Lo avevamo intravisto il 22 gennaio davanti alla chiesa di Affori per l’ultimo saluto al vecchio padre. Quel giorno, solo tre cronisti presenti, si celebravano i funerali del superboss Pepè Flachi. Tra la folla non era facile scorgerlo forse per il suo essere così basso, eppure Davidino Flachi, figlio d’arte, classe ‘79, in quel momento, tra gli ultimi saluti e palloncini colorati, idealmente prendeva le redini del clan. Affari di famiglia, dunque, per riportare ai vecchi splendori la banda della Comasina che fu soprattutto di don Pepè e meno di Vallanzasca. Per lui che 14 anni li aveva già spesi in galera per associazione mafiosa. Anni, ça va sans dire, di crescita criminale. Culminata nell’ennesimo arresto oggi. Con lui altre 12 persone fermate e dedicate in varie forme, dal traffico internazionale di droga all’intestazione fittizia alle truffe, ad arricchire il non più giovanissimo erede di una dinastia di ‘ndrangheta che negli anni Ottanta, assieme alla banda di Franco Coco Trovato, ha dominato su Milano e provincia. Era l’epoca della mafia spa. E da quegli anni passati il “nano” Flachi si è portato dietro due nomi di peso, già luogotenenti del vecchio boss, pizzicati nella maxi-inchiesta Wall street dei primi anni Novanta. Uno è Antonino Chirico, l’altro è Giovanni Mungiello (indagato ma non fermato). Ma è soprattutto con il primo che gli affari riprendono con il vento in poppa. Il secondo, invece, di droga non ne vuole sentire parlare. Spiega: “Io mangio solo frutta degli alberi non me ne fotte un cazzo”.

L’ascesa del figliol prodigo inizia però due anni prima della morte del padre. Il 10 settembre 2020, Milano esce con le ossa rotte dal prima ondata Covid. In via Washington, cuore borghese della City, ai tavolini di un bar alla moda Flachi jr e Tonino Chirico incontrano Santo Crea. I tre sono parenti. Il terzo in più porta in agenda rapporti stretti con i clan montenegrini. L’ultima inchiesta nasce da qua e da un traffico di droga gestito da fornitori legati alle cosche di Platì. La conduce la Guardia di finanza di Pavia e Milano, la coordina l’aggiunto della Dda Alessandra Dolci. Giorni dopo l’incontro di via Washington Chirico confesserà: “Il Gigante (altro nomignolo di Davidino) è messo bene, ha delle belle amicizie. È uno che si fa valere, già ai tempi lo avevano arrestato perché era con suo padre Pepé, gli hanno dato l’associazione perché prendevano le tangenti in tutta Milano. Lui è piccolino di statura però picchia di brutto e poi essendo il figlio di, la gente aveva paura. Io lo so quando uno è potente la gente non esce di casa ha paura ma non di lui, del gruppo, del nostro gruppo, noi siamo conosciuti ci conoscono tutti”.

Ieri come oggi. E come già emerso nell’indagine Redux-Caposaldo del 2012 anche ora tra le belle amicizie c’è Franco Terlizzi, detto Francone, ex boxer, ex naufrago dell’Isola dei famosi e personal trainer di vip o presunti tali. Ma se allora Terlizzi era solo citato nelle carte dell’indagine, oggi il suo ruolo si è fatto più centrale, tanto da risultare indagato per l’intestazione fittizia della carrozzeria Nuova Milano di Cormano con sede legale in via Melchiorre Gioa 82, gestita in modo occulto dai Flachi e utilizzata anche per summit e passaggi di droga. In serata lo stesso Terlizzi ha dichiarato: “Non posso negare di conoscere Davide Flachi, ma con lui ho solo avuto rapporti professionali e commerciali. Non ho mai avuto a che fare con le ipotetiche truffe e i traffici di droga contestati”

Francone e Davidino sono amici, emerge dalle indagini, ma il giovane boss le parole non se le tiene in tasca e si rivolge così all’ex naufrago: “Se tu sei in piedi è grazie a me ma lo vuoi capire (…) qua se non ci sono io la baracca qua chiude (…) ti ho portato due lavori che ti faccio stare in piedi solo con quei due lavori”. Del resto Francone sembra avere una passione per le auto. In passato ha frequentato un noto salone di viale Espinasse all’interno del quale, secondo un’inchiesta del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri (indagine Ossessione 2019), avvenivano summit mafiosi anche con i maggiorenti della potente cosca Libri, già rappresentata a Milano dal boss Mimmo Branca. Ma questa è un’altra storia, nella quale Terlizzi non è mai stato coinvolto né indagato.

Tra i business di Terlizzi, fotografati dall’indagine di oggi, c’è la truffa alle assicurazioni di auto che gli vale l’accusa di associazione a delinquere condivisa con il “nano” e con Cosimo Caputo (non tra i fermati), ex carabiniere “a conoscenza dei periti conniventi pronti ad agevolare le truffe alle assicurazioni”. Uomini di Stato al servizio dei Flachi. Con l’ex militare, anche un poliziotto in servizio da anni alla Direzione investigativa antimafia (Dia) di Milano molto amico dello stesso Terlizzi. Il suo nome emerge quando la Procura motiva il fermo con il pericolo di fuga e scrive: “Nel corso delle operazioni tecniche sono stati acquisiti ulteriori elementi specifici concreti ed attuali in ordine alla sussistenza del pericolo di fuga essendo state captate diverse conversazioni dalle quali emerge che gli indagati hanno consapevolezza dell’esistenza di un attività di indagine a loro carico essendo state scoperte peraltro diverse microspie nel corso delle investigazioni hanno la possibilità di procurarsi continue informazioni sullo stato dell’indagine e sull’eventuale emissione di provvedimenti restrittivi. In tale contesto si inserisce la figura di (…) ispettore in servizio presso la Dia di Milano che ha fornito diverse informazioni”. L’ispettore al momento non risulta indagato. Nonostante il suo nome compaia più volte nelle intercettazioni. Così Francone si rivolge all’investigatore: “Prendimi un appuntamento per lunedì che andiamo a fare una denuncia per gli atti vandalici di una macchina, qualche tuo amico che non facciamo la fila e stiamo lì a romperci i coglioni”.

