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Mafia, torna in cella uno dei “fedelissimi” del boss latitante Messina Denaro: “Ha ricostruito la rete di fiancheggiatori”. 35 arresti, 70 perquisizioni

L'operazione ha ricostruito anche i rapporti che vanno al di là della provincia di Trapani, con Cosa Nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i mafiosi trapanesi venivano indicati come "quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro"
Mafia, torna in cella uno dei “fedelissimi” del boss latitante Messina Denaro: “Ha ricostruito la rete di fiancheggiatori”. 35 arresti, 70 perquisizioni
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Si stringe il cerchio attorno al superlatitante Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno eseguito questa mattina 70 misure cautelari emesse dal gip di Palermo su richiesta dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di altrettanti soggetti, 35 dei quali sono stati arrestati, ritenuti fiancheggiatori del boss e accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Per 23 degli indagati, il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere, mentre 12 sono finiti ai domiciliari. Sono 70 le perquisizioni in corso su mandato dei sostituti della Dda di Palermo Francesca Dessì, Pierangelo Padova e Alessia Sinatra, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido. Con l’operazione di questa notte salgono ad oltre 200 gli arresti degli uomini vicini all’ultimo padrino della stagione dei corleonesi ancora latitante: continuano quindi, senza sosta, gli sforzi degli investigatori per individuare e arrestare Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra che, oramai da circa 30 anni si sottrae all’esecuzione di decine di misure cautelari a suo carico.

L’indagine dei carabinieri sulla rete di presunti favoreggiatori del superlatitante ruota in particolare attorno a Francesco Luppino, arrestato nel 2013 nell’ambito dell’operazione Eden e poi scarcerato, ritenuto uno dei “fedelissimi” del boss: secondo gli investigatori, dopo essere tornato in libertà avrebbe ricominciato a tessere le fila nel mandamento di Campobello Di Mazara. Il monitoraggio delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala, nelle loro espressioni di vertice “ha fatto emergere, in primo luogo, la figura di un uomo d’onore campobellese che, recentemente scarcerato e già protagonista in passato di importanti dinamiche riguardanti i rapporti dell’area trapanese con esponenti apicali di Cosa Nostra palermitana, secondo quanto ritenuto dal Giudice per le indagini preliminari, sarebbe gravemente indiziato di avere acquisito centralità in tutto l’aggregato mafioso di quella provincia, risultando in grado di esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche intermandamentali, anche esterne alla provincia di Trapani”. Posizione di rilevanza, quella di Luppino, “garantita anche dalla ritenuta vicinanza a Messina Denaro del quale – a detta di alcuni indagati – avrebbe ricevuto comunicazioni finalizzate alla designazione dei referenti di diverse articolazioni territoriali mafiose della provincia: elementi questi confermativi della primazia di Messina Denaro nelle dinamiche complessive della provincia trapanese”.

E ancora, spiegano gli inquirenti, l’operatività sul territorio sarebbe stata garantita a Luppino, secondo univoche emergenze compendiate dal Gip nel provvedimento cautelare, da un fiduciario parimenti raggiunto dal provvedimento cautelare, che avrebbe “designato il reggente della decina di Petrosino; chiesto conto circa la nomina del reggente dell’importante mandamento di Mazara del Vallo, rimasto vacante all’esito dell’operazione Anno zero”.

L’operazione ha ricostruito anche i rapporti che vanno al di là della provincia di Trapani, con Cosa Nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i mafiosi trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”. La mafia trapanese, sottolineano gli inquirenti, controlla il tessuto economico – sociale della provincia; condiziona la libertà degli incanti; gestisce, in forma pressoché monopolistica il settore della sicurezza dei locali notturni e del recupero crediti; altera le procedure di aggiudicazione di immobili oggetto di asta giudiziaria; compie estorsioni nei confronti di aziende del settore enogastronomico (tra cui una cantina vinicola) e turistico (strutture ricettive) ed ha la disponibilità di armi da fuoco. Nel corso dell’operazione, infine, sono state effettuate numerose perquisizioni finalizzate alla ricerca del latitante e sono state intensificate le attività di controllo del territorio nelle zone di maggiore interesse operativo.

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