un Paese profondamente disuguale come l’Italia – in cui la ricchezza del 5% più facoltoso dei cittadini è superiore a quella detenuta dall’80% più povero – la valutazione degli indicatori patrimoniali della capacità contributiva individuale non è all’ordine del giorno per i partiti di centrodestra, i cui programmi osteggiano interventi fiscali di natura patrimoniale. Un tema tutt’altro che tabù per i partiti di centrosinistra tra le cui proposte figurano la revisione della tassa di successione (da rendere più progressiva), un’imposizione patrimoniale per i contribuenti più ricchi o una revisione del catasto che permetta di intervenire sulle conclamate iniquità nell’imposizione immobiliare.

Misure robuste di contrasto all’evasione contro “pace fiscale”

L’evasione fiscale e contributiva – con una perdita di gettito stimata in 100 miliardi di euro nel 2019 – rappresenta una piaga sociale cronicizzata per il nostro Paese. Se per il centrosinistra la battaglia all’evasione passa per l’estensione della tracciabilità dei pagamenti, il potenziamento dell’analisi preventiva del rischio evasione da parte dell’Agenzia delle Entrate e la riforma della riscossione; “l’antidoto” del centrodestra passa per la riduzione della pressione fiscale. Allo stesso tempo la coalizione di destra intende dismettere misure che hanno prodotto risultati conclamati nella lotta all’evasione (come la liquidazione diretta dell’Iva da parte della pubblica amministrazione per transazioni con i propri fornitori privati, una misura di contrasto all’omesso versamento dell’Iva), stabilire limiti “più generosi” all’utilizzo del contante e più in generale riavviare una nuova stagione condonistica (“pace fiscale”), che con le sue rottamazioni e i suoi saldi e stralci svilisce la fedeltà fiscale e incoraggia comportamenti opportunistici.

* policy advisor su giustizia fiscale e disuguaglianze economiche di Oxfam Italia

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