A novembre arrestato per turbativa d’asta, ad agosto candidato al Parlamento. È la parabola politico-giudiziaria dell’ex presidente della Provincia di Benevento Antonio Di Maria, collocato da Clemente Mastella al numero tre delle liste plurinominali di Noi al Centro alla Camera nelle circoscrizioni di Napoli e Caserta-Benevento. Di Maria intanto è stato rinviato a giudizio. La prima udienza del processo davanti al Tribunale di Benevento è fissata per il 23 settembre. Due giorni prima delle elezioni.

Già sindaco di Santa Croce del Sannio – a giugno ha concluso il suo terzo mandato – Di Maria il 24 novembre era finito ai domiciliari insieme ad altre sette persone: 18 gli indagati in tutto. Il provvedimento nel suo caso è stato poi revocato e commutato dal Riesame in dieci mesi di sospensione dalla carica. Nel frattempo l’Ente Provincia è tornato al voto.

Di Maria era il numero 12 dell’elenco di indagati messo nero su bianco sull’ordinanza firmata dal Gip di Benevento Loredana Carmelengo. Circa 520 pagine che illustravano un “sistema corruttivo dilagante” sugli appalti. Undici dei quali, secondo le accuse, manipolati tra la Provincia di Benevento, quella di Caserta e il comune di Buonalbergo dove il sindaco era Michelantonio Panarese, funzionario della Provincia di Benevento. Un ‘sistema’ abbattuto dalle indagini dei carabinieri e della Procura guidata da Aldo Policastro, avviate dalla denuncia di un tecnico della Provincia che aveva raccontato un presunto tentativo di corruzione.

L’ex presidente è accusato di aver fatto pressioni su un dipendente, ex funzionario della Provincia di Benevento, affinché pubblicasse, nel più breve tempo possibile e senza Gazzetta Ufficiale, una procedura per l’incarico da dirigente di area tecnica, per selezionare un nominativo predeterminato.

Un ingegnere e alcuni funzionari hanno descritto agli inquirenti pressioni politiche e istigazioni alla corruzione. Il ‘sistema’ sarebbe crollato per la loro decisione di non sottostare alle richieste. “Non può non segnalarsi – sottolineò la Procura – che in alcune delle conversazioni, peraltro, alcuni indagati, conversando tra di loro o con terze persone, facevano espresso riferimento ad un sistema che prima vedeva la ‘parte tecnica’ prevalere nel favorire le imprese protette, per amicizia o per elargizioni di somme di denaro, e che adesso stava andando in crisi per le richieste della ‘parte politica’ di contare”.

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