Vuoi una pantera e ti ritrovi in casa un… topone. Per carità, quello del bidone straniero è sempre stato un rischio generalizzato visto che nessuno ne è stato esente: né Berlusconi, né Agnelli, né Moratti, né Ferlaino, né Galliani. Fa specie, semmai, non tanto il topone preso a scapito della pantera, quanto chi ci fosse a trattarli. Eh già, se oggigiorno il calciomercato italico è la cronaca di cessioni di quel poco di buono che c’è e i fuoriclasse arrivano sì, ma intorno ai 35 anni se va bene, trent’anni fa le cronache raccontavano trattative ben diverse. Per le grandi, naturalmente, ma pure per squadre tradizionalmente piccole: abbiamo raccontato del Lecce che quasi prendeva uno tra i migliori centrocampisti al mondo, Tigana, del Pisa di Anconetani che prendeva Simeone e Chamot, di Hagi al Brescia e Boban e Platt al Bari… immaginate invece George Weah all’Ancona.

Già: uno dei migliori attaccanti della storia, che ha deliziato San Siro e vinto titoli col Milan, giocare al Del Conero (e nel momento migliore della sua carriera, non come Jardel per intenderci). Fantasia? No, sarebbe potuto accadere nell’estate del 1992. Il presidente Longarini era riuscito a portare il club marchigiano dalla C alla A, dove l’Ancona non aveva mai giocato nella sua storia.
Una promozione da festeggiare nel nuovo stadio, il Del Conero, che non è ancora pronto ma lo sarà presto. E nel 1992 quando ancora non c’è neppure la pay per view le società di calcio si finanziano con biglietti e abbonamenti. Per venderne quanti più possibile bisogna comprare calciatori forti: preferibilmente attaccanti, se possibile stranieri che già nell’epoca delle skills di Youtube paiono tutti fenomeni, figuriamoci senza.

Longarini intuisce che un fenomeno ce l’ha in casa il Monaco, ed è appunto George Weah: non che sia roba da indovini capire che quel centravanti liberiano possente ma velocissimo e capace di portare il club monegasco in finale di Coppa delle Coppe, segnando 23 gol in una stagione, sia fortissimo. L’Ancona ci pensa e ci prova: il Monaco accetta anche di trattare. “Servono almeno 5 miliardi di lire”, Longarini ne offre 4 e spera di fare il colpaccio. L’offerta marchigiana però serve al Monaco per scatenare un’asta: ci prova il Cagliari, ci riesce quasi il Napoli che però non conclude (Giorgio Perinetti, all’epoca ds napoletano definirà il mancato approdo di Weah in azzurro “il più grande rimpianto della mia vita”) e vira su Fonseca, alla fine la spunta il Psg per 7 miliardi di lire.

I marchigiani cui serve un attaccante provano prima proprio col Napoli per Silenzi, poi però si guarda agli abbonamenti: arriva l’ungherese Detari dal Bologna, e per 5 miliardi di lire, uno in più di quelli che l’Ancona avrebbe sborsato per Weah, e poi arriva Sergio Fabian Zarate “El Raton” dal Norimberga. Lunghi capelli ricci, rapidità di movimento e di esecuzione, cresciuto nel Velez, Zarate era uno dei beniamini della tifoseria del Norimberga, in particolare per essere stato pochi mesi prima della cessione all’Ancona uno degli eroi della vittoria per 3-1 sul Bayern Monaco. “È il mio regalo all’Ancona”, dirà Longarini. Una frase che non porta molto bene quando si acquistano calciatori stranieri: la usò anche Fabio Capello quando il Milan acquistò Andreas Andersson dal Goteborg.

E in effetti l’approcciò di Zarate col campionato italiano non è granché: veloce è veloce in campo, ma senza dare gran senso alle sue corse. Tant’è che, dopo un Ancona-Napoli, Paolo Condò gli affibbia un 4,5 in pagella e un giudizio memorabile: “Si giocasse a calcio senza pallone sarebbe un fuoriclasse”. Ma ad Ancona ci credono e si rammaricano, tifosi e allenatore Guerini, quando dalla Germania minacciano di riprenderselo: eh già, perché nelle casse del Norimberga c’era finito solo l’anticipo, mentre mancava tutto il resto dei 5 miliardi pattuiti. Zarate intanto resta e segna pure una doppietta contro il Foggia di Zeman a fine ottobre, scrivendo il suo nome nella storia del club dorico: quel 3-0 è la prima vittoria dell’Ancona in serie A. Poi più nulla, fin quando il Norimberga se lo riprende davvero, ma stavolta senza che nessuno si opponga. Chissà se la coppia Weah-Detari avrebbe evitato la retrocessione. Il Raton resta però nella storia dell’Ancona, con quella doppietta e la prima vittoria in A.

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