Disaccoppiamento (decoupling) è la parola magica che in queste ore risuona nelle stanze di governi e cancellerie europee. Un’opzione che potrebbe consentire all’Ue di parare meglio i colpi che arrivano da Mosca sotto forma di rincari dell’energia. Tra forti oscillazioni giornaliere il costo dell’elettricità continua a salire. In molti paesi, Italia inclusa, nei giorni scorsi ha superato i 700 euro al megawattora. Un anno fa di questi tempi il prezzo medio europeo era di 50 euro. In Europa vige un sistema per cui il costo dell’elettricità venduta dai produttori sul mercato è agganciato a quello del gas, la fonte di generazione più costosa. Un sistema basato sul prezzo marginale, ossia quello che serve pagare per mettere in funzione impianti in grado di colmare eventuali gap rispetto alla domanda. Ma nell’ultimo anno il prezzo del gas è decuplicato. Il prezzo del gas per il mercato europeo si forma ad Amsterdam, in Olanda, crocevia delle reti di gasdotti che attraversano l’Europa.

Qui i fornitori offrono il loro gas ai grossisti che poi lo incanalano agli utenti. In uno scenario di guerra la domanda è rimasta alta, anche a causa della corsa degli stati a riempire le riserve, mentre l’offerta è diminuita per le decisione della Russia, primo esportatore al mondo di gas. I prezzi quindi salgono. Il decoupling consentirebbe di sganciare i due valori, in sostanza con la possibilità di vendere a prezzi più bassi l’elettricità prodotta da altre fonti. In Italia, il paese che più dipende dal gas per la produzione di elettricità, gli impianti idroelettrici dati in concessione sono ad esempio ormai completamente ammortizzati. In sostanza l’energia che generano è a costo quasi zero ma viene venduta allo stesso prezzo di quella di un un rivenditore che ha costi più elevati (perché usa gas, carbone, nucleare, etc).

C’è una logica di mercato, ancor prima che di regolamentazione. Se c’è domanda anche per una elettricità prodotta con fonti costose e quindi cara per quale ragione un produttore che spende di meno dovrebbe venderla a meno? Ma nulla impedisce che si intervenga per alterare dall’esterno questa dinamica. Disaccoppiare i prezzi resta comunque complicato e realizzabile in un’ottica di lungo periodo e di ripensamento generale del sistema dei prezzi. Diverse capitali hanno fatto notare che il sistema di agganciamento al gas era buono per liberalizzare, ma non altrettanto per decarbonizzare, perché fa pagare troppo le rinnovabili. Già nel dicembre 2021, Italia, Francia e Spagna, Romania e Grecia avevano chiesto una riforma incisiva di questo meccanismo. Altri nove paesi (Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi) erano disponibili a considerare variazioni, ma solo a patto di non sconvolgere l’assetto esistente. La Commissione europea è ancora al lavoro per chiarirne la fattibilità, ma si parla di uno studio alle battute finali: una proposta dell’esecutivo europeo dovrebbe arrivare entro pochissimi giorni, per dare quindi la parola al confronto tra i 27, in vista quindi del consiglio straordinario dei ministri dell’energia, convocato il 9 settembre a Bruxelles.

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