E poi c’è la droga, primo core-business della banda, il cui traffico è gestito tra Milano, la Spagna e la Svizzera grazie a telefonini criptati e dotati del programma SkyEcc. Da qui spunta anche una sorta di libro mastro. È lo stesso Flachi a parlarne con la moglie il 22 febbraio 2021. Qui Flachi, scrive il pm, “sembra leggere ad alta voce” una sorta di registro contabile su cui erano state segnate le somme. “3 e 8, 4 mila, 3 e 5. 10 mila, zero, 19mila…. zero, 32e27, 51e500… Monza 6mila viene 13.350… Imbonati 6 mila viene 31… 119 e 5 più 2 mila… 35.937. San Siro già prese 2 mila… al bar l’ho segnato.. Buggio l’ho segnato… San Siro l’ho segnato.. zero e Monza l’ho segnati…Imbonati 2mila l’ho segnati”. E se i conti non tornano, Flachi si fa sentire come nel caso di un membro del gruppo accusato di aver fatto sparire alcuni chili di fumo. Dice il “Nano”, mentre in sottofondo si sente rumore di schiaffi: “È già tanto che entri ancora in Comasina ad abitare hai capito. Sennò se ne vanno via tutti quanti la famiglia (…). Ti piglio la testa e te la faccio volare pezzo di merda che non sei altro. Perché tu di questi imbrogli che hai fatto adesso mi devi ritornare tutto com’era prima, metti le mani in tasca e pensi di farmi il lavoro a me. Io il lavoro lo faccio io a te e a tutta la tua settima generazione hai capito o non hai capito tu pensi che vattene a lavorare e chiudi tutti i discorsi tutti. Tutti chiudili!”.

In altri casi però l’irruenza del boss rischia di aprire delle crepe insanabili negli assetti criminali della città. Succede quando Davidino ha uno screzio con Orazio Desiderato, trafficante legato al clan Mancuso, titolare di una carrozzeria in Comasina e non coinvolto nell’indagine. Lo racconta il vecchio Tonino Chirico: “Hanno avuto un battibecco con quello lì dello sfasciacarrozze di via Girardengo. Lui e Davidino. Quelli dello sfasciacarrozze minchia sono una potenza, una cupola. Bisogna guardare anche chi c’è dietro nella vita non solo con chi stai parlando adesso. Se noi andiamo dal figlio di Franco Coco Trovato, Emiliano Trovato, dobbiamo guardare chi c’è dietro, il rispetto”. Chiosa la Procura: “Da questo episodio si denota anche l’importanza che ha assunto Flachi nel contesto malavitoso in quanto è andato personalmente e senza timore presso il centro demolizioni per minacciare soggetti che a loro volta sono considerati nel contesto criminale come persone temibili”. Insomma, l’escalation di Flachi jr da un lato ridisegna gli assetti criminali, dall’altro è in grado di tenere nella banda anche i parenti di chi, negli anni Ottanta, fu sterminato dal clan Flachi-Trovato, e cioè la famiglia napoletana dei Batti.

Tra gli indagati c’è infatti Massimiliano Batti che spiega così il modo con cui partecipa al traffico di droga: “Io faccio di nascosto in un’altra maniera, la mia famiglia è morta 30 anni fa (facendo riferimento alla faida che negli anni Ottanta portò a decine di morti in poche settimane a Milano, ndr), la gente si dimentica”. Oltre a Batti lavorano al traffico anche personaggi di peso di Quarto Oggiaro in passato legati al clan Carvelli, originario di Petilia Policastro. Droga, dunque, ma anche contatti con il mondo dello showbiz attraverso Terlizzi, amicizie pericolose con uomini dello Stato e naturalmente armi. Dice Flachi: “Me le porta un amico slavo, ne arrivano 5 (Ak47, ndr), questo ci porta quello che vogliamo, è un amico di mio padre”. Piovono gli arresti, eppure la dinastia prosegue. Ma oggi forse è stato l’ultimo capitolo per i Flachi. Anche perché il figlio del “Nano Flachi”, pare certamente di ben altra pasta. L’8 febbraio scorso, si legge nelle intercettazioni agli atti, Flachi si trova in via Fontanelli, cuore di Bruzzano, all’interno del negozio Roberto Sport che gestisce in modo occulto attraverso il prestanome Fabio Romeo. Dice il ragazzo: “Papà sei in negozio? Tra quanto arrivi, ho bisogno di te, volevo una manina per ripassare geografia”. Al telefono con la mamma invece illustra i suoi ottimi risultati scolastici: “Mamma oggi ho preso sei e mezzo nelle tavole e sette e mezzo in storia”. Lui oggi è il vero gigante.

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