Viene creato un ruolo autonomo e professionale della magistratura tributaria che prenderà il posto degli attuali giudici, in gran parte onorari e in piccola parte “prestati” dalle altre magistrature. Le controversie di minor valore verranno devolute a un giudice monocratico (e non più a un collegio di tre membri), e sarà introdotta una forma “light” di condono per le liti pendenti in Cassazione in cui l’Agenzia delle entrate sia già risultata soccombente nei gradi precedenti, che fa parlare la Lega (con un po’ di esagerazione) di “un anticipo della pace fiscale“. Sono queste le principali novità della riforma della giustizia tributaria diventata legge il 9 agosto con l’approvazione alla Camera. Il provvedimento è uno di quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e si propone di velocizzare le liti e abbattere il contenzioso: “La riforma rende la giustizia tributaria conforme ai principi del giusto processo e contribuisce a sostenere l’intero sistema Paese in termini di competitività e richiamo degli investitori esteri”, ha esultato il ministero dell’Economia in un comunicato.

Nel dettaglio, le attuali Commissioni tributarie provinciali e regionali (cioè i giudici specializzati di primo grado e secondo grado) cambiano nome in “Corti tributarie di primo e secondo grado”. I magistrati non saranno più onorari, ma è previsto un ruolo specializzato composto di 576 giudici, reclutati attraverso un concorso a cui potranno accedere non solo i laureati in Giurisprudenza (come aveva stabilito il governo) ma anche quelli in Economia e Commercio, novità approvata dai commercialisti. Una quota ristretta degli attuali giudici togati (100, di cui 50 provenienti dalla magistratura ordinaria e 50 dalle altre) potrà optare per il definitivo transito nella giurisdizione tributaria. I “nuovi” magistrati però saranno dipendenti del Ministero dell’Economia e delle finanze (e non di quello della Giustizia), circostanza che ha innescato critiche sul rischio di un vulnus di imparzialità (dal Mef dipende anche l’agenzia delle Entrate, parte necessaria di tutti i giudizi tributari). Le controversie di valore sino a tremila euro, che costituiscono circa la metà dell’attuale contenzioso, saranno decise da un singolo giudice. Si rafforza la conciliazione giudiziale e viene definitivamente superato il divieto di prova testimoniale.

Nel corso della discussione al Senato è stata poi introdotta nel ddl anche la possibilità di chiedere la definizione agevolata, in alcuni casi specifici, dei giudizi tributari pendenti in Cassazione al 15 luglio 2022. Per accedere al condono, le controversie non dovranno avere valore superiore a centomila euro e non dovranno riguardare fondi europei, Iva all’importazione o aiuti di Stato. Se l’Agenzia delle Entrate (cioè lo Stato) è risultata integralmente soccombente nei gradi precedenti di giudizio, la pendenza può essere risolta pagando il 5% del valore. Se invece l’Agenzia è risultata almeno parzialmente soccombente anche solo in primo o in secondo grado, e la controversia non vale più di cinquantamila euro, è possibile definirla pagando il 20% del contestato. “Anche questa è pace fiscale, un anticipo di ciò che, dal 25 settembre, porteremo fino in fondo grazie al voto degli italiani”, hanno esultato i deputati leghisti Massimo Bitonci e Alberto Gusmeroli.

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