Tutte le mattine ascolto Prima Pagina, su Rai Radio 3. Questa settimana c’è un giornalista de Il Sole 24 Ore che ci informa che i giornalisti del Sole sono i migliori del mondo. Legge un articolo di Roberto D’Alimonte, nel suo campo il massimo esperto mondiale. Mi colpisce una sua affermazione: metà degli italiani vive alle spalle dell’altra. Metà degli italiani non paga le tasse. L’altra metà che le paga provvede ai servizi anche per chi non le paga, tipo l’istruzione, gli ospedali e tanto altro che si realizza con i soldi delle tasse.

Tommaso Padoa Schioppa scrisse che le tasse sono una cosa bellissima, innescando l’ilarità generale. Ora, dato che in democrazia uno vale uno, è chiaro che l’elettorato di chi non paga le tasse è di riferimento per alcuni partiti. E infatti abbiamo chi propone la flat tax, i condoni fiscali, la rottamazione delle cartelle, il rientro agevolato di capitali esportati e altri premi per gli evasori. Per non parlare della promessa continua di abbassare le tasse. Le frodi fiscali sono medaglie al merito per questo elettorato. Berlusconi disse che le tasse sono talmente opprimenti che è giusto non pagarle. Ci sono i fessi che le pagano, anche perché non possono farne a meno, e ci sono i furbi che ne approfittano. Questo è un problema per la democrazia, perché se chi evade le tasse vota per chi garantisce impunità agli evasori fiscali e vince le elezioni, la cosa pubblica è gestita dai ladri.

Come ovviare a questo problema senza instaurare una dittatura? Intanto chi non evade dovrebbe votare per partiti che non fanno queste promesse elettorali. I ladri, però, fanno presto a mettersi d’accordo, mentre i non ladri spesso litigano. E quindi abbiamo un fronte compatto (la metà che vive sulle spalle dell’altra) contro un fonte frammentato (la metà che viene parassitata). Si ironizza su partiti che dichiarano come proprio valore l’onestà. Se si chiede che chi infrange la legge sia perseguito, si è giustizialisti manettari. I giornali sostenuti con i fondi pubblici (le tasse della metà che le paga) sono posseduti dalla metà che non le paga, e riescono a convincere porzioni di fessi a votare contro i loro stessi interessi, scommettendo sulla disinformazione e la distorsione della realtà. Chi li possiede, di solito, trasferisce la sede legale in Olanda… per non pagare le tasse.

Se, per ipotesi, io vivessi in coabitazione con tre persone, e magari contribuissi anche in maniera determinante al bilancio casalingo, potrei ritrovarmi, ogni sera, a dover lavare anche i piatti, oltre ad aver fatto la spesa. Basta che si voti… Chi lava i piatti stasera? I tre alzano la mano indicando me e, democraticamente, tocca sempre a me. Se mi oppongo, mi dicono che non sono democratico. È per questo che la democrazia esige pesi e contrappesi. Per esempio non si può indire un referendum che riguardi direttamente le tasse. Però Berlusconi può promettere di togliere l’Ici, Salvini può promettere la flat tax e altre amenità. Chi dice che le tasse sono una cosa bellissima è sicuro di perdere. Anche perché chi è costretto a pagarle magari pensa che potrà anche lui/lei non pagarle. Ma questo non è ovviamente possibile. I parassiti hanno bisogno di ospiti, non ci può essere un ecosistema dominato dai parassiti.

L’ecosistema Italia, da questo punto di vista, è molto sbilanciato verso il parassitismo. Se D’Alimonte ha ragione (e probabilmente ce l’ha, visto che è il migliore del mondo e scrive sul migliore quotidiano economico) è ovvio, secondo me, che il debito pubblico dipenda proprio da questo. Se cento consumano e solo cinquanta pagano il conto, il ristorante Italia prima o poi fallisce. Quello che in natura non può funzionare, non può funzionare in economia. Prima o poi i conti si pagano, e un principio dell’economia è che non esistano pasti gratis. La metà degli italiani che non paga le tasse consuma pasti gratis, pagati da chi non si può permettere di pagare due conti invece che uno soltanto, e deve fare debiti. Inoltre, gli stipendi diminuiscono, e quindi anche gli introiti fiscali. Colpire i furbi dovrebbe essere un obiettivo primario di tutti i partiti. Se lo fosse, i furbi non troverebbero un partito di riferimento e sarebbero esclusi dall’espressione di un voto che perpetui la loro furbizia. Ma i furbi, per definizione, sono furbi. Se non ci fosse un partito lo farebbero.

E infatti… i furbi si difendono dicendo che tutti rubano e che “sono tutti uguali”: l’argomento di Craxi quando fu colto con le mani nel sacco. Fu condannato in via definitiva e fuggì all’estero. Un martire del giustizialismo! I suoi figli sono candidati per perpetuare la sua visione, in compagnia della figlia di un martire della lotta ai furbi che si sono alleati con la mafia: il generale Dalla Chiesa. I furbi esistono solo se ci sono i fessi. I fessi, non essendo furbi, non si organizzano e non pochi arrivano anche a votare per il partito di chi li deruba.

La storia insegna che, ogni tanto, i fessi si incazzano. E questo porta a inutili bagni di sangue. I fessi dovrebbero farsi furbi, e colpire con il voto chi li frega. Guardate i nomi dei candidati e studiate la loro storia, non dovrebbe essere difficile distinguere i partiti dei furbi da quelli dei fessi. Io voterò per il partito dei fessi. Non sono mica fesso.

